Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
L'intervento

“Alla ricerca del codice mancante, iter rocambolesco per rispettare il nuovo regolamento sulla tracciabilità”

10 Gennaio 2013
marilena marilena

Riceviamo e pubblichiamo.

di Marilena Barbera*

Il 2013 è iniziato, per noi viticultori, con una pletora di novità amministrative che per diversi giorni ha messo a dura prova la nostra pazienza e la nostra capacità di adattamento alle (spesso) incomprensibili e certamente sovrabbondanti procedure burocratiche che disciplinano il nostro lavoro d'’ufficio quotidiano.

Questa volta si tratta dei documenti di accompagnamento del vino, le cui regole di redazione ed emissione sono state modificate, – possiamo ben dirlo, – tra Natale e Santo Stefano. 

La circolare “natalizia” Mipaaf n. 17213 del 20 dicembre ha reso operativo il Reg. UE 314/2012 che, sostanzialmente, attribuisce al produttore la responsabilità di attestare la certificazione d’'origine del vino prodotto durante tutti i suoi trasferimenti e spostamenti, dalla cantina fin sulla tavola del consumatore. Attestazione che si sostanzia, in breve, nell’'apposizione di un codice (detto E-Bacchus) su ogni documento di trasporto dei prodotti vitivinicoli. 
Novità operative a partire dal 1° gennaio, ma di cui né le aziende né gli Enti regionali e nazionali preposti all’'applicazione hanno, ancora, piena consapevolezza. 

Questa è la mia storia. 

La mattina del 7 gennaio, appena rientrata dalle ferie, ricevo la segnalazione, da parte di un’'amica produttrice dell’'Emilia Romagna, di una comunicazione di Valoritaria, ente di certificazione emiliano, che qualcosa si muove sul fronte degli adempimenti. Cerco la famigerata circolare 17213 sul web, ma incredibilmente i motori di ricerca non l'’hanno ancora rilevata. Inizia quindi la mia personale odissea telefonica e telematica, via social networks, alla ricerca di informazioni: all’'Irvos i funzionari, appena rientrati, hanno i miei stessi problemi; i produttori italiani, piccoli e grandi, non ne hanno mai sentito parlare; le Dogane di Asti, interpellate da un altro amico produttore, nicchiano; i sindacati del Trentino (anche lì contattati da un’'amica che produce meravigliosi spumanti) fanno spallucce. Noi viticultori tartassati ci scambiamo notizie su Facebook e Twitter e cerchiamo di fare chiarezza, mentre i nostri vini rimangono in magazzino per l'’impossibilità di emettere i DDT. 

Dalle telefonate e dal confronto con i pochi che riescono ad ottenere notizie frammentarie riesco a mettere insieme un primo piccolo vademecum (https://www.vinix.com/myDocDetail.php?ID=6699), che nel giro di qualche ora riceve oltre 500 visite e genera una quantità incredibile di commenti e richieste di chiarimenti, variamente postati su social e blog. 

Il problema però si complica ulteriormente quando, dopo aver cercato di recuperare il codice E-Bacchus relativo all’'Igt Sicilia sul sistema informatico dell'’Unione Europea, scopro che questo è inspiegabilmente – scomparso. Già: la denominazione Sicilia Igt, trasformata in Doc dalla scorsa vendemmia, ha perso la sua tracciabilità perché nessuno, né in sede europea né in sede nazionale né a livello regionale si è preoccupato, prima dell’'entrata in vigore del regolamento, di capire cosa ne sarebbe stato dei vini siciliani che attendono di essere commercializzati. E questo, perdonatemi, ha dell’'incredibile, considerando che l'’economia della nostra Regione si basa, in parte considerevole, sul vino e sui prodotti ad esso collegati. 

Inizia allora un’'altra giornata surreale: ogni due ore telefono a Roma al funzionario Mipaaf incaricato di gestire il problema, lui ogni due ore telefona a Bruxelles per capire come dobbiamo comportarci, ma per tutta la giornata non si riesce a cavare un ragno dal buco. Il suggerimento che ricevo, a fine giornata è: non spedire vino senza indicare il codice, perché da controlli incrociati (anche in anni seguenti) potrebbero emergere sanzioni. Le spedizioni di vino in Sicilia sono bloccate da due giorni e pochissimi, nei fatti, se ne preoccupano. 

La mattina del 9 inizia con la stessa tiritera, e già sono convinta che dovrò rimandare indietro il corriere che, per il terzo giorno, attende di caricare il vino che dovrei spedire. A questo punto decido di inviare una comunicazione ufficiale alla Direzione Generale Repressione Frodi e, a seguire, a tutti gli Enti preposti al controllo e alla rappresentanza dei viticultori: Ministero, Irvos, Assessorato Agricoltura, Assovini. Solo così, finalmente, a tardo pomeriggio, riesco a ricevere una risposta ufficiale, che arriva direttamente dalla Commissione Europea tramite il prezioso aiuto di un funzionario del Mipaaf che si è occupato personalmente di tutta la questione. La risposta, che spero verrà pubblicata formalmente dagli organi competenti a beneficio di tutti i viticultori siciliani, suona così: dal momento che ci siamo scordati del codice E-Bacchus per l’'Igt Sicilia (e per almeno una decina di altre denominazioni italiane), facciamo che lo omettete, e scusateci per l’'inconveniente. 

Ora, a questo punto, mi chiedo, e credo sia lecito: cosa ci stanno a fare a Bruxelles le decine di funzionari – rappresentanti della Regione Sicilia e del Governo Italiano – che ci costano ogni anno milioni di euro, se non sono nemmeno stati in grado di accorgersi di questa anomalia prima che la nuova normativa entrasse in vigore? Cosa ci stanno a fare amministrazioni pubbliche ed associazioni di categoria, che dovrebbero rappresentare problemi e necessità delle aziende, e non hanno mosso un dito per accertarsi del problema o per favorire una soluzione? 
Come può un viticultore “normale”, cioè quello che fa il vino e basta e non ha specifiche competenze di diritto comunitario o una anormale testardaggine, a lavorare in questo modo? 

* produttrice di vino a Menfi