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L'intervista

Matteo Zed, il “re” della mixology: “L’amaro è il nuovo trend della miscelazione mondiale”

06 Giugno 2018
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 Matteo Zamberlan in arte Matteo Zed è un big della mixology. Si è formato in Giappone, lavora in America. Parla a 360 gradi dei cocktail e rivela: “L'amaro è l'ingrediente del momento” 



(Matteo Zamberlan)

di Costanza Gravina

Appena rientrato dal Perfect Serve Barshow di Amsterdam, dove ha tenuto una delle sue masterclass, abbiamo avuto il piacere di far due chiacchiere sulle ultime tendenze in tema di cocktail con un big della mixology, Matteo Zamberlan in arte Matteo Zed.

Attualmente Matteo lavora come Beverage Specialist nel Giorgio Armani Restaurant in 5th Avenue a New York, ma sta seguendo anche dei progetti come consulente tra Italia e Stati Uniti. Forte dell’ intensa esperienza come barman in Giappone ci ha raccontato un po’ la sua evoluzione nel campo della miscelazione e quali sono le tendenze per l’estate 2018.

Matteo, mi tolga una curiosità, com’è stata la sua esperienza di lavoro in Giappone e cosa si è portato in Italia della mixology giapponese?
“La mia esperienza in Giappone risale al lontano 2012 ed è stata sicuramente una delle esperienze che ha più segnato la mia vita e la mia carriera. Ho vissuto intensamente alcuni mesi al fianco del maestro Hidetsugu Ueno. Ho fatto nel famoso bar di Tokyo High Five mansioni di Barback, ossia la prima mansione che si trova a ricoprire chi si affaccia per la prima volta al mondo del bar, osservando ogni singolo movimento e imparando da ogni suo singolo consiglio. Della miscelazione giapponese ho portato a casa sicuramente la grande attenzione verso la tecnica, verso i movimenti, l’eleganza che fanno lo spettacolo dietro la miscelazione di un drink, più ovviamente l’ice carving (tecniche di lavorazione del ghiaccio) e l’attenzione al particolare, dalla spremitura degli agrumi a come si tiene una bottiglia in mano”. 

Qual è la cosa più importante che ha imparato dai giapponesi?
Sicuramente l’omotenashi, che si può tradurre in italiano con la parola “ospitalità”, ma con un concetto di base completamente diverso che non tiene conto delle profonde istanze filosofiche e culturali che animano la vita di un giapponese. L’ospitalità nipponica è molto lontana dall’essere mera deferenza nel compimento di un servigio, l’Omotenashi esprime profonda dedizione verso l’ospite, ciò che si fa per l’ospite e con l’ospite e quindi anche verso se stessi. Non è esiste solo un piacere a dare ma anche nel ricevere, sempre con umiltà”. 


(Hidetsugu Ueno e Matteo Zed)

Matteo cosa berremo quest’estate al tramonto, dopo le lunghe giornate di mare?
“Continueremo a bere cocktail freschi a base di frutta, con rum, tequila o mezcal oppure meglio con quel tocco di italianità rappresentato da un amaro, perfetto non solo come dopo pasto, ma vista la miriade di differenti “flavors”, sapori che lo caratterizzano come spirito, anche come ingrediente per innovativi cocktails. L’amaro ben presto come oltreoceano rappresenterà il nuovo trend della miscelazione mondiale e come l’amaro obsession ha contagiato l’America presto colpirà l’Europa”.

Qual è il valore aggiunto che gli amari danno ad un cocktail?
“Senza dubbio la complessità che un amaro può dare alla texture finale di un drink non è pari a quella di nessun altro spirito. Nella sua produzione l’amaro non ha limiti nella selezione dei suoi ingredienti, sia essi siano erbe, radici, semi, fiori o frutti, si passa dunque spesso da un sapore dolce e sciropposo ad un sapore amarissimo; da erbaceo e vegetale a legnoso e affumicato o da tonificante e mentolato a medicinale e officinale. La scelta del vostro amaro da miscelare può essere frustrante per l’immensità di sapori, ma sorprendente e gustosa nel risultato miscelato”. 

A questo punto la domanda sorge spontanea: quali amari si prestano meglio alla miscelazione?
“Non abbiamo nessun limite per usare un amaro in miscelazione. Ogni amaro a base agrumi è un ottimo sostituto per un Orange curacao, amari alpini a base grappa non fanno rimpiangere un buon genever, amari di china come i più famosi elixir regalano una corposità inarrivabile per un vermouth o per finire fernet ed amari di vecchia scuola con pochissimo o meglio senza zucchero sono in gocce dei bitters meravigliosi”. 

Una ricetta di un cocktail a base di amaro, fresco e adatto all’estate che è alle porte, firmato Matteo Zed?
“Il cocktail che amiamo proporre d’estate è un nostro tiki d’eccezione si chiama Apollo 11, l’amaro che andiamo ad usare in tuo onore è un amaro siciliano Amacardo Rosso con carciofino selvatico dell’Etna e arancia amara, attorno al quale ruotano ingredienti come cachaca brazileira, sciroppo e succo fresco d’ananas e per finire una piccola quantità di un liquore di produzione messicana piccante”. 


(L'Apollo 11)

Durante i suoi seminari in tema di “cocktail garnish” parla di semplicità e di minimalismo, di abbandonare guarnizioni abbondanti e vistose. Può spiegarmi meglio?
“Diciamo che la miscelazione segue un pò la scia della moderna cucina, e proprio come la cucina questa nuova era del gusto cominciò qualche anno con cocktail con ingredienti altisonanti e irreperibili, tecniche inutili, ma spettacolari e guarnizioni ingombranti e vistose per sorprendere. Attualmente come per i piatti dei moderni chef anche al bar si predilige semplicità, pochi ingredienti, ma sempre con un tocco fantasia e guarnizioni minimali che si traducono in un “chunk”, un pezzo di ghiaccio anche in una coppetta, polvere di noce moscata o fave di tonka in superficie, o una bordatura accattivante, assolutamente banditi vassoietti, scatolette o mini pallet”.