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L'evento

“Straordinario” di nome e di fatto: la festa del cibo di strada siciliano è un successo

04 Settembre 2018
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di Stefania Petrotta, Milo (Ct)

“Dai commenti che sto ricevendo, pare che questa sia la migliore edizione da 6 anni ad oggi”. Così risponde Andrea Graziano, patron di Fud ed ideatore dell’evento, quando nel clou di Straordinario gli chiediamo come stia andando la serata. 

Ed effettivamente la manifestazione è un successo da qualsiasi punto di vista la si guardi: 20 chef provenienti da tutta Italia, 16 cantine dell’Etna, 12 produttori e maestri del cibo di strada per 800 partecipanti che hanno potuto degustare lo street food proposto in tutte le sue forme, senza dover aspettare in fila, godendo della buona musica dell’orchestrina swing dal vivo e bevendo i vini in abbinamento. Quest’anno sono tutti d’accordo, il livello del cibo è alto così come quello del pubblico, appassionato e curioso come non mai.


(Pasquale Torrente)

“Sono stato letteralmente travolto da domande pertinenti e interessanti – commenta Pasquale Torrente, chef patron de “Il Convento” di Cetara e primo promotore nel mondo dell’ormai nota colatura di alici – Per uno chef è importante, oltre che un vero piacere, confrontarsi con un pubblico così colto che ti stimola con domande e riflessioni. Serve anche per avere un immediato feedback del lavoro svolto. E per uno come me, in particolare, che fa della promozione della cucina popolare la sua missione, è davvero vitale”. 


(Simone Padoan)

Continuiamo il nostro giro tra gli chef, domandiamo loro cosa ne pensino della Sicilia gastronomica, che criticità notino, quali suggerimenti abbiano e quello che ci stupisce è che gli chef “stranieri” siano tutti concordi nel non riscontrare alcuna criticità nella nostra cucina, ma anzi la vedano in costante crescita. “Io amo follemente la Sicilia – ci confida Simone Padoan, pizzaiolo innovativo veneto e titolare de “I Tigli” a San Bonifacio – e follemente amo i siciliani. E mi piacerebbe che tutti venissero a conoscere questa meravigliosa Isola perché la Sicilia non va vista ma vissuta. Altrimenti non puoi comprendere i siciliani, figuriamoci se puoi permetterti di giudicarli!”.


(Gabriele Bonci)

Gabriele Bonci, famoso panificatore e pizzaiolo romano, ammira l’imprenditorialità dei siciliani, ne apprezza le realtà e soffre di partecipare quest’anno solo come premiato ma giura che l’anno prossimo tornerà con una postazione tutta sua. Anche Eugenio Roncoroni, chef patron di “Al mercato” a Milano, che invece la postazione ce l’ha e ci fa assaggiare delle ottime frittelle di alga wakame accompagnate da una maionese al pollo arrosto, è entusiasta della serata. Parla della sua cucina, popolare ma al contempo ricca delle contaminazioni che più ama, quelle della cucina orientale, di cui è eccellente interprete di integrazione culinaria e culturale.


(Il premio a Valentina Chiaramonte)

E di integrazione parla anche Valentina Chiaramonte, chef di Fud Off, premiata dai giornalisti, dagli chef e dagli addetti al settore per la sua “Chorba”, insieme al “Pane, cipolla e fegato”, premio della giuria popolare, della chef padrona di casa Giulia Carpino e di Accursio Craparo, chef dell’omonimo ristorante modicano. Quest’ultimo concorda con i colleghi continentali “Bisogna fare focus su ciò che di bello abbiamo, che è tanto. Io non vedo cose negative, porto avanti le positive”. E Tony Lo Coco, chef patron de “I Pupi” a Bagheria, ne condivide il pensiero: “L’unica vera criticità è il siciliano che per sua natura è troppo autocritico. Bisogna guardare avanti, non al domani, ma fare un balzo di 10 anni almeno e avere la visione chiara di ciò che si vuole essere. Solo così ci si evolve”.


(Alfio Visalli, Filippo La Mantia e Peppe Barone)

Più critico, ma comunque ottimista, Alfio Visalli (il cui piatto, “Fico Bianca Ammuttunata”, insieme al “Reale di manzo dell’Ulmo” di Angelo Pumilia, chef resident de “La foresteria” a Menfi, sono stati i nostri preferiti) che con la sua “Blu Lab Academy” ha fatto della ricerca costante dell’eccellenza agroalimentare ed enogastronomica la sua ragion d’essere: “Dobbiamo tenere duro con la tradizione. Stasera qui abbiamo dimostrato che integrazione non significa stravolgimento. Faccio un esempio: in Sicilia la cultura del pesce crudo esiste da sempre ma oggi ci si riempie la bocca della parola sashimi senza che la maggior parte della gente sappia se si tratti di un particolare modo di tagliare il pesce, di una tecnica di surgelazione o del nome di un piatto giapponese. Tanta è l’ignoranza dell’ittico che ne abbiamo fatto una cultura. Ma non temete – conclude con un sorriso – la nostra Sicilia si salverà: abbiamo tanti giovani chef colti e legati al territorio e alle tradizioni che sono il futuro della nostra isola”. E delle nuove leve parla anche Filippo La Mantia, all’evento per ricevere il premio per la sua interpretazione della cucina siciliana, suggerendo loro i suoi ingredienti per il successo: materia prima, idee, tradizione e innovazione. Infine, Gioacchino Gaglio, chef resident al “Gagini” di Palermo, fa una riflessione su quello che, in fin dei conti, un po’ voluto e un po’ casuale, è il fil rouge della serata: il pane in tutte le sue forme e tipologie. “Mi piace che l’ingrediente protagonista sia proprio quel cibo che rappresenta il nutrimento per eccellenza. Mi piace perché racconta di mani e storia”. 

Non possiamo che concludere tornando da Graziano: insomma, ci indichi lui una criticità ed un suggerimento per questa Sicilia gastronomica. Da imprenditore di successo quello che gli pesa è il fatto che i siciliani non abbiano ancora acquisito il segreto del successo: la consapevolezza che solo creando rete si possa crescere e raggiungere la vetta. “E quindi dobbiamo semplicemente confrontarci, collaborare, trasmetterci vicendevolmente le nostre esperienze. Che poi è quello che intendevo fare quando ho pensato a Straordinario. Io direi che ci sono riuscito, voi che ne dite?” Che non possiamo che essere concordi.