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L'intervento

Il vino rosato piace più del vino rosso: ma nella degustazione “alla cieca”

26 Giugno 2017
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Gli esiti di uno studio scientifico condotto su alcuni consumatori di vino con l'utilizzo di un eletto-encefalogramma


(ph Vincenzo Ganci)

Inizia oggi su Cronache di Gusto una collaborazione con Vincenzo Russo, professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing e coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab dell'università Iulm di Milano. 

Russo, nel suo primo articolo, spiega come reagisce il cervello dei consumatori ad una degustazione dei rosati di Puglia. E i risultati sono interessantissimi.

di Vincenzo Russo

Dagli anni '70 in poi gli studi di economia comportamentale e le neuroscienze hanno dimostrato che i consumatori, lungi dall’essere esclusivamente razionali, si lasciano guidare dalle emozioni, razionalizzando e giustificando ciò che è stato in realtà scelto e preferito affettivamente. Insomma “non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”. Ciò mette in seria discussione il modello razionalistico che ha caratterizzato lo studio dei consumatori. Si tratta di un vero e proprio ribaltamento paradigmatico del modo di intendere e studiare il consumatone che costringe il marketing a valutare l’impatto emotivo della comunicazione e del prodotto stesso. Tuttavia per valutare l’emozione occorre usare adeguati strumenti come gli indicatori del battito cardiaco, della sudorazione, della dilatazione pupillare e delle onde cerebrali analizzate con un elettro-enfalogramma (Eeg) capace di rilevare anche ciò che non viene dichiarato.

Queste tecniche di neuromarketing sono molto utili per capire l’effetto di uno stimolo prima che la razionalizzazione incida sulla sua percezione. Per questo motivo, in collaborazione con l’Associazione Degusto Salento si è voluto misurare la reazione dei consumatori alle degustazioni di vini rosati di Puglia. Poiché, come dicono gli studi di neuromarketing, “il gusto di una molecola o di un gruppo di molecole si costruisce nel cervello” (Morro et al., 2001), si è ritenuto necessario valutare l’effetto del rosato con tecniche neuroscientifiche. In effetti, le aspettative create dalla comunicazione possono modificare la percezione del gusto di un prodotto. Ovviamente, un vino non buono non potrà mai cambiare la sua essenza in maniera profonda, ma certamente l’emozione provocata dal contesto ambientale e sociale in cui il vino si assaggia, la comunicazione con cui viene presentato, la sua etichetta, il suo colore, il prezzo e così via, possono contribuire a modificare il vissuto dei consumatori. Da queste premesse nasce la ricerca con l’obiettivo di verificare l’effetto che ha il colore del vino sulla percezione del prodotto e sul suo gradimento.


(Daniele Bossari)

Molti studi dimostrano che nella percezione dei rosati entrano in gioco diversi elementi pregiudiziali in grado di incidere sulla percezione dei sapori e quindi sulle dinamiche commerciali: i vini rosati elicitano rappresentazioni figurative di frutta del medesimo colore (ribes rosso, lampone etc.) (Morrot et al., 2001), e lasciano prefigurare un maggior grado di dolcezza: a parità di condizioni di zucchero rispetto al bianco e al rosso, un gruppo di soggetti ha rilevato nel rosato differenze nella dolcezza non realmente esistenti (Pangborn et al., 1963). Nell’indagine si è scelto di puntare sui Millennials poiché in un recente studio si rileva che i giovani rappresentano il 32% dei consumatori di rosé e che la quota dei vini rosati sul consumo totale di vini fermi nella fascia di età 18-24 è più alta in media del 10% (tranne che in Francia).  

La ricerca è stata condotta combinando questionari e tecnologie neuroscientifiche idonee a cogliere la reazione emotiva del partecipante: un Eeg per la misura della valenza emotiva, ovvero la direzione dell’emozione e un misuratore di la conduttanza cutanea per la valutazione dell’intensità emotiva. Questo indicatore misura il grado di difficoltà e di impegno cognitivo nella valutazione del vino rosato: maggiore è l’attivazione, maggiore è il livello di difficoltà di valutazione. I vino sono stati fatti assaggiare in blind (alla cieca senza vedere il colore e l’etichetta) e dopo vedendo il colore. In entrambe le fasi si è chiesto di esprimere un giudizio di gradevolezza.

Nella condizione blind, rispetto alla baseline (stato di relax) l’indicatore di attivazione cutanea (indice di stress cognitivo) ha un andamento crescente, indice di maggiore difficoltà nel processo di valutazione del vino. Condizione non verificata invece nella condizione informata. Questo dato della sudorazione della pelle decrescente nelle due fasi dimostra che l’assaggio in blind è ritenuto generalmente difficoltoso, ma appena il colore viene visto (in informata) il tasso di carico cognitivo si abbassa sensibilmente, segnalando che l’analisi viene guidata dai pregiudizi e dalle aspettative. In blind invece la condizione impone uno sforzo. Interessante notare che la valutazione (dichiarata) in blind risulta più positiva per i rosati, ma appena si vede il colore il punteggio ad essi attribuiti si abbassa sensibilmente. 

Anche l’analisi dei dati elettroencefalografici ha confermato che il vino rosato in blind attiva positivamente e piace maggiormente rispetto al vino rosso. Nella condizione informata (vedendo il colore del vino) la situazione cambia e il vino rosato viene gradito meno. Situazione opposta per il vino rosso, che quando viene visto viene anche “valutato a livello cognitivo come più gradevole”. Il dato Self Report evidenzia e conferma il dato Eeg. La visione della colorazione del vino, nella seconda prova, influisce negativamente sul gradimento per il vino rosato. Effetto che non si verifica invece per il vino rosso, che nella prova “informata” ottiene un valore di gradimento maggiore. 

L’indagine ha previsto anche l’analisi delle etichette. Da questi dati si rileva l’esigenza di valutare attentamente la coerenza tra il colore delle etichette, il testo descrittivo (che spesso non coincide con ciò che attira l’attenzione e emoziona il consumatore) e la scelta delle capsule. Spesso le etichette sono ricche di testo illeggibile o poco coerente con le aspettative dei consumatori. L’evidenza neuroscientifica di una maggiore attivazione cerebrale positiva in assaggio in blind conferma il ruolo dell’aspettativa sul gusto e segnala al contempo una grossa debolezza sul valore del prodotto, ancora poco conosciuto e considerato di ripiego. Solo una più adeguata strategia di marketing efficace potrebbe valorizzare il risultato rilevato in blind e contribuire a sviluppare meglio un mercato che sembra in Italia ancora sopito, ma grande potenzialità