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L'intervista

Arance siciliane in Cina, occhio ai numeri: “Così non si salva di certo il nostro comparto”

28 Marzo 2019
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L'analisi di questa nuova iniziativa con Giovanni Selvaggi, presidente del consorzio Arancia Rossa di Sicilia Igp: “Per adesso il quantitativo è troppo basso per esultare”


(Giovanni Selvaggi)

Sì, ok, c'è un accordo che deve far sorridere da un lato i produttori di arance rosse siciliane. Ma dall'altro è giusto che si guardi in faccia la realtà e si analizzi questa novità con la dovuta cautela. 

Passo indietro: viene raggiunto un accordo con Mr. Fresh di Tmall. Stiamo parlando di uno dei marketplaces online del gruppo Alibaba che raggiunge 637 milioni di consumatori cinesi attivi. E che ha anche Freshippo, una catena di supermercati “New Retail”, sempre del gruppo che fa capo a Jack Ma. L'accordo prevede la distribuzione delle arance rosse di Sicilia, uno dei tesori agroalimentari più importanti d'Italia e d'Europa. Il prodotto verrà posizionato in una fascia di mercato premium, di alta qualità. Non è stato facile raggiungere questo accordo. Un lavoro durato oltre due anni per superare soprattutto gli scogli sanitari, ma anche quelli dei dazi doganali. 

Il primo carico è partito. A fornire il prodotto le aziende Oranfrizer e Pannitteri (quest'ultima con il marchio Rosaria) che hanno spedito sia su nave che con aereo. E se da un lato il Distretto Agrumi di Sicilia esulta, dall'altro lato c'è chi predica calma. In testa Giovanni Selvaggi, presidente del Consorzio di Tutela Arancia Rossa di Sicilia Igp: “È chiaro che siamo soddisfatti di questa operazione – sottolinea il numero uno del consorzio – Aprire a nuovi mercati e far conoscere il proprio prodotto in giro per il mondo è la missione di tutti i consorzi di tutela e nello specifico anche del nostro. Ma è chiaro che non salveranno le sorti dell'agrumicoltura siciliana, due, o anche quattro, oppure dieci container inviati in Cina”. Questa operazione, secondo Selvaggi, non è da sottovalutare: “Perché – spiega – estendiamo e facciamo conoscere le nostre arance ad un Paese che ha 1,3 miliardi di persone. E non basterebbe l'intera Italia agrumicola a soddisfare questo tipo di domanda. In questo momento, però, questa mi sembra solo una mera operazione commerciale, una sorta di spot, che non da valore aggiunto né ai nostri prodotti né ai nostri produttori”. 

Il consorzio siciliano, che raggruppa 600 soci produttori, 70 soci confezionatori, oltre 6.500 ettari di agrumeti tra le province di Catania e Siracusa per una produzione che in media è di 18 mila tonnellate l'anno e un prezzo minimo di vendita che oscilla fra 1 e 1,2 euro al chilo, quest'anno ha aperto l'export a due Paesi importanti come l'Austria e la Germania. “Siamo ancora troppo lontani dai nostri obiettivi – dice Selvaggi – Siamo ancora troppo focalizzati sul mercato interno. La nostra attività di promozione però, deve concentrarsi sulle migliori opportunità economiche che possiamo cogliere”. 

Quest'anno l'agrumicoltura ha vissuto un'annata strana: “Chi ha avuto la forza economica di ingrandirsi, estirpare e ripiantare negli scorsi anni – spiega il presidente – si trova tranquillamente sul mercato con prodotti giusti, nuovi, ricercati e perfetti dal punto di vista qualitativo. Invece le aziende più piccole, che non hanno un grande potere economico, hanno a che fare con piante magari più vecchie, che spesso si ammalano. E hanno un prezzo di vendita del loro prodotto bassissimo. Figuratevi che un chilo di tarocchi, in alcuni casi, veniva venduto a dieci centesimi al chilo. Tanti quanti ne occorrevano per raccogliere dall'albero un chilo di prodotto. E quindi veniva lasciato sulla pianta”. Quest'anno, però, c'è stata una leggera contrazione: “Troppo elevato il prezzo di acquisto alla pianta del prodotti – spiega Selvaggi – Il mercato poi ha proposto dei prezzi completamente difformi a quelli pronosticati. Il risultato è stato che molte persone non hanno acquistato più le loro arance. Insomma stiamo vivendo un momento di stallo. Credo, però, che questa campagna agrumicola non sia stata gestita nel migliore dei modi”. 

Capitolo “invasione” delle arance dall'estero. Selvaggi punta il dito sul governo: “Non capisco perché alle lobby del riso sia stata concessa la clausola di salvaguardia e questa cosa non venga concessa anche a noi, che invece vediamo sempre firmare accordi con Paesi della zone mediterranea dove ci sono costi di produzione e manodopera bassissimi, burocrazia quasi zero. Ed è chiaro che questo prodotto che arriva nei nostri supermercati distoglie l'attenzione del consumatore che vede una retina di arance provenienti dal Marocco proposta magari a 90 centesimi contro i 2 euro delle nostra arance. La scelta del consumatore sarà scontata. Va calmierata, dunque, questa invasione di mercato”.

Si dice che nella scorsa visita a Palermo, il presidente della Cina Xi Jinping abbia avuto la possibilità di assaggiare un'arancia rossa rimanendone fulminato: “Noi, però, dobbiamo dirci la verità – dice Selvaggi – L'arancia rossa non è prodotta solo dalla Sicilia. Ci sono altri paesi in cui si produce. Ma posso dire, senza timore di essere smentito, che le caratteristiche organolettiche delle nostre sono uniche al mondo, vuoi per i terreni, vuoi per l'influenza dell'Etna, vuoi per il clima. C'è un'enorme differenza qualitativa. Ora sta noi cercare di imporre questo prodotto nei mercati di tutto il mondo”.

G.V.