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L'iniziativa

La “Resistenza Casearia” degli artigiani del formaggio a Cheese

19 Settembre 2011
ravasio ravasio


Alberto Ravasio e la moglie

A difesa del patrimonio caseario tradizionale e dei contesti agro-pastorali più deboli.

Sono gli obiettivi che Slow Food si pone con il suo progetto “Resistenza Casearia”, nato circa un anno fa dalla collaborazione con AnfoSC, Corfilac ed Onaf. L’edizione 2011 di Cheese ha riservato uno spazio ai produttori che fanno parte di questo progetto, per permettere loro di raccontare le loro storie e quelle delle loro produzioni casearie, spesso sconosciute e che senza un adeguato sostegno rischiano di scomparire. Tra i giovani pastori italiani, Ruben Lazzoni, allevatore di capre camosciate francesi, che insieme alla moglie Roberta gestisce l’azienda La Chèvre Heureuse nel piccolo comune di Saint Marcel, vicino il capoluogo valdostano. “Le difficoltà – racconta Ruben – sono tante, ma la soddisfazione di vivere a contatto con la natura in un ambiente montano, ancora abbastanza incontaminato ci dà la forza di andare avanti. I nostri maggiori sforzi sono quelli relativi alla commercializzazione dei nostri prodotti e la nostra resistenza è attiva soprattutto riguardo ad una concorrenza industriale più forte di noi piccoli produttori artigianali”.


Ruben e Roberta Lazzoni

Un’altra realtà di confine e di contesto fragile che il progetto di Slow Food difende è quella delle Prealpi Orobiche, tra le montagne di Bergamo, Sondrio e Lecco e che riunisce sei formaggi riuniti sotto il marchio “Formaggi principi delle Orobie”. Sono presenti tra questi i tre Presìdi Slow Food dei formaggi Agrì Valtorta, Bitto storico e Stracchino all’antica delle Valli Orobiche. Un altro formaggio molto interessante e poco noto è lo Strachitunt Valtaleggio, un erborinato a pasta cruda che il produttore Alvaro Ravasio ci racconta così: “Potremmo definirlo l’antenato del gorgonzola, prodotto da latte intero e crudo di una sola mungitura e ottenuto dall’unione di due cagliate lavorate a distanza di 12 ore. Un’altra particolarità che o rende unico è la lavorazione a strati alternando cagliata calda e fredda fino ad ottenere 5 o 6 strati. Oltre a sviluppare un’ottima strategia di comunicazione – continua Ravasio – per fare conoscere il nostro formaggio fuori dal mercato locale, è altrettanto importante invogliare i consumatori a venire a conoscere l’arte casearia del nostro territorio”.
La “Resistenza Casearia” ha dato vita ad un gruppo d’acquisto solidale a livello nazionale che ogni quattro mesi propone una selezione di formaggi di giovani produttori aderenti al progetto che resistono, continuando a produrre a latte crudo e curando le razza autoctone dei loro territori.

Daniela Corso