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L'intervento

Il senso della vita… pardon, delle guide

14 Giugno 2021

di Daniele Cernilli, DoctorWine

Lo confesso, ed è abbastanza evidente, il titolo del pezzo l’ho mediato dal film dei Monty Python, che è Il senso della vita, e con il vino, o la vite se preferite, non c’entra nulla.

Le guide dei vini invece c’entrano molto. C’è chi le segue con attenzione, c’è chi le critica perché strumenti antiquati e surclassati dal web, c’è chi le sbircia con un po’ di scetticismo. Sta di fatto che ancora ce ne sono molte e se ancora esistono una ragione ci sarà, e credo che stia nel fatto che comunque rappresentano una grande inchiesta annuale sullo stato del vino italiano di qualità. Questo è, a mio avviso, il senso più autentico e il loro ruolo, che è d’informazione, di servizio, ancor più che di giudizio sui vini che vengono presi in considerazione e valutati. È qualcosa che può essere utile a chi non ha il tempo o la voglia di mettersi ad assaggiare con continuità, meno a chi invece lo fa per il proprio lavoro, come addetto ai lavori o come grande appassionato. Ma anche in quel campo una buona percentuale di persone le legge e le consulta, magari per criticarle e per prenderne le distanze. Essendo stato uno dei primi protagonisti del fenomeno guide dei vini in Italia so benissimo di avere responsabilità, nel bene e nel male, ma so anche che non è un lavoro facile mettersi ogni anno ad assaggiare migliaia di campioni, cercare di coordinare una squadra di collaboratori e parlare con centinaia di produttori magari visitando molte delle loro aziende. Perché fare una guida non è soltanto un esercizio degustativo e i giudizi che vengono espressi devono comunque rispettare il lavoro spesso molto duro di tante persone.

Quando cominciai, nel lontano 1987, le guide presenti sul mercato erano due, quella del Gambero Rosso e di Arcigola, poi Slow Food, e quella di Veronelli. Poi ne sono nate altre, Bibenda, Espresso, Luca Maroni, Vini Buoni d’Italia, Go Wine, Prosit dell’Onav, Vitae dell’Ais, ovviamente Slow Food da quando si è divisa da quella del Gambero Rosso. Infine la nostra di DoctorWine, che arriva con quest’anno alla sua ottava edizione. E mi scuso se ne ho dimenticata qualcuna. Sono centinaia le persone che lavorano per le loro realizzazioni. Molti assaggiatori e critici li conosco da anni, con alcuni di loro ho lavorato e degustato per parecchio tempo, quasi mai ho rilevato un modo superficiale o sciatto di procedere, pur nella differenza, talvolta evidente, di punti di vista. Ma si tratta di punti di vista, non di banale incompetenza o di presunzione, ci tengo a precisare. Il tutto è quasi sempre condito da una grande passione personale, dalla voglia di scoprire più che di giudicare, d’interpretare più che di emettere sentenze, e questo aspetto forse va sottolineato più di quanto non accada, e va anche detto a chi poi, non sapendo come vanno le cose dall’interno, liquida con battute ironiche il lavoro di tutti noi.

È ovvio, c’è libertà di espressione e chiunque può dire la sua, e non sarò certo io che sono parte in causa a tentare di limitare questo campo, cosa del tutto ridicola peraltro. Però quando vedo l’impegno che molti mettono, magari durante le degustazioni delle Anteprime, l’attenzione, la concentrazione con la quale lavorano, allora mi permetto di farlo presente. E se questo serve a far interessare una persona in più al vino italiano, a dare un’informazione in più, a fare innamorare di questo mondo, allora penso che sì, il senso delle guide è proprio questo.

doctorwine.it