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L'intervento

Paolo Calì, “attacco” alla Doc Sicilia: “Hanno preso possesso del Grillo e del Nero d’Avola”

22 Agosto 2019
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(Paolo Calì)

Paolo Calì è un produttore di vini della zona di Vittoria, in provincia di Ragusa, culla del Frappato e del suo Cerasuolo. 

Qui c'è l'unica Docg della Sicilia. E con Calì si parla di Doc e consorzio. Lui, che in questi anni non le ha certo mandate a dire al consorzio della Doc Sicilia, si è scagliato contro il prezzo “ridicolo” di vendita delle uve Grillo, pagate a 35 centesimi al chilo. “Ma di cosa stiamo parlando – dice il produttore – Questo è l'esempio perfetto del grande successo della Doc Sicilia. Adesso nessun produttore vuole raccogliere il Grillo a mano, ma solo con vendemmiatrici a causa dei costi improponibili della vendemmia manuale. Il rischio è di portare a casa porcherie, perché la maggior parte dei vigneti dei piccoli produttori sono semi abbandonati e quindi si raccoglierebbe seconda e terza fioritura. La viticoltura della Doc è morta e i viticoltori vogliono espiantare e vendere i diritti”.

Parole dure, dette anche “a caldo”, ma che espriomono perfettamente il sentimento del produttore siciliano: “Chi mi conosce lo sa che sono stato sempre fuori dalle logiche del consorzio e ho avuto posizioni critiche – dice Calì – ma ritengo che “l'impossessamento”, non mi viene altro termine, sia del Grillo che del Nero d'Avola da parte del consorzio, sia stato fatto più per interessi di botteghe che per principi. E così non si va da nessuna parte”. Secondo Calì, la Doc va fatta e commercializzata solo da chi vuole: “Nessuno mi deve obbligare a fare la Doc – dice Calì- Io, e anche molti altri, non accettiamo imposizioni da parte di altri. Ci deve essere la possibilità di una Igt di ricaduta per chi non vuole aderire alla Doc”. Invece, spiega Calì, “io imbottiglio un Grillo, ma non posso dirlo ai miei clienti e questo credo sia una mancanza di trasparenza nei confronti dei consumatori”. E Calì cita anche il caso del produttore marsalese Nino Barraco (ne parlavamo in questo articolo>): “Lui vuole fare Grillo macerato – dice Calì – ma la Doc non lo consente. E che deve fare? La Doc stabilisca i principi che ritiene giusti, per carità, ma dia la possibilità ai produttori di scegliere cosa vogliono fare. Se vuoi fare doc, rispetta quei principi, altrimenti fatti l'Igt”. 

Per Calì, poi, la Doc non ha certo migliorato la qualità dei vini siciliani: “Basta farsi un giro nei supermercati e vedere Nero d'Avola in pet, in bottiglie a 2 euro quando va bene, allora mi chiedo a cosa sia servita la Doc (in questo articolo il racconto del Grillo della Lidl>) – dice – Il consorzio è diventato un ente ricchissimo mentre ci sono produttori con l'acqua alla gola che hanno uve nei vigneti che non raccoglieranno e centinaia di litri di vino nelle cantine rimasto invenduto per un eccesso di produzione”. Calì, che non è entrato a far parte mai del consorzio, porta un dato: “Io ogni anno raddoppio la mia produzione di Grillo – dice – Pur non scrivendo “grillo” in etichetta e non facendo Doc. Non è vero che aumenti la quantità dei tuoi vini aderendo alla Doc. Io mi sento vittima di questo sistema voluto dal consorzio. Un sistema che reputo ingiusto e che manca di rispetto nei confronti dei consumatori. Apprezzo chi ha la potenza economica per poter fare ricorso al Tar e sfidare il consorzio imbottigliando i loro vini con la dicitura “grillo” e “nero d'avola” in etichetta pur non facendo Doc con la sospensiva del Tar”. A cosa serva il consorzio, allora, Calì non sa rispondere: “Non lo vivo e non lo so – dice – I soldi investiti negli spot sulla Doc Sicilia non possono bastare e non risolvono il problema né del Grillo né del Nero d'Avola. Ci deve essere un principio di democrazia. Quindi va bene la Doc Sicilia, ma va bene anche l'Igt Sicilia per chi non vuole aderire e produrre lo stesso Grillo e Nero d'Avola”.

E poi la soluzione: “Credo che il problema sia alla base – dice Calì – Che senso ha una Doc calderone in Sicilia? La nostra è una regiona magnifica, tantissimi territori così diversi a distanza, magari di poche centinaia di metri uno dall'altro. Piuttosto potenziamo le piccole denominazioni, puntiamo su quelle. Che ci permetterebbero, oltre di vendere il nostro vino, di sponsorizzare i territorio in cui lo produciamo. Sarebbe la soluzione migliore e vincente per la rinascita definitiva della nostra Isola”. 

G.V.