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L'intervento

Walter Massa scrive al ministro Lollobrigida: “L’agricoltura deve avere la forza di cambiare”

24 Novembre 2022
Walter Massa - ph Vincenzo Ganci, Migi Press Walter Massa - ph Vincenzo Ganci, Migi Press

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota che il produttore di Monleale Walter Massa ha inviato alla nostra redazione e al neo ministro delle politiche agricole Francesco Lollobrigida

“Egregio signor Ministro,
da quando opero in agricoltura circa 25 ministri l’hanno preceduta, faccio il contadino a tempo pieno, mai come ora ho avuto motivazioni e speranze per trasmettere a chi guida il “mio” dicastero un mio pensiero, nel provare a travasare la voce della zolla nel palazzo che conta. In un momento storico in cui sembra sia” cambiata l’aria”, anche l’agricoltura deve avere la forza di cambiare, di divenire centrale in forma carismatica ed economica diversamente soffriranno occupazione, turismo, cultura ed economia e l’Italia tornerà ad essere lottizzata come nel Settecento. Politicamente sono “un estremista di centro” ossia cerco di prendere il buono della destra e della sinistra, e a questo punto le confesso di essere un fan di Giuseppe Di Vittorio, uomo integro che ha sempre preso le distanze dal socialismo reale di stampo sovietico, pagando sempre di tasca sua, prima da figlio di braccianti, poi nella carriera politica e nella vita. Da sempre le tre organizzazioni di categoria agricola sono i primi interlocutori del ministero, e ovviamente ancora ora debbono rimanere la voce prioritaria, ma la vera agricoltura non è solo burocrazia, agevolazioni, pragmatismo, assistenzialismo, bandi dell’Unione europea, glifosato, grandine, siccità, alluvioni, quote latte, e solo quando serve “eccellenza del made in Italy”. L’agricoltura vincerà quando si tornerà a mettere l’umanità, il sentimento al centro. (…)

Ora dobbiamo guardare alla gente del futuro, bisogna che il ministero da lei guidato interagisca con gli uomini di buona volontà. Bisogna “portare il sentimento” in via XX settembre, per arrivare a questo bisogna creare un gruppo di “artigiani angelici” (cit. Luigi Veronelli), imprenditori artigiani, eccellenze imprenditoriali ed umane presenti in tutti i comparti agricoli, che nella loro vita hanno dimostrato che mirando un obiettivo si può fare impresa sostenibile, modello di produzione, di economia e immagine per un territorio… donne e uomini che dopo aver ottenuto soddisfazione morale, economica e produttiva, visibilità mediatica sono pronti a ricambiare il loro successo e fortune mettendo a disposizione della patria il sapere, le esperienze e portare in discussione le criticità del sistema. Si tratta di imprenditori artigiani di provata sensibilità e competenza non faziosa che preferiscono a uno svalutato, inflazionato e squallido titolo onorifico di cavaliere o commendatore continuare a dare, sì dare, ai giovani e alla Nazione, sia sotto forma di ricchezza economica che di ricchezza intellettuale, ossia cultura. Sono quella rete magica, patrimonio della Nazione, di Agricoltori, Artigiani, Artisti, Autonomi che sfidando se stessi e una politica agricola becera che ci ha accompagnato tutta la vita, sono stati modello di produzione, di arte, di gusto, di tradizione, di originalità, di territorialità, di impresa, modello e sprone per le aziende industriali che hanno il dovere di produrre Made in Italia, in maniera quantitativa, etica, e sostenibile. Di perorare il genio italico, con volumi e qualità, motivando i cittadini del mondo a “contaminarsi d’Italia” venendola a conoscere, mangiare, studiare, trasmettere e dopo aver conosciuto le cattedrali del gusto, le officine del gusto, visitare luoghi d’arte, cultura e naturalistici, vivendo, quindi, mari, monti, pianura e collina. Chi intendo per “artigiani del gusto”? Un gruppo, una squadra di agricoltori colti, umili, determinati, pronti ad essere consulenti gratuiti del ministero; tra di loro vi debbono essere: malgari, bottegai, coltivatori di olive e produttori d’olio, distillatori, panificatori, viticoltori, (soprattutto vignaioli), pescatori, osti, frutticoltori, boscaioli, salumieri, affinatori, enotecari, allevatori, divulgatori, casari, cacciatori, distributori di prodotti artigianali, ristoratori… I problemi sono molti e le possibilità d’intervento esistono, basta volerlo. Per essere pragmatico porto all’attenzione tre casi che a mio avviso vanno affrontati con la massima urgenza, se semplicemente affrontati potrebbero portare immediato giovamento alle casse dello stato, al paesaggio, al sistema idrogeologico, all’occupazione, alla sicurezza, all’efficienza.

I terreni devono essere coltivati
Troppa superfice è abbandonata, improduttiva per via dell’esodo rurale e della diseconomia agricola. I proprietari che non coltivano, affittano o curano , i loro terreni avuti in successione ereditaria mancando di rispetto agli antenati, pagano pochi euro di tasse annuali e non la portano o fanno portare a reddito. Soluzione: il fondo va pulito dagli alberi fatiscenti o dai ceppi, pali e fili della vigna. Tutti gli anni l’erba va rasata almeno due volte, pena reddito dominicale aumentato da stimolare la vendita o l’affitto del fondo con scopi produttivi. Così di certo o vendono o affittano, e il vicino agricoltore avrà più superficie da portare a reddito con meno tare. Il paesaggio e l’economia trionferanno. Il dissesto idrogeologico sarà controllato e prevenuto.

Animali selvatici
Una poco lungimirante politica della caccia ci ha fatto arrivare fino qui, non possiamo rispettare gli animali che “non rispettano la costituzione”. Siamo una repubblica fondata sul lavoro? Tuteliamoci da chi non rispetta il lavoro, la semina, la coltivazione distruggendo il prodotto e le aspettative morali ed economiche. Gli animali selvatici non sono solo un problema per l’agricoltura, stanno diventando un grosso problema per la circolazione stradale, per la sicurezza dei cittadini. Direi un dramma nazionale, e se una volta fosse il mondo agricolo a dare il buon esempio?

Lavoratori al momento giusto
Perché ci ostiniamo a rimanere vecchi? Perché i supporti informatici “sono buoni” solo a reprimere? Perché non cominciamo a pensare positivo? Basta una applicazione al telefono e chi vuole lavorare può prestare la sua opera, divertendosi, portando ottimismo, lasciando quanto dovuto alle casse dello Stato, senza evasione e con soddisfazione. Digitando un codice, si fa una dichiarazione d’intenti, ci si presenta in tempo reale a carico del datore di lavoro, nei termini e luogo del lavoro, senza evasione o sfruttamento, pronto a raccogliere pomodori, frutta quando sono maturi, mungere le vacche al giusto momento, servire al ristorante quando è pieno, perché il futuro è un’ipotesi. Chi pensa di pensare, deve sapere che la natura non aspetta, le piante e le malattie parassitarie non vanno in ferie, che in agricoltura bisogna esserci quando servi, non solo per ritirare lo stipendio, o manifestare diritti. Nei ristoranti, bisogna esserci quando c’è affluenza, si accoglie con il sorriso l’ospite, e si motiva al lavoro la brigata di sala e cucina. Si porta ottimismo e qualità della vita, si diventa esempio per i giovani e per chi istiga alla “fannulloneria”.

Caro Ministro, mi fermo. Ora può partire l’Italia che produce. E se Lei vorrà, magari anche l’Italia che lavora (con il cuore). Grazie, ora ho la coscienza un poco più a posto

Walter Massa, Contadino