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L'intervista

L’estate di Costantino Charrére: “I vignaioli sono i veri custodi del territorio”

25 Agosto 2017
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(Costantino Charrére – ph Vincenzo Ganci)

di Giorgio Vaiana

Costantino Charrére è uno di quei vignaioli “veri”, nel senso più puro del termine. Bisognerebbe frequentarlo e andarlo a trovare almeno una volta l'anno per rigenerarsi e abbandonare lo stress accumulato in 365 giorni di lavoro. 

Uomo di grandissima cultura e spessore morale, Costantino porta avanti la sua concezione di viticoltura eroica nel senso più esteso del termine, non solo come produzioni di vini, ma anche e soprattutto come custodi e manutentori (è la sua definizione) del territorio. Lunedì dale sue parti, in Valle d'Aosta, si comincia con la vendemmia. Ed è un record anche per una regione che di solito, almeno per le uve a bacca bianca inizia a vendemmiare la seconda o terza settimana di settembre. Il segno, dice Costantino che qualcosa dal punto di vista climatico sta davvero cambiando.

Allora Costantino, lunedì comincia la vendemmia. Sensazioni?
“Mi aspetto una vendemmia molto complessa che dovrà essere decifrata man mano che l'affronteremo”.

E' stato un anno difficile?
“Molto. Il clima ci ha davvero massacrati. Il 23, 24 e 25 aprile abbiamo avuto una gelata incredibile, con temperature costantemente a meno 6. Poi per altri cinque giorni il termometro non ha mai superato zero gradi. E poi, 15 giorni fa, in Valle d'Aosta c'è stato un evento che non si era mai verificato: una tornado con grandinate. Il ghiaccio caduto dal cielo ha completato i danni che erano stati causati dalla gelata. E i danni sono davvero importanti”.

Insomma annata complessa?
“Davvero da dimenticare. Ma per fortuna eventi simili si verificano solo una volta ogni 60 anni, altrimenti dovremmo cambiare lavoro”.

Come procede la maturazione delle uve?
“Molto bene. Noi qui non abbiamo sofferto per la siccità o la carenza idrica. Lunedì, però, con molto anticipo inizieremo la vendemmia delle varietà a bacca bianca. Mai, a memoria, ricordo un anticipo di questo genere. Di solito si vendemmia la seconda o terza settimana di settembre. Questo mi pare un chiaro segnale di tropicalizzazione del clima. I produttori devono prendere atto del fatto che il clima sta cambiando per sempre”.

Ma non è tutto negativo…
“No, per fortuna. Perché di questa situazione dei cambiamenti climatici ne beneficeranno le varietà a bacca rossa. La montagna si è riscaldata e le uve rosse porteranno nei vini i segni di questi cambiamenti. La vendemmia anticipata per le varietà a bacca bianca è stata necessaria per salvaguardare acidità e freschezza. Sono convinto, però, che riusciremo a fare vini di altissima qualità”.

In generale per la Valle d'Aosta è un momento d'oro…
“Dal punto di vista turistico siamo sulla cresta dell'onda. Ondate di visitatori arrivano sia in estate che in inverno. Dal punto di vista del vino, la Valle d'Aosta è sottoproduttiva rispetto alla domanda. C'è una domanda superiore all'offerta, ma in generale il mercato è florido e positivo. Paradossalmente manca il vino da mettere sul mercato”.

La gente apprezza i vostri vini insomma…
“Altrochè… Ha capito che si tratta di vini fatti con passione e in condizioni estreme. Da noi c'è la vera viticoltura eroica. Qui per portare a casa 90 quintali di uve per un ettaro di vigneto occorrono 1.400 ore. In Australia solo 80. Non possiamo produrre vino da immettere sul mercato a basso costo. Noi siamo stati bravi a posizionarci sul mercato ai prezzi giusti e remunerativi. E il consumatore ci ha riconosciuto questo sistema di produzione”.


Ma lei si è definito spesso il manutentore del territorio…
“E' così. Siamo i custodi della nostra regione. Rigeneriamo le acque, siamo gli architetti del territorio e se la Valle d'Aosta è bella e attraente è anche per merito nostro. Ecco perché il consumatore è felice di spendere qualche soldino in più per bere i nostri vini di montagna. Un sistema, il nostro, che dovrebbe essere preso in considerazione da tutti in Italia. Ma lo stesso Governo ci mette i bastoni tra le ruote”.

In che senso?
“Nel senso che abbiamo chiesto al Governo e al ministro dell'Agricoltura di permettere una deroga per le autozzazioni dei nuovi impianti nella nostra regione. La percentuale di autorizzazioni per la viticoltura di montagna non può essere la stessa di quella di pianura. Perché è ormai evidente l'importanza del nostro lavoro su tutto il territorio. I benefici saranno per l'intera collettività”.

Come sta il vino italiano?
“Il vino italiano deve stare attento. Non farò nomi specifici di territori, ma credo che non abbia senso allargare i disciplinari in zone non vocazionali. Poi non bisogna eccedere con le concessioni di rese per ettaro ormai assurde: a volte ho visto anche 200 quintali per ettaro. Siamo fuori da ogni logica. In questo modo non si produce qualità, ma quantità. La conseguenza è che i vini italiani diventeranno “un in più” sul mercato gloablizzato dove si guarda solo al prezzo, ma si sviliscono i territorio e i produttori”:

C'è un viaggio che vorrebbe fare?
“Non è un viaggio, ma ho un desiderio che probabilmente non esaudirò mai: quello di acquistare un pezzettino di terra sull'Etna ed iniziare a produrre i vini. Amo visceralmente la Sicilia e soprattutto l'Etna. Sono sicuro che sarei in grado di interpretare un vino di montagna in questo Vulcano”.

Immagino, allora, che la bevuta che ricorda con piacere riguardi la Sicilia…
“Ha ragione. Un vino delle Eolie, in particolare un vino dolce di Salina. Ma non rivelo di chi è”.


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