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L'intervento

Eloro, Noto e Siracusa in un’unica Doc. Padova: “Così si rivaluta questa zona della Sicilia”

23 Dicembre 2019
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(Massimo Padova)

Una “super doc” che dia la spinta definitiva a questo particolare territorio della Sicilia. 

A svelare il progetto è Massimo Padova, titolare della cantina Riofavara che si trova a Ispica in provincia di Ragusa e anche presidente della strada dei vino e dei sapori della Val di Noto. E proprio questo, Val di Noto dunque, dovrebbe essere il nome della nuova doc siciliana che in realtà assimilebbe e assorbirebbe tre doc già presenti in questa “fetta” di Sicilia orientale: Eloro, Noto e Siracusa: “Tre doc in pochissimi chilometri non hanno molto senso – spiega Padova – Il territorio di questa zona è molto omogeneo e non ci sono molte differenze tra le tre Doc. Meglio puntare su una che comprenda tutte queste zone, ma che rimanga sempre sotto il cappello della Doc Sicilia”. Il progetto è stato avviato e, secondo le indiscrezioni, raccoglierebbe il totale consenso dei produttori che appartengono alle tre doc diverse, ossia un trentina circa di vignaioli. L'idea è molto semplice: riunire in un super-consorzio le tre doc già esistenti con il nome di “Val di Noto”. “E' il nome – spiega Padova – che accomuna i produttori di questa zona, e poi all'estero è anche molto conosciuto. Sarebbe importante e fondamentale, secondo il mio parere, per il rilancio di questo territorio un po' scollegato dal sistema di promozione dei vini siciliani”. Per Padova, la Doc Sicilia è una realtà, anzi come dice lui stesso, una risorsa per chi la utilizza. Ma il surplus che darebbe la spinta a questo territorio sono le sottozone: “Va bene utilizzare il termine Sicilia in etichetta, ma sono fondamentali i territori. E' finita l'epoca dei vitigni – dice Padova – Bisogna puntare tutto sul territorio. Guardate cosa hanno fatto i produttori dell'Etna, che hanno puntato tutto sul nome del vulcano e non sul Nerello Mascalese”. Per questo, aggiunge Padova, “la questione Nero d'Avola e Grillo non andava di certo affrontata così – dice – Bisognava lasciare tutto com'era. Non si punta più sulle uve, ma sui territori. Occorre fare una seria promozione. Nel caso specifico del Nero d'Avola ormai i danni fatti all'immagine di questa uva sono incalcolabili. E' stata sputtanata, non certo dai produttori di questa zona, venduta per 4 lire. E ora è difficile farla tornare dove meriterebbe. Per questo secondo me la battaglia della Doc Sicilia è inutile. Il salvataggio di questi vitigni deve passare per i territori”.

Sulla vendemmia 2019 alcune considerazioni. “Per i bianchi un'annata fantatica, con le giuste acidità e qualità delle uve elevatissime – dice Padova – I rossi hanno dato parecchi grattacapi. Abbiamo avuto, ed è il terzo anno consecutivo, quantità ridotte e una qualità media. Però sono convinto che i vini che verranno fuori da questa vendemmia, pur non avendo un carattere forte e deciso, saranno molto più longevi, perché le uve hanno molta freschezza”. E poi i progetti futuri che riguardano i vitigni reliquia in collaborazione con l'istituto viti e vino della Sicilia: “Un progetto che ci sta dando tantissime soddisfazioni – dice Padova – Ci abbiamo creduto fin dall'inizio e abbiamo iniziato delle micro-vinificazioni che hanno dato prodotti molti interessanti. Questi vitigni reliquia siciliani potrebbero essere anche l'occasione di promozione di queste zone. La strada mi pare ormai tracciata e definita”:

G.V.