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L'intervista

Valerio Visintin, il critico mascherato: “Ecco perché oggi le guide non hanno più senso”

22 Febbraio 2017
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Intervista con il critico gastronomico milanese: “Vi racconto quella volta che volevo andare a mangiare in un ristorante recensito da Vizzari che in realtà non esisteva”


(Valerio Visintin)

di Cristina Gambarini

E' tra le penne più pungenti e irriverenti di tutto l'universo food. Valerio Massimo Visintin è l'uomo mascherato più temuto da ristoratori e chef. Il critico gastronomico che dirige la rubrica Mangiare a Milano del Corriere della Sera.

Nessuno lo ha mai visto in volto. Gira sempre con un passamontagna e occhiali scuri. Perchè rimanere in incognito, per lui è una missione. Ci ha concesso un'intervista

Da quanto tempo fa questo lavoro?
“Recensisco ristoranti dal 1990. All'inizio non mi presentavo in pubblico mascherato, ma da quando esistono i social network sono praticamente costretto a girare in incognito. Una foto qui, una là, e sarei rovinato per sempre”.

Non le crea imbarazzo girare tutto coperto, con passamontagna e occhialoni scuri?
“No, in realtà questo è il versante ludico di un'esigenza professionale molto seria. Credo che non si possa giudicare un ristorante se non in incognito. E poi questo scherzo, chiamiamolo così, mi permette di non prendermi troppo sul serio. La professione, però, la svolgo in maniera molto seria”. 

Cosa pensa dei tanti giornalisti che fanno il suo stesso lavoro?
“Di questi tempi, in giro, ci sono molti cialtroni che non hanno il benché minimo scrupolo etico nel fare questo lavoro e si prendono terribilmente sul serio. C'è però un peccato originale del quale è colpevole l'editoria: se i compensi non sono sufficienti neanche a pagare il conto, non viene difesa la purezza di chi è demandato a visitare. Se si modificasse questo primo passaggio, probabilmente la gente sarebbe più portata a seguire le regole e la deontologia”. 

Parliamo delle Guide: hanno ancora senso? E la Michelin?
“La Guida Michelin è presente in 12 nazioni europee. E gli ispettori sono 80. Ora, se la matematica non è un'opinione, come fanno 80 persone a visitare tutti i ristoranti che sono segnalati? Credo che vengano recensiti soltanto gli stellati, gli altri esistono per dovere di cronaca. E poi credo che ormai la guida sia uno strumento desueto. Conosci qualcuno che prima di andare a cena da qualche parte ne consulti una? Ora si guarda internet. Io stesso non mi fido delle guide. Vi racconto un aneddoto. Nell'ottobre 2013 esce la guida ristoranti de L'Espresso. E c'è la recensione del ristorante di Alice. Si legge: “Spazi nuovi e rilucenti per la collaudata squadra di cucina e di sala guidata da Alice e Sandrina”. Poi si passa al racconto dei piatti e dell'atmosfera del locale. Ma qual è il problema? Che quando esce questa guida il ristorante non esiste. Aprirà 4 mesi dopo. E' una recensione in contumacia. Enzo Vizzari, colui che ha curato la recensione, si è difeso dicendo che il menu era lo stesso del vecchio ristorante e lui lo aveva provato in anteprima. Un'altra cosa che non amo delle guide è che non scrivono mai i prezzi. E' una postilla marginale. Invece un prodotto si misura anche in base al prezzo”. 

Come si muove Visintin quando va a recensire un ristorante?  
“Mi presento al ristorante come un avventore qualsiasi, mai da solo perché in Italia non si usa, assaggio, pago e me ne vado. Ovviamente quando riservo dò un nome fittizio. E non sono mascherato. In realtà ho una squadra di amici che si presta volentieri ad accompagnarmi nelle mie scorazzate serali. Di regola si scelgono piatti tutti diversi, per poter assaggiare più cose, e i miei amici sono rassegnati al fatto che la mia forchetta faccia incursioni segrete nelle loro pietanze. Negli anni ho stilato un vero e prorpio decalogo di comportamento: vietato chiamarmi per nome di battesimo, vietato fare anche il minimo commento su qualsivoglia portata, vietato fare allusioni ad altri ristoranti e chef, o al mio lavoro. A tavola si parla di calcio, vacanze o previsioni del tempo”.   

A Milano, dove ha mangiato il risotto alla milanese più buono?
“La Lombardia non ha una tradizione straordinaria in fatto di cucina. Ci sono tuttavia ancora alcune trattorie di vecchia impostazione, dove puoi trovare il miglior ossobuco con risotto, anche se il cuoco è un cinese. Una di queste è L'altra Isola, oppure Manna, in zona Turro. Il cuoco qui è insopportabile, parla sempre e non ti lascia tranquillo un minuto, ma il risotto è buonissimo”. 

Che cosa ama bere? Qual è il suo vino preferito?
“Io bevo soltanto vino, e senza moderazione! Amo molto lo Champagne (risposta facile!), ma anche i rossi, soprattutto quelli poco lavorati. Non amo i vini che fanno molto legno, trovo che perdano la loro identità e finiscano per assomigliarsi tra loro”. 

A Milano c'è un luogo paradigmatico per lei? Dove ci sia equilibrio tra luogo, cucina e servizio?
“Lo spazio di Niko Romito. Luogo bellissimo, praticamente in piazza Duomo. In sala giovani entusiasti e motivati e piatti curati, a un prezzo super accessibile. E' un luogo in cui trovo ci sia l'intelligenza di un imprenditore che ha anche a cuore il benessere dei clienti”. 

Non sappiamo qual è il suo volto, ma possiamo sapere cosa mangia Valerio Visintin? Cosa prende quando non sta lavorando?
“Le cose più semplici che ci siano. Sono 26 anni che provo qualunque cibo, quando sono fuori servizio desidero soltanto patate e formaggio o un'insalata. L'unico desiderio è stare leggero”.

E a casa?
“No, beh, lì c'è mia moglie, lei cucina molto. Ma io non mangio quello che cucina lei. Non ci sono mai a casa. Anzi, non capisco perché cucini così tanto. Magari invita qualcuno e io non lo so. Dovrei indagare…”