Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
L'intervento

Dino Taschetta (Colomba Bianca): “Le previsioni di Assoenologi? Rimango sbalordito”

05 Settembre 2018
Dino_Taschetta Dino_Taschetta

Una vendemmia iniziata in maniera “drammatica” per colpa della pioggia, una situazione che si sta normalizzando e una stoccata ad Assoenologi. 

Dino Taschetta, presidente della cooperativa di Mazara del Vallo in provincia di Trapani, racconta il suo inizio di settembre, vissuto tra la paura di perdere tutto e il sospiro di sollievo vedendo entrare l'uva in cantina. “Abbiamo iniziato la vendemmia con una decina di giorni di ritardo a causa della pioggia – spiega il presidente – Ora la situazione è buona, dal punto di vista del meteo e stanno arrivando in cantina uve di buona qualità”. Taschetta è il presidente di una delle cooperative più importanti e grandi d'Italia, con quasi 2.200 soci, 5 cantine, 33,2 chilometri di filari e 8,1 mila ettari di vigneto. Qui si producono tantissime varietà di uva, dal Grillo, Catarratto, Grecanico, Inzolia, Chardonnay, Viognier, Zibibbo, Fiano al Sauvignon Blanc per le varietà a bacca bianca, passando al Nero d’Avola, Syrah, Merlot, Cabernet sauvignon, Frappato, Sangiovese, Perricone e Nerello Mascalese per le varietà a bacca nera. Una produzione media di oltre 500 mila ettolitri e un export sempre in crescita. Quando si parla di numeri, Taschetta però si incupisce: “Ho letto le stime di Assoenologi – dice il presidente – Rimango sbalordito che un'associazione come la loro possa dire e comunicare certe cose”. Secondo Taschetta, infatti, i dati sbandierati così, senza un confronto equo sulla media nazionale, fanno solo male al mercato: “Non si parla e si dice chiaramente che lo scorso anno abbiamo avuto una delle peggiori vendemmie della storia – dice Taschetta – E' vero, c'è la ripresa, ma solo rispetto al 2017. Se si analizzano i dati degli ultimi 10 anni, il bilancio è ancora negativo. Invece si dovrebbe raccontare di come lo scorso anno molti produttori siano rimasti senza vino, di come quest'anno molti non vendemmieranno e di come in molte zone si farà meno dello scorso anno. Le esaltazioni, invece, fanno il gioco di chi vuole calmierare i prezzi”.

Per Taschetta proprio in Sicilia è difficile fare previsoni su quantità e qualità: “Il clima e la peronospora sono state due incognite per tutti – dice Taschetta – Ci sono zone in cui si è prodotto un dieci per cento in più, ma si tratta sempre del 20 per cento in meno rispetto al normale. Noi dovremmo chiudere con un + 10 per cento, in ogni caso sempre in saldo negativo rispetto alle nostre medie. Si devono fronteggiare situazioni strane e particolari, come le “bombe d'acqua”. Non sapevamo nemmeno che esistesse un termine simile. Per non parlare della peronospora. Prima, e ricordo mio padre, se ne parlava ogni dieci, quindici anni. Ora invece, è un problema di ogni annata”. Insomma i cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti: “Un esempio che dice tutto – spiega Taschetta -, il Catarratto, da queste parti si raccoglieva dopo l'8 settembre. Oggi, si inizia intorno al 20 agosto, tre settimane prima. I cambiamenti vanno affrontati e ci si può riuscire se si mettono in cantiere tutte le risorse possibili, a partire dal fatto di avere delle riserve di acqua e magari che la scienza ci aiuti con la creazione di piante reistenti alla siccità, il nostro vero problema, a parte annate straordinarie come quella di quest'anno dove abbiamo avuto fin troppe piogge”.  

Il vino italiano in generale, ma quello siciliano in particolare, stanno avendo una certa inversione di tendenza sui mercati, ma “valorizziano davvero troppo poco le nostre produzioni – dice Taschetta – non riusciamo a creare una certa ricchezza diffusa sul territorio, risentiamo troppo dei cambiamenti di questi ultimi anni. Nei mercati dei vini generici, sarà un disastro per il nostro paese che dovrà fronteggiare l'invasione di almeno 270 milioni di ettolitri di vino proveniente chissà dove e prodotto chissà come. I nostri vini da tavola, infatti crollano sempre di più. E so per certo, e mi assumo la responsabilità, che gran parte del Mosto concentrato rettificato è sofisticato. Tuti lo sanno, ma nessuno fa niente. Perché? Poi i prezzi. Perché, se per esempio alcune uve vengono vendute a 30 euro al quintale, le stesse, in altre parti vengono vendute a 20? C'è qualcosa che non quadra”. Secondo Taschetta, queste situazioni sono deleterie per il mercato dei vini nostrani, “soprattutto per quei prodotti che non hanno nome e cognome – dice – L'unica cosa da fare è puntare sull'altissima qualità, lavorare bene sia in vigna che in cantina, sennò non ne veniamo fuori”. Chiusura sui fondi per la promozione: “Spesso ho la sensazione che sarebbe necesario avere più professionalità nello spendere questi soldi – dice Taschetta – andare più sulle cose concrete e magari fare qualcosina in più per portare nelle nostre aziende persone in grado di vendere il ghiaccio agli esquimesi. Noi, per esempio, quest'anno cambieremo strategie”. 

G.V.