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L'iniziativa

Tutti i segreti delle lambic: grande successo per il corso online di UniPa

28 Maggio 2020
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di Manuela Zanni

Sebbene si sia svolto virtualmente il primo dei tre incontri gratuiti del ciclo “Le Birre alla frutta e le fermentazioni spontanee” organizzato dai Corsi di Laurea di “Scienze e Tecnologie Agroalimentari” e “Mediterranean Food Science and Technology” dell’Università di Palermo,

il brio (oltre che la competenza ovviamente) degli ospiti e relatori intervenuti è stato tale da lasciare, una volta concluso, la piacevole sensazione di condivisione che, da sempre, accomuna tutti i momenti legati all’affascinante mondo delle birre artigianali. L’incontro, realizzato grazie alla collaborazione dell’Associazione Universitaria Agrum con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali, trasmesso in diretta sulla piattaforma Microsoft Team, ha avuto la durata di due ore che, in realtà, sono “scese giù” veloci come una buona lambic del birrificio Cantillon di Bruxelles che ha ospitato la diretta. Jean Van Roy, il padrone di casa, ha condotto i partecipanti attraverso un intrigante viaggio virtuale all’interno del suo birrificio interrotto, di tanto in tanto, dai puntuali interventi di Lorenzo Dabove (in arte Kuaska), Andrea Camaschella esperto critico di birre, Nicola Francesca, docente di Microbiologia degli Alimenti presso Stal di Unipa, Mauro Ricci, responsabile della sezione siciliana del Kuaska Institute, Gabriele Lombardo, presidente dell’Associazione Agrum e da Paolo Inglese, coordinatore dell’iniziativa.

Protagonista di questo primo incontro il “lambic”, uno stile di birra a fermentazione spontanea originario del Belgio, nella valle della Senne, regione del Pajottenland, a sud-ovest di Bruxelles, fiore all’occhiello del birrificio Cantillon che rappresenta un vero e proprio tempio della birra artigianale. La caratteristica di questo tipo di birre è la loro produzione senza l’impiego degli starter microbici aggiunti, tramite fermentazione spontanea mediante inoculo naturale dei lieviti presenti nell’aria. Spesso, per addolcirne il carattere piuttosto acidulo viene aggiunta frutta durante il processo di fermentazione che conferisce intensi sentori fruttati senza, tuttavia, inficiarne la caratteristica freschezza. “Il malto d’orzo impiegato nella produzione del lambic è di colore chiaro tipo pilsener ad alto potere enzimatico per bilanciare l’utilizzo del frumento non maltato del tipo tenero che, rispetto al malto d’orzo, è più ricco di amidi e proteine ma meno di fibre e lipidi – spiega Kuaska – La lunga permanenza del lambic nelle botti (anche 3 anni) fa in modo che si presentino composti polifenolici che concorrono al colore ambrato nonché ad una sensibile astringenza e a note vanigliate create dalla degradazione della lignina presente nelle botti”.

“La produzione di lambic tradizionale è sempre più rara perché, più spesso si trovano birrerie “opportuniste” che producono dei miscugli di lambic tradizionale, bière blanche e sciroppo di frutta. Questa confusione, in realtà, non appartiene solo al mondo della birra. Tutte le grosse società agro-alimentari vogliono far credere ai consumatori che esse producono alimenti tradizionali preparati “come una volta” e che la fabbricazione del prodotto non è cambiata da decine d’anni mentre, in realtà, della genuinità di un tempo è rimasto ben poco” ha spiegato Jean Van Roy. Così la lambic può essere definita una sorta di “birra madre” da cui derivano altre note tipologie quali la spumeggiante gueze (geuze in fiammingo), detta “lo champagne del Belgio” che nasce dall’assemblaggio di due o più lambic di età diversa, la kriek che nasce tradizionalmente dall’aggiunta di ciliegie acidule intere al lambic. Dall’aggiunta di lamponi freschi al lambic in quantità variabile, si ottiene, poi, la framboise tradizionale, il cui processo produttivo è lo stesso della kriek ma tenendo, ovviamente, conto della diversa consistenza tra i due frutti, solo per citarne alcune. “Tra le etichette prodotte da Cantillon il lambic è “rude” e verace con note agrumato-acetiche riconoscibilissime. La sontuosa Broucsella Grand Cru è il solo lambic piatto imbottigliato al mondo (tre anni di invecchiamento) e La Gueuze 100% lambic è acida senza compromessi con un caratteristico corpo “watery”,ovvero acquoso, mentre la nuova versione Bio abbina a sentori “caseari” lievi punte erbacee dal restrogusto piacevolmente amaricante. Il Faro è irresistibile. La Kriek è di una finezza olfattivogustativa fenomenale mentre la tagliente Rosé de Gambrinus al lampone può essere un aperitivo di prestigio” conclude Kuaska.

I prossimi seminari on line si svolgeranno il 9 e 10 giugno prossimi (leggi questo articolo)