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L'intervento

Il racconto di Antonia Klugman al Corriere: “Non so più immaginare il futuro”

03 Aprile 2020
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E’ una lettera con il cuore in mano quella che lo chef stellato Antonia Klugmann, titolare de L’argine a Vencò a Dolegna del Collio in provincia di Gorizia, invia al Corriere. 

Una lettera in cui racconta il momento, i suoi sentimenti e le prospettive future. Che, secondo la Klugmann, sono più nere che rosee. “Dopo settimane di attesa – si legge – non sono capace di immaginare il futuro. Per la prima volta nella mia vita. Forse perché il presente è così lontano da qualunque cosa io conoscessi prima. Diverso da ogni prospettiva programmata”. E così la quarantena impone ritmi diversi, in cui il tempo sembra non trascorrere mai: “Sono abituata in cucina a non guardare quasi mai l’orologio – scrive la chef – L’orologio è un metronomo che mi dà piuttosto il senso del ritardo o dell’anticipo, il senso oggettivo del ritmo del servizio, come un cronometro per un corridore. Secondi, minuti qualche volta più importanti delle ore. La mia mente è come se fosse ancora regolata su quel cronometro. Ancora non rallenta. Anni di abitudine. Allenamento anzi. Mi sono allenata per questo. Il virus è penetrato in questa routine, nel mio rapporto intimo con il tempo”.

Poi prosegue: “Mi è sempre sembrato eccezionale che si organizzasse una deviazione di uno o più giorni pur di arrivare da noi, in un ristorante situato in un luogo ameno lontano dalle rotte principali. Questa scelta, l’essere apparentemente isolati, è stata fin da subito un carattere distintivo del ristorante. Trenta minuti di macchina dai centri cittadini più grandi della Regione. Ma comunque connessi. Vicini all’aeroporto di Trieste, a soli dieci minuti dalla stazione ferroviaria, a quindici minuti dall’autostrada. Parte del lavoro è diventato proprio questo: il giorno di chiusura, come ogni cuoco moderno, sempre in viaggio per raccontare la casa in cui ho deciso di cucinare, raccontare con sincerità chi siamo. Farci scoprire nella nostra originalità geografica, spingendo il cliente a venirci a trovare in loco e poi, naturalmente, l’impegno della coerenza tra il racconto e l’offerta”.

Ma, “il posizionamento geografico non mi è mai parso così potente fino all’emergenza – scrive la Klugmann – Da subito il governo ha limitato, giustamente, gli spostamenti. Nonostante nel ristorante rispettassimo le norme sanitarie e igieniche richieste, è stato fin da subito impossibile proseguire l’attività. L’asporto, in un comune così piccolo, non è praticabile. A tutti i miei dipendenti ho dovuto dire di rimanere a casa. Sono l’unica che può accedere al ristorante ora. Mi occupo della piccola manutenzione. Delle piante. Il lavoro nell’orto si è interrotto. In primavera si dovrebbero fare tutta una serie di lavori indispensabili, purtroppo. Solo con il frutteto siamo stati fortunati. Viaggia da solo ora. Gli alberi sono già stati potati e trattati. Il foraging così importante per noi, è una risorsa quotidiana oggi per me. Di bellezza anche. La bellezza della campagna non mi è mai parsa così vitale per la mia felicità come in questi giorni. La salute della terra che circonda il ristorante si riverbera costantemente nella varietà di erbe spontanee a disposizione. Erbacce molto spesso totalmente sostenibili proprio perché abbondanti, e adatte per natura al clima particolarissimo di Vencò. Escursione termica molto elevata, con picchi di freddo spinti. Piogge abbondanti in primavera e autunno. Estati calde, sempre più calde, con il fiume vicinissimo pronto a mitigare la calura e una terra fertile drenante, che ha nel sottosuolo riserve di acqua nascoste”.

“Una piccola realtà come la nostra, in cui l’equilibrio economico si basa esclusivamente sugli incassi dati dall’attività ristorativa, è chiaramente in una posizione di debolezza estrema oggi – prosegue ancora – Mi chiedo se cambieremo e come, se i nostri numeri saranno molto diversi e se saremo in grado di mantenere la nostra essenza, la nostra identità intatta. La mia vita è cambiata totalmente e vivendo da sola cerco di occupare il tempo nel modo più produttivo possibile. L’attività fisica all’aperto è vietata e quindi il fitness a casa ha sostituito l’abitudine quotidiana di correre. La mente va veloce nel frattempo e mi chiedo costantemente quale sarà il futuro per una attività piccola come la mia che ha fatto dello spostamento geografico del cliente più o meno lontano la fonte principale del reddito”.

E così, se il cliente locale rimane uno zoccolo duro di cui siamo molto fieri, la crisi sanitaria mondiale pone nuovi interrogativi. “Anche quando il piccolo, ma bellissimo, Friuli-Venezia Giulia avrà sconfitto il virus saranno i clienti che ci raggiungevano dal resto dell’Italia, dall’Europa, dal mondo a essere messi in difficoltà – conclude la Klugmann – La connessione che ci lega tutti e che rende quest’epoca così meravigliosa e fortunata, rende i tempi di ripresa per un’attività come la mia totalmente imprevedibili. Nella testa ho solo domande. Quasi nessuna risposta. Ho imparato però qualcosa che credevo di sapere e che invece di fatto non conoscevo fino in fondo. La salute, che davo per scontata, è e dovrà essere per sempre una priorità. La salute, che nel mio paese viene garantita a tutti, senza distinzione, gratuitamente. Quando medici e infermieri avranno finito il loro lavoro, e tutte le risorse economiche necessarie saranno state spese per loro e i malati, solo allora tornerà a essere una priorità tutto il resto. Tra cui il mio piccolo ristorante in campagna, ragione della mia vita”.

C.d.G.