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L'intervento

La cisgenica la via del futuro per produrre grandi vini con pochi trattamenti in vigna

28 Agosto 2017
cisgnenica cisgnenica

di Daniele Cernilli, Doctor Wine

Ultimamente cito spesso Attilio Scienza e le sue esternazioni, ma trovo che siano particolarmente illuminanti sul futuro della viticoltura. 

Per chi non sapesse chi è, ricordo che ha avuto per anni la cattedra di Viticoltura a Milano, è stato preside dell’Istituto Edmund Mach di San Michele all’Adige e autore di molti libri di carattere sia scientifico che divulgativo. Il suo ambito di ricerca più recente, portato avanti proprio a San Michele, riguarda la cisgenetica, che consiste, attraverso la rimozione di alcuni geni sensibili, nella creazione di vitigni resistenti alla botrytis, innanzi tutto. Se consideriamo che i trattamenti antibotrytici rappresentano la maggioranza di quelli che vengono effettuati in vigna, con quei vitigni si eliminerebbe una percentuale impressionante di sostanze inquinanti.

E la viticoltura biologica? La biodinamica? Tutto inutile? No, dice Scienza, ma “la nascita dell'agricoltura è un atto di genetica. Già nel Neolitico l'uomo ha scelto piante e animali da allevare vantaggiosi per l'alimentazione. Filo conduttore delle innovazione è la paura; siamo la civiltà dell'angoscia, del Mille e non più Mille e quindi della finitezza del mondo. La viticoltura biodinamica e biologica, che sono per il mantenimento delle risorse naturali, nascono proprio da un sentimento di paura. Ma noi dobbiamo andare aldilà. La scelta del biologico non è convincente perché è una via senza uscita. Non ci possiamo accontentare di tornare nel passato, per poi non avere un futuro. Sarebbe come rattoppare la nave di Teseo”.

Ma si tratterebbe di una sorta di Ogm sotto mentite spoglie? Neanche. L’Ogm prevede l’inserimento di geni non appartenenti alle specie che si modificano, la Cisgenica è come un’operazione preventiva, che toglie, non aggiunge. Se si scoprisse che eliminando un gene dal Dna umano potremmo diventare immuni al cancro, chi si opporrebbe? È un esempio estremo, e per ora del tutto ipotetico, certo, ma non fa pensare? Tornando alle nostre cose, se effettivamente, e senza stravolgimenti evidenti sulla qualità dei vini che poi verrebbero prodotti, si potessero abbattere delle percentuali imponenti di trattamenti in vigna, non sarebbe cosa buona e giusta?

Credo che questo sarà il dibattito che ci troveremo a fare nell’immediato futuro, vedremo di fronte a temi del genere quali saranno le posizioni che prenderanno, ad esempio, Slow Food o la Coldiretti o la Confagricoltura, oltre che il nostro Ministero e l’Unione Europea. Sarà, nel nostro mondo, un confronto fra scienza e ideologia, fra laici e chierici, fra il futuro e il rimpianto per un passato che, tra cambiamenti climatici e limitazione nell’uso di sostanze inquinanti, non potrà che rappresentare un ricordo, temo.

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