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L'iniziativa

La bellezza della biodiversità siciliana: “Con le Jurnate di Simenza raccontiamo questi tesori”

20 Settembre 2022
Degustazione_oli_Jurnate_Simenza_IMG_20220917 Degustazione_oli_Jurnate_Simenza_IMG_20220917

di Marcella Ruggeri

Dall’uomo che a noi piace definire “patchwork” con un’energia condensata e quasi spirituale, c’è una esplosione di attaccamento verso la sapienza siciliana ma anche verso un centro di vibrazioni che è la terra con l’inestimabile varietà dei suoi frutti.

Mediante la pregevolezza di questo “concept”, il presidente dell’Associazione “Simenza” Giuseppe Li Rosi ha riacceso la fiamma degli agricoltori ed allevatori dell’Isola Trinacria radunandoli ne “Le Jurnate di Simenza”, che sono ripartite con la quarta edizione al castello monumentale di Milazzo, in provincia di Messina. Nonostante le conseguenze del Covid – 19 sull’apparato delle derrate alimentari, il coltivatore e studioso Li Rosi non ha smesso un attimo di pensare al suo progetto di potenziare le risorse siciliane che contengono il 50% della biodiversità italiana e il 25% di quella europea. Elevare e fare circuito di questa filosofia in una rete di produttori, ma anche di utenza significa entrare nel mood dell’Associazione ‘Simenza”, nata nel 2016 che possiede un nome più articolato e simbolico: “Cumpagnia siciliana Simenti contadine”. Le “Jurnate” hanno appassionato tanto pubblico pronto ad intervenire e porre domande, dalla mattina fino alla sera con l’organizzazione di “Officine del Gusto” alternate, di crescente valenza e guidate da specialisti di tutta la Sicilia all’interno della Sala Cavaliere del Castello. Mentre all’esterno nel terrazzo, durante le ore diurne, si sono collocate ulteriori maestrie delle filiere del Food e in particolare dell’Agroalimentare con i loro stand e prodotti (“Sorelle Turco”, “Simonte Bio”,”Il Cappereto del Capo” di Davide Foti che ha partecipato attivamente al coordinamento dell’evento, “Molino Latina”, Tenuta Cirrincione, “Contrada Crizzina” di Castroreale con il produttore Enrico Rampi, “Coppola e Maranzano”, Domenico Isgrò con i formaggi di Tripi e “Don – Il candito siciliano” ideato da Nino Modica).

(Giuseppe Grasso)

“Le Jurnate di Simenza hanno il compito di ricordare ciò che siamo – dice Li Rosi – ed è per questo che si svolgono anche in luoghi carichi di storia e cultura (le precedenti a Novara di Sicilia, Ragusa Ibla e Montalbano Elicona, ndr). Muovendoci tra il cibo e la parola e spezzandoli in compagnia per comprendere il nostro linguaggio che spesso resta alla superficie, cerchiamo di recuperare il cibo e la parola alla scoperta di tradizioni e di progresso mentre ci si istruisce. Per esempio, la Sicilia ha tante primogeniture sugli alimenti: vedi il Pecorino siciliano che è stato il primo in Europa, lo stesso si può dire del pane e della Convivialità. Fino ad arrivare alla Gastronomia e alla rivoluzione alimentare avvenute 6mila anni fa che si attribuiscono alla nostra regione”. Li Rosi ha spiattellato la sua preparazione in tema di patrimonio cerealicolo della Sicilia che era molto più abbondante nei primi del ‘900 pari a 250 tipologie e che oggi ne detiene 52. “Siamo riusciti a ripristinarne 22 – aggiunge – ma siamo passati anche al recupero dei formaggi, degli ortaggi e della frutta e soprattutto della biodiversità umana per indagare su quali basi i nostri piedi si piantano e camminano, insieme a chiunque vorrà iscriversi alla nostra associazione”.

(Antonino Ciaccio)

Il percorso avviato da “Simenza” esalta la voglia di sapere, oltre a spingere ad assaporare le tipicità: la salvezza sta nella conoscenza del nostro essere. Ed è così che si sono incastrati bene l’esposizione di prodotti dell’Agrobiodiversità al Monastero delle Benedettine (in collaborazione con Slow Food Peloritani Tirrenici), seguita dai convegni al Duomo Antico sulle “Primogeniture del Continente Sicilia” e sulla “Biodiversità del Promontorio” con il direttore del Muma Carmelo Isgrò; ad intervallare i due momenti di ascolto è stata la Degustazione di prodotti dei soci attraverso i piatti degli chef Pasquale Caliri, Giusi Santonocito e Katia Zanghi dell’Associazione Provinciale Cuochi Messina. Per il capitolo dedicato ai laboratori molto popolati dai visitatori e degustatori, si è aperta la finestra del “Buon olio non mente” con l’esperienza dell’agronomo Riccardo Randello, Responsabile della Società Cooperativa “Apo” da diversi anni, nonché Coordinatore dei Presidi Slow Food Sicilia Orientale, assaggiatore ufficiale di oli e agricoltore. Lo specialista qui ha spiegato un po’ la tecnica per individuare gli oli e condurre al riconoscimento di pregi e difetti con quella che è una disciplina scientifica ovvero l’analisi sensoriale per la valutazione: le buone prassi da seguire per comprendere e divulgare la qualità dell’olio. Gli oli che hanno polifenoli sono distinguibili nell’amaro e nel piccante che sono requisiti positivi come anche il fruttato. Come vi possiamo percepire aromi di carciofo crudo – sintomo di freschezza, mandorla che indirizza al dolce e pomodoro – ma anche retrogusti più intensi come nocciola e sottobosco (di determinate zone). “Siamo influenzati dal colore e dalla torbidità – avvisa Randello – Ma non dobbiamo dimenticare che l’olio è un miglioratore nei piatti perché amplifica le caratteristiche degli ingredienti e non dobbiamo risparmiare sulla sua scelta”. Tra le varietà soliste quali Moresca e Novellara etnea e quelle Orchestrali come Biancolilla, l’agronomo imprenditore ha invitato “ad andare avanti con le nostre Ferrari che sono le autoctone e non le cultivar spagnole. Le strategie delle multinazionali sono quelle di costruire Oli senza difetti – continua- che però non hanno neanche un’anima. È assodato che la Spagna sia il primo Paese per produzione di olio commerciale al mondo”. Questo periodo storico offre il via libera in particolare agli Oli Etnei che vivono una sorta di Rinascimento Agricolo su cui, secondo Randello, si sta riversando un momento d’attenzione anche sulla scia dei vini vulcanici.

(Giuseppe Li Rosi)

Molto coinvolgente anche il laboratorio de “La filatura del formaggio” con Antonino Ciaccio dell’Azienda Agricola Ciaccio che esiste da un trentennio nell’area tra Palermo e Trapani per l’esattezza a Roccamena e che ha portato qui la squisitezza del caciocavallo palermitano facendo un excursus sulla storia di questo formato. Infine, “Alle origini della cassata” ci ha pensato lo chef pasticciere Santo Li Calzi esprimendo alcuni dei suoi lavori agli avventori. Il secondo appuntamento ha visto gremire nuovamente il Castello di Milazzo con le note sia culturali che “mangerecce” passando dalla presentazione del “Marchio Simenza” con le filiere virtuose e nuove economie ad “InGRANandO – dal campo alla tavola” grazie ai Bakery Chef Tommaso Cannata, Valeria Messina e Natale Laganà; apprezzatissimi ancora il Laboratorio del Cous cous e Spezzato (Cuturruli) Oriente ed Occidente di Bonetta Dell’Oglio e quello sulla Carne battuta al coltello dell’imprenditore ed allevatore di Vizzini Giuseppe Grasso che gestisce “Alleva Bio” e in questo caso ha focalizzato come identificare qualità e gusto dai tagli fesa e cappello del prete, conditi con sale e olio, in pratica la tartara che va di moda (per Grasso si è aggiunta l’emozione di essere collaborato, per la prima volta in sala, dal figlio piccolo Vittorio: “Gli agricoltori tendono ad isolarsi e a diventare re della loro casa – racconta – Invece, veniteli a trovare nella casa di Simenza”. Ma la parte degustativa si è estesa, sempre a cura dell’Associazione Provinciale Cuochi Messina, con gli chef Rosaria Fiorentino, Umberto Caruso Francesco Arena, Natale Isaia e Vincenzo Pelleriti e per concludere in dolcezza con il Pastry Chef Lillo Freni e il suo approfondimento sul “Cannolo il sapore vero”. La sede e le modalità de “Le Jurnate di Simenza – Quinta Edizione” non possono essere svelate ma Li Rosi ci assicura che i riflettori sulla biodiversità sono puntati anche durante l’anno e per tanti eventi da sviluppare.