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L'iniziativa

I casari del palermitano chiedono direttive univoche

14 Novembre 2011
incontro incontro

di Giovanni Paternò

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia e il Comune di Giardinello hanno organizzato un incontro-degustazione con i produttori di formaggio della zona.

Scopo dell’evento: un confronto per analizzare la ripresa dei questo tipo di produzione. Due le tappe che hanno scandito il dibattito: la riflessione sui problemi tecnici e amministrativi affrontati dai casari, tra cui la confusione che vige in termini di norme; la valutazione sensoriale delle qualità organolettiche dei caciocavalli per individuare le linee guida sull’ulteriore miglioramento del prodotto.

Santo Caracappa, dirigente dell’area Palermo dell’Istituto, Roberto Rubino, ricercatore del Consiglio Ricerche in Agricoltura (CRA), tra i massimi esperti di latte e casearia e direttore del bimestrale Caseus, Michele Pizzillo del CRA, Nicola Galati presidente del Consiglio comunale di Giardinello nonché produttore, hanno accolto i casari che hanno portato in assaggio il caciocavallo palermitano, tra i quali un esemplare non tipico realizzato con latte ovino.


Santo Caracappa

E’ stata occasione anche per fare il punto sul processo di recupero e ritorno alla tradizione della produzione artigianale. “Ci troviamo davanti a una piccola rivoluzione, nel passato si tendeva ad avere vacche da grande produzione, che vivevano in ambiente confinato, con produzioni standardizzate e quasi industriali – dichiara Caracappa -. Fortunatamente oggi c’è un ritorno alla piccola produzione, si va verso il biologico, si ritorna a dare valore alla tradizione.


Vacca cinisara

Grazie anche al ruolo chiave che gioca l’Istituto schierato in prima linea per salvaguardare il livello qualitativo della produzione, come ribadisce il dirigente: “Effettuiamo tipologie di controlli sugli animali, sul latte e sui derivati che prima si praticavano con scopi e modelli diversi. Queste produzioni artigianali si rivelano di qualità sia sotto il profilo organolettico che igienico-sanitario e batteriologico”. Segnali comunque positivi per questa piccola fetta del comparto dove però si è persa la pratica della stagionatura cosa che ricade sulla qualità dell’iter produttivo. “E’ scomparsa in Sicilia quest’arte – allerta Rubino -. Un’errata interpretazione delle norme igienico sanitarie oltre a rendere difficile e onerosa l’attività dei casari ha determinato l’utilizzo di locali non adatti all’ottimale stagionatura che richiederebbe locali molto ricchi di umidità.

 
Roberto Rubino e Nicola Galati

C’è poi la problematica sollevata dai produttori, di cui si è fatto portavoce lo stesso Galati: “Siamo vittime di una molteplicità di istituzioni di controllo che applicano le norme in maniera difforme. Ci vorrebbero direttive che uniformino l’interpretazione di norme spesso poco chiare e carenti”. Confusione che potrebbe essere superata con il fare sistema.“Purtroppo noi casari non siamo uniti, non abbiamo un’unica voce che faccia sentire le nostre sacrosante richieste. Vogliamo lavorare garantendo la massima sicurezza alimentare ma con chiare e univoche direttive”, lamenta Salvino Polizzi, produttore di Monreale-San Giuseppe Jato. Se da un lato l’aspetto normativo getta nel caos i casari dall’altro rischierebbe di frenare anche la ricerca e l’impiego dei metodi tradizionali, contrariamente a quanto succede in Francia, come testimonia Pizzillo: “In Francia c’è un grande ritorno ai materiali della tradizione quali il legno che è un fattore importante nella produzione e nell’affinamento, mentre in Italia si può usare solamente per poche tipologie casearie”.