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L'evento

Una, dieci, cento birre “sour”: l’Arrogant festival fa il “pieno” di consensi

09 Giugno 2019
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(ph Luca Golix Golinelli)

di Andrea Camaschella

L’Arrogant Sour Festival, come ogni anno – dal 2013 – è andato in scena a cavallo tra maggio e giugno. 

Ha anche segnato l’arrivo della primavera. Dopo un lungo e piovoso periodo lo spartiacque è stato il giovedì sera, con un vento freddo e teso che dal venerdì ha lasciato spazio a sole e caldo. Fiumi di birre “sour” a fermentazione mista o spontanea, con aggiunta di ingredienti particolari, con frutti esotici o semplicemente i classici di una birra, ma in ogni caso sorprendenti, interessanti. Da assaggiare, più che da raccontare, anche perché molte di queste birre, dalle nostre parti, non le vedremo più transitare: in alcuni casi sono piccole cuvée, prodotte da piccoli birrifici, italiani, europei, nord americani, australiani… All’Arrogant occorre passare – meglio se dotati di un palato in grado di assorbire il sapore acido, ovviamente – perché non mi viene in mente nessun altro festival così: viene definito il più importante festival italiano sul tema, probabilmente europeo, ma in realtà sfido chiunque a trovarmi un festival con un’offerta del genere e una presenza di addetti al lavoro altrettanto all’altezza.


(Alessandro Alle Berri, Justin Hawk e Giampaolo Sangiorgi – ph Luca Golix Golinelli)

I più grandi publican italiani e alcuni europei passano di qui, non solo come spettatori, ma per mettersi dietro alle spine, aiutare nell’organizzazione, guidare e consigliare gli avventori. Magari solo per un giorno, visto che gli impegni nei rispettivi locali non sempre permettono lunghe distanze, a volte per tutti e 3 i giorni. In ogni caso ci sono. Alcuni sono arrivati da publican e oggi tornano da birrai o da semplici lavoranti, perché lavorare qui è tanto stancante quanto eccitante. Sono loro la “Sour Family” che si è creata attorno ad Alle e soci, o meglio: che Alle (Alessandro Belli, dell’Arrogant Pub di Reggio Emilia) ha saputo creare. Un gruppo compatto, che si aiuta, collabora e insieme ad Alle fa sì che il “miracolo” dell’Arrogant Sour Festival si ripeta, puntualmente, ogni anno. Senza imbrogli e senza sotterfugi, ma con costi in termi economici e di fatica enormi da parte degli organizzatori, perché ogni anno l’asticella si alza, il livello sale, appaiono birre e birrifici introvabili, sconosciuti ai più, ritornano i grandi protagonisti degli anni passati. Ma il Festival non si consolida mai, cresce, di spazi, di qualità, di anno in anno.


(Dorothea Licandro, Jean VanRoy Michele Galati – ph Luca Golix Golinelli)

Fare due chiacchiere con Paul Arney, di The Ale Apothecary (Bend, Oregon, Stati Uniti), conoscere Ashley Huntington di Two Meter Tall Farmhouse (Hayes, Tasmania, Australia), ritrovare Michael Novo della Brasserie du Mont Salève, e via via tutti gli altri birrai – troppo numerosi per essere nominati uno ad uno – non ha prezzo. Bersi una loro birra chiacchierando con il birraio non è come andare a trovarli, ma poco ci manca. Se poi consideriamo che alcuni vivono a migliaia km di distanza, non ha davvero prezzo. In un contesto del genere non possono mancare dei laboratori, che diventano delle perle irripetibili, visto il parterre dei protagonisti. Ogni forum è bilingue, italiano e inglese, con traduzione simultanea offerta da professionisti, e permette di entrare maggiormente nei particolari, con offerta di birre più unica che rara e racconti, aneddoti, approfondimenti tecnici che ne fanno davvero appuntamenti unici.


(ph Luca Golix Golinelli)

Tutto questo è l’Arrogant Sour Festival, in un ambiente raccolto, bello – il Chiostro della Ghiara a Reggio Emilia, un pezzo di storia – ben organizzato, con una scelta eccellenti dei punti cibo e dei corollari (caffè, gelato). In ogni angolo si trova un’eccellenza da bere o da mangiare e qualcuno con cui fare due chiacchiere. Famiglia, appunto.