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L'intervento

Cisgenetica nel mondo del vino: ecco perché l’uva resistente non è Ogm

12 Febbraio 2018
genetica genetica

di Daniele Cernilli, Doctor Wine

È di qualche giorno fa la notizia che all’ospedale Bambin Gesù di Roma è stata salvata la vita a un bimbo affetto da leucemia attraverso un trattamento di modificazione genetica del suo Dna. 

Molti scienziati sono convinti che è attraverso interventi sul genoma umano, atti a eliminare quei geni sensibili ai vari tipi di cancro che si riuscirà a sconfiggerlo, e come vedete abbiamo i primi risultati concreti. Credo che nessuno di noi voglia criticare studi e ricerche di questo genere, e le loro applicazioni in medicina, tese a salvare la vita a tanta gente e a evitare malattie e sofferenze inenarrabili. È vero, si tratta di modificazioni genetiche, ma non per questo noi diventeremo degli Ogm o qualcosa di artefatto. Saremo solo più resistenti a determinate patologie. Questa lunga premessa apparentemente non c’entra nulla con le tematiche trattate qui su DoctorWine, però non poteva che farmi pensare anche ad argomenti collegati al nostro settore. Se le pratiche di modificazione genetica che apportano benefici alla nostra salute sono, credo e mi auguro, accettate da tutte le persone di buon senso, non capisco perché, ad esempio, nel settore vitivinicolo esistono fiere discussioni sull’opportunità di intervenire in modo molto simile per produrre vitigni resistenti alla peronospora e all’oidio, che sono gravi malattie della vite. Limitando, oltretutto, dell’80%, più o meno, i trattamenti più invasivi in vigna, quelli antibotritici in particolare.

Si chiama cisgenetica, è una branca di ricerca nuova e che si è imposta all’attenzione negli ultimi anni, e che vede il nostro Paese in prima linea, con studi portati avanti dall’Università di Milano e dall’Istituto di San Michele all’Adige, in Trentino. Si basa sull’inattivazione dei geni sensibili ad alcune malattie, esattamente come accade per il genoma umano. I primi vitigni resistenti già esistono, hanno una modificazione che consente loro di non essere attaccati da peronospora e oidio. I vini che ne derivano sembrano del tutto simili a quelli dei vitigni “normali” e sembra proprio che il futuro della viticoltura passerà da quelle parti e risolverà in modo decisivo il problema dell’inquinamento da sostanze chimiche, e tossiche, che ora sono molto utilizzate. Tra l’altro la commissione delegata dall’Unione europea per la questione ha ufficialmente escluso che i vitigni resistenti siano degli Ogm, e questo è un fatto che dovrebbe chiarire in modo decisivo dubbi e sospetti.  Non è una buona notizia per alcune multinazionali del settore chimico ma lo è per tutti coloro che considerano la sostenibilità ambientale in agricoltura come un argomento ineludibile.

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