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L'intervista

Benanti: “Il blocco delle rivendicazioni a Etna Doc? Meglio tardi che mai. E sulle rese…”

15 Luglio 2020
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di Giorgio Vaiana

Non lo dice a chiare lettere. Ma si intuisce. Antonio Benanti, presidente del consorzio Etna Doc, è soddisfatto per come è andata l’assemblea dei soci dei giorni scorsi.

Le decisioni prese (ne parlavamo in questo articolo>), sono importanti e storiche. Senza precedenti almeno nei consorzi del Sud Italia. Dal taglio delle rese per la produzione di Etna Rosso ed Etna Rosso Riserva per la vendemmia 2020 (che passano da 90 quintali a 70 quintali per ettaro) fino a blocco delle rivedicazioni a Doc dei nuovi impianti a partire dall’1 agosto 2021. “Siamo molto contenti dell’esito dell’assemblea – dice il numero 1 del consorzio – soprattutto perché erano in discussione tematiche importantissime e poi perché la maggioranza è stata larghissima (oltre il 90 per cento, ndr). Sono soddisfatto anche del fatto che molti soci mi hanno chiamato dicendomi che i temi, seppur delicati e complessi, sono stati esposti in maniera chiara, precisa e puntuale. Finalmente, poi, abbiamo messo nero su bianco e portato in discussione con i soci, tematiche di cui si parlava magari solo in via informale o nei precedenti Cda senza arrivare ad una soluzione. Ora attendiamo la ratifica da parte della Regione siciliana”.

Il taglio delle rese, per Benanti, è una questione emersa solo quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria causata dal coronavirus: “Ricordo che riguarda solo l’Etna Rosso e l’Etna Rosso Riserva – dice il presidente – Proprio la tipologia Etna osso incide per il 60 per cento sui volumi della produzione del nostro consorzio. La questione è maturata solo quest’anno, a causa del coronavirus, e non era mai stata prima all’ordine del giorno. Il nostro, già di per sé, è uno dei consorzi che nel disciplinare prevede rese bassissime per le sue uve. Si era parlato tempo fa di rivedere le rese, in generale, ma sarebbe un colpo più trasversale e un’operazione da portare avanti nel lungo periodo. Invece questo intervento spot e tattico, è stato pensato e ideato nell’ultimo bimestre, sulla scia di quanto fatto da altri consorzi italiani. Un’operazione che consente di sostenere il prezzo delle uve e la produziome. E no, non si tratta solo di una mossa difensiva. Le rese medie del consorzio oscillano tra 62 e 63 quintali per ettaro, quindi l’incidenza di questa iniziativa sul taglio delle rese sarà davvero bassissima. Ma credo si sia trattato di una mossa doverosa e che di fatto ha avuto anche un importante potere di comunicazione del nostro territorio”.

Sul blocco delle rivendicazioni Benanti aggiunge: “Una decisione storica, una manovra senza precedenti che rappresenta un primo passo molto importante per la gestione della crescita. Già nel precedente triennio del consorzio, quando io ero un semplice socio – dice – era già stata messa all’ordine del giorno una sorta di chiusura della Doc da discutere con i soci. Credo che questa decisione, di cui sono fortemente convinto, non sia penalizzante. Perché intanto, chi crede nel territorio e nel Vulcano, può comunque piantare. E poi la vendemmia del primo vigneto piantato a febbraio, marzo non si può dichiarare; l’anno successivo può essere dichiarata Doc solo il 50 per cento dell’uva prodotta. E solo dal terzo frutto, si può dichiarare il cento per cento. Sempre che ci siano tutte le carte in regola. Conti alla mano, dunque, il blocco della rivendicazione della Doc incide sui nuovi impianti di pochi mesi”. E a proposito di nuovi impianti, Benanti lancia un dato interessante. “Il dato ufficiale delle dimensioni dell’Etna, della fine del 2019, parla di 1.065 ettari. Credo che oltre un centinaio di questi non siano ancora entrati in produzione”. Facendo dei conti, molto sommari, si tratta di qualcosa come 600 mila, 700 mila bottiglie da immettere prossimamente sul mercato. “Con il blocco della rivendicazione non penalizziamo che ha gli Ocm in corso e nemmeno chi è in graduatoria per la distibuzione dei diritti di impianto dalla graduatoria nazionale e regionale (circa 30, 35 ettari). Si potrà piantare, in sostanza, ma non rivendicare”.

Le rese dell’Etna sono simili a quelle di Barolo e Barbaresco: “Siamo tra i consorzi con le rese più basse d’Italia – dice Benanti – ma questo in futuro ci lascia delle altre interessanti opzioni. Faccio dei pensieri a voce alta. Magari in futuro, chissà, si potranno prevedere rese basse specifiche per i vini che rivendicano una singola contrada, oppure sui vigneti storici. L’Etna è pur sempre una nicchia, un segmento premium. Credo che una certa tipologia di vino potrebbe avere delle rese basse per disciplinare. Ma stiamo parlando di processi di modifiche importanti che necessitano di tanto tempo”. Poi una risposta alle critiche fatte al presidente proprio sul blocco delle rivendicazioni dei vigneti: “Meglio tardi che mai – dice Benanti – Forse la risposta appare scontata, ma credo che chi abbia mosso queste critiche, per me ingiuste, lo abbia fatto basandosi su delle sensazioni del momento. Intanto vi posso dire che è in costante aumento il numero dei soci del consorzio, che rappresenta la quasi totalità degli imbottigliatori presenti sul Vulcano. Ora bisogna iniziare un recupero dei vigneti storici. Lo dobbiamo al nostro territorio”. E poi capitolo promozione: “Va fatta, certo – dice – E l’anno prossimo debutteremo con l’evento del consorzio. Ma stiamo puntanto anche sulla ricerca. Credo che un approfondimento sul nostro territorio vada fatto, in maniera tale da essere più bravi e puntuali a raccontarlo. Non abbiamo di certo alle spalle la storia di grandi territori del vino italiani, per questo siamo consapevoli che, nonostante il valore dei risultati raggiunti, dobbiamo rimanere umili. Abbiamo ancora tanta strada da fare. E per questo governare la crescita di questo territorio è fondamentale”.