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L'intervista

“Palermo rimanga città del vino”. L’appello di Corrado Bonfanti al sindaco Leoluca Orlando

07 Marzo 2019
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La nostra intervista a Corrado Bonfanti, sindaco di Noto, in provincia di Siracusa e coordinatore Città del vino Sicilia


(Corrado Bonfanti) 

di Francesca Landolina

“Palermo rimanga città del vino”. Ad affermarlo è Corrado Bonfanti, sindaco di Noto e coordinatore dell’associazione regionale Città del Vino, volgendo un appello al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, con una lettera che ha come oggetto la richiesta di mantenimento di adesione all’associazione nata a Siena nel 1987 con lo scopo di rendere sempre più forte il rapporto tra vino e territorio.

Oggi, in Sicilia, i comuni associati a Città del Vino sono 30, da Marsala a Monreale, da Gibellina ad Alcamo e Vittoria fino al alcuni comuni etnei come Viagrande. E si lavora per allargare le adesioni, invitando tutti i comuni, che abbiano un solo requisito: non necessariamente la superficie vitata né la presenza di cantine sul territorio, bensì la fiducia nella promozione del vino in chiave turistica, culturale ed economica. Per tale ragione Palermo non  può non esserci, ci spiega Bonfanti nel corso della nostra intervista.

Perché Palermo dovrebbe rimanere nell’associazione? 
“Palermo, pur non avendo una produzione vitivinicola all’interno degli stretti confini comunali, ha tutte le carte in regola per “essere” Città del Vino nel vero senso della missione dell’Associazione: la trasmissione della cultura e delle tradizioni legate alla vite e al vino. Tante e diverse le ragioni: è la città con il maggiore mercato e consumo di vino dell’Isola, è sede legale di numerose e famose aziende vitivinicole siciliane, e sede centrale dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino, ha un porto commerciale, tra i maggiori per traffico passeggeri e per dimensioni del Mediterraneo, vanta un ricchissimo Museo Archeologico con testimonianze dalla preistoria al medioevo e manufatti dei popoli che hanno determinato la storia della Sicilia, ospita all’interno del cinquecentesco Palazzo Branciforte uno spazio dedicato alla grande arte della cucina siciliana e nazionale (la Città del Gusto del Gambero Rosso), registra una continua crescita dei flussi turistici che i dati 2016 del nuovo repertorio statistico del Comune quantificano in 567.331 arrivi e 1.190.951 presenze e una consistenza ricettiva di 77 alberghi e 353 esercizi extra-alberghieri. E ancora: in tutta la Sicilia,  la vitivinicoltura, come la gastronomia, ha radici assai remote, fra le più antiche d’Italia. Palermo, in particolare, è emblematicamente punto di partenza o di arrivo dell’affascinante serie di itinerari enogastronomici identificabili in relazione ad alcuni significativi periodi nella storia locale. Il suo territorio rientra nei disciplinari della Doc Sicilia e della Igt Terre Siciliane ed è compreso in quello provinciale valorizzato dal “Percorso Enoturistico – Lungo le vie del vino: alla scoperta della realtà enoturistica dell’Alto Belice Corleonese” che tocca i comuni di Monreale, Camporeale, San Cipirello, San Giuseppe Jato, Santa Cristina Gela, Corleone, Roccamena, Piana degli Albanesi, Contessa Entellina, dove si producono bianchi e rossi d’eccezione, riconosciuti dalle denominazioni Monreale, Alcamo e Contessa Entellina, ottenuti da uve in blend o in purezza da vitigni autoctoni come Nero d’Avola, Insolia e Cataratto e vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Merlot e Viognier”.

Qual è il vostro obiettivo?
“L’obiettivo dell’associazione è quello di fare crescere la conoscenza del vino e di farlo diventare ambasciatore nel mondo del territorio di provenienza, perché il vino è la storia del territorio che lo produce. Nello stesso tempo, il nostro progetto sta diventando ambizioso legandosi all’enoturismo, un concetto fino a poco tempo fa quasi sconosciuto, ma che oggi ha assunto un aspetto regolamentato e che può essere inserito tra le attività che caratterizzano la produzione di un comune”.

Quali attività portate avanti?
“Una è l’International wine city challenger, nota come ex selezione del sindaco, con cui creiamo una competizione tra i comuni sulla produzione. Oggi il premio ha acquisito una denominazione internazionale: va al produttore e al territorio di provenienza, quindi al comune”.

Cosa si è fatto a livello regionale?
“L’associazione siciliana diventa sempre più attiva. Lo scorso anno ad aprile, Noto ha ospitato il meeting di primavera delle Città del Vino italiane, in occasione del quale è nato un momento di confronto, per mettere a fuoco tematiche ed esperienze. E dal Rapporto sul vino, dedicato al processo di promozione enoturistica dei territori, curato dall’Università di Salerno, dal prof. Giuseppe Festa, , escono fuori indicatori che ci danno il senso della percezione delle comunità sui percorsi enoturistici e degustativi. Un sorta di libro bianco in cui la Sicilia si colloca in una situazione di potenziale crescita, ma in ottima posizione per la qualità del vino e delle cantine”.

Quali sono le criticità nel panorama siciliano, a proposito di enoturismo?
“Le infrastrutture. La nostra Sicilia vivrebbe nello sviluppo economico solamente grazie ad agricoltura e turismo, se ci fossero collegamenti facili e sfruttabili. Il vino sarebbe un forte traino. I nostri limiti sono dettati soprattutto da queste criticità e dalla situazione dei singoli comuni che non riescono a mettersi bene in rete. Serve il salto di qualità che non dipende solo dal numero delle città associate. Spostarsi da Marsala ad Alcamo per poi andare a Noto, crea difficoltà. L’aspetto infrastrutturale è predominante. Ma ci impegneremo per ciò che possiamo fare”.

Nuove sinergie per creare rete?
“Tre le altre attività in itinere, abbiamo siglato un protocollo di intesa con l’associazione nazionale delle Città dell’Olio per innescare sinergie e dialogo. Il vino rimane il punto di partenza. In Sicilia ci si attiva in collaborazione con le Strade del vino per eventi canonici, come Calici di stelle ed altri. Ma importante è anche la presenza al Vinitaly di un nostro stand al padiglione 8, che sarà a disposizione delle aziende, per l’esposizione delle bottiglie, la degustazione di vini al pubblico, e per incontri commerciali. Sarà uno spazio, che darà un’opportunità ai più piccoli”.

Da sindaco, pensa che il decoro urbano sia importante per attrarre turisti?
“Penso che oggi il turismo colto e consapevole ha bisogno di vivere emozioni, e queste ultime si danno con una accoglienza decorosa, ma soprattutto naturale, cioè una accoglienza che rispecchia l’identità di noi siciliani, spontanea, diretta, fatta da persone prima di tutto ma anche di luoghi che suscitino sensazioni positive. Il turismo oggi deve essere un racconto spontaneo. Inutile mettersi in smoking e in abito da sera, se poi non si è al massimo del proprio splendore. Occorre essere non apparire. Se scappa qualcosa, una sbavatura, sia almeno espressione di identità, non di non curanza. Il decoro è fondamentale.  Bisogna essere bravi a limitare al massimo superficialità e menefreghismo”.

Noto è un comune “modello” per l’enoturismo. Può darci qualche numero sui flussi turistici?
“Con la tassa di soggiorno riusciamo ad avere un indicatore preciso per numero di pernottamenti, su Noto. Oggi contiamo più di 500 mila ospiti che si fermano a soggiornare. Ma si fa di più, quanto a visite, almeno il doppio se si pensa a chi fa solo tappa a  Noto, e base altrove. Qui si viene per visitare la Val di Noto tutta”.