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L'intervista

Xylella, la parola all’esperto: “Eradicare gli ulivi infetti, non esistono cure miracolose”

25 Novembre 2015
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Parla Donato Boscia, dell'istituto per la protezione sostenibile per le piante di Bari: “Ancora tante sperimentazioni. La ricerca continua”


(Donato Boscia)

di Annalucia Galeone

Continua la nostra inchiesta sulla Xylella, l'ormai noto batterio killer che ha colpito gli ulivi del Salento. Si dice tanto, si scrive tanto ma in realtà c'è molta confusione. 

Serve fare chiarezza dal punto di vista scientifico, visto che la Xylella ha avuto un impatto sia psicologico sia economico. L'istituto per la protezione sostenibile per le piante, rappresenta il più numeroso ed importante gruppo di ricerca nelle diverse discipline afferenti alla protezione delle colture agrarie e forestali nel Cnr ed è un riconosciuto centro di importanza internazionale. L'unità presente a Bari è guidata da Donato Boscia.
 
Dottor Boscia, il fenomeno chiamato CoDiRo, (Complesso del disseccamento rapido dell'ulivo), quando ha fatto la sua prima comparsa in Puglia e dopo quanto tempo è stato collegato alla Xylella?
“In base alle testimonianze raccolte tra gli agricoltori della zona sembrerebbe che le prime anomalie siano state osservate tra il 2008 e il 2010. Noi abbiamo osservato la malattia casualmente e per la prima volta nell’estate (agosto) di due anni fa; dopo un paio di mesi di indagini identificammo Xylella in piante malate”.

Il batterio pare che provenga dalla Costa Rica e sia giunto in Europa mediante una pianta di caffè. Quali caratteristiche ha il ceppo che ha colpito gli ulivi del Salento?
“L’ipotesi Costa Rica nasce dal ritrovamento dello stesso ceppo in quell’area geografica; il sospetto sulle piante di caffè deriva sia dalle ormai numerose intercettazioni in vari paesi europei di piante di caffè infette importate dal Centro America che dal fatto che questa è una delle due specie (l’altra è l’oleandro) in cui lo stesso ceppo è stato rinvenuto in Costa Rica. Le caratteristiche più rilevanti sono l’appartenenza alla sottospecie “pauca”, l’aggressività nei confronti dell’olivo, la estrema facilità di trasmissione per mezzo della sputacchina, l’unico insetto di cui è stata dimostrata al momento la capacità di essere vettore; inoltre da non trascurare l’immunità ad esso di altre specie agrarie economicamente importanti quale la vite, cosa che però purtroppo l’Unione europea ha ancora difficoltà a riconoscere, creando pesanti ripercussioni nella locale industria vivaistica viticola”.

Ritiene che il fenomeno sia stato sottovalutato e la ricerca condizionata da questi ritardi?
“Purtroppo la confusione mediatica che si è scatenata continua a portare ad una generale sottovalutazione del fenomeno che sta causando sicuramente dei ritardi nell’attuazione di azioni di contenimento. Per quanto riguarda la ricerca, il ritardo è strutturale per i complessi meccanismi burocratici che portano alla programmazione di bandi di ricerca; comunque questo periodo di “incubazione” pare che adesso sia stato finalmente superato”.

Al momento le vostre ricerche dove sono dirette? La strada da seguire è quella della prevenzione, della cura o della eradicazione?
“Il target della ricerca è quello dello sviluppo di metodi di controllo e di cura; in questo le attività strategiche che stiamo o che intendiamo perseguire passano attraverso la ricerca di fonti naturali di resistenza nel germoplasma di olivo, la ricerca e l’applicazione di metaboliti in grado di “confondere” il batterio (Dsf), la verifica delle potenzialità di impiego di virus batteriofagi. Prevenzione ed eradicazione vanno di pari passo ed hanno l’obiettivo di fermare l’epidemia, ma non rientrano tra i compiti della ricerca”.

Sono a rischio anche altre tipologie di piante e soprattutto la diffusione e sotto controllo o rischia di coinvolgere il resto della penisola?
“La identificazione delle specie ospiti è ancora in corso, siamo ormai a 22 specie diverse tra cui qualcuna si infetta in maniera asintomatica, altre no; per esempio pochi sanno che l’acacia è una specie su cui gli effetti del ceppo CoDiRO sono ancora più letali che su olivo. Certamente non possiamo affermare di avere sotto controllo la diffusione, le cui potenzialità sono al momento una grossa incognita”.

Cosa consiglia ai produttori, i pareri sono tra loro discordanti, vi è molta confusione e ogni giorno si ha notizia di cure miracolose.
“Maggior collaborazione e fiducia nelle istituzioni. Senza farsi troppe illusioni; le cure miracolose al momento non esistono, ci sono diverse sperimentazioni in corso, molte sono mirate a ricercare forme di convivenza con il patogeno, qualcuna sembra dare qualche indicazione promettente, ma bisogna attendere la conclusione di queste sperimentazioni”.
 
Le previsioni sulla malattia in base allo stato della ricerca?
“La strada è lunga ed in salita, speriamo…”

Il 'piano Silletti' è stato efficace?
“Fino ad ora il 'piano Silletti' è stato applicato solo in forma molto parziale, per cui non ci sono elementi per valutarne l’efficacia. Non è garantito che debba esserlo, ma per verificarlo andrebbe applicato in toto e con tempestività. Quello che posso dire è che un’applicazione parziale sarebbe la soluzione peggiore. Il piano o, meglio, la “decisione comunitaria” o si applica o non si applica; entrambe le scelte presentano dei pro e dei contro. L’applicazione parziale sarebbe invece sicuramente disastrosa perché non avrebbe nessun “pro” ma sommerebbe i “contro” di entrambe le opzioni, perché rappresenterebbe un dispendio di energie e di risorse, nonché causa di tensioni sociali, con la certezza di fallire l’obiettivo di fermare l’epidemia”.