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L'intervista

L’allarme di Coldiretti Sicilia: il libero scambio con il Marocco metterà in ginocchio gli agricoltori

20 Febbraio 2012
agricoltore agricoltore

Uno scenario drammatico per l’agricoltura siciliana. Che avrà ripercussioni su gran parte del settore industriale siciliano.

Ecco come accoglie la decisione del parlamento europeo di liberalizzare il mercato tra i paesi dell’Unione ed il Marocco il presidente della Coldiretti Sicilia Alessandro Chiarelli.
 
È davvero una situazione così brutta?
“Peggio. Prevedo scenari drastici per la nostra regione. Anzi per l’Europa meridionale in generale. Il voto e l’approvazione del parlamento europeo di Bruxelles sul libero scambio, rischiano di avere ripercussioni gravissime sull’economia del nostro territorio. È chiaro, e basta leggere il verbale della votazione, per capire come gli stati dell’Europa Settentrionale abbiano fatto “comunella” per battere Italia, Francia, Spagna e Grecia”.
 
Perché, secondo Lei, lo hanno fatto?
“Così facendo si sono garantiti l’approvvigionamento di determinati prodotti, come limoni, arance, cetrioli, pomodori, zucchine, fragole e carciofi, a prezzi bassissimi”.
 
Leggendo i dati forniti dall’Istat, però, si notano delle differenze di prezzo enormi tra prodotti italiani e marocchini. Come mai?
“Ci sono due fattori da considerare. Il primo riguarda il costo della manodopera. In Sicilia, un operaio costa 60 euro al giorno per quasi sette ore di lavoro. In Marocco il prezzo oscilla dai 3 ai 6 euro al giorno per dodici ore. E dobbiamo anche considerare che in queste zone è presente un elevato utilizzo di manodopera minorile. Che costa ancora meno e lavora di più. Una pratica che dovrebbe essere al più presto fermata. Secondo fattore sono i controlli sanitari. Da noi, giustamente, i prodotti subiscono controlli di qualità e sanitari con parametri di rigore elevatissimi. In Marocco, non voglio dire che il prodotto non sia buono, ma diciamo che è un punto sopra lo standard minimo di qualità”.
 
Insomma, Lei è contrario a questa apertura di frontiere?
“No, assolutamente. Desidererei, però, maggiore chiarezza nei confronti dei consumatori. Che non sanno, quasi mai, quello che stanno acquistando. Sono sicuro che, un consumatore, messo di fronte ad una scelta se acquistare un prodotto marocchino, o uno siciliano, sceglierebbe in favore di quest’ultimo”.
 
Mancano i controlli, allora?
“Oggi ci sono maggiori controlli. Ma non basta. Le targhette con l’indicazione di provenienza la espongono solo le grosse catene di supermercati. Per il resto c’è il vuoto assoluto. Arance marocchine spacciate per “riberelle”, pomodorini spacciati per Pachino e così via. Non ho nulla contro questi prodotti, lo ripeto. Ma che almeno il consumatore venga informato di quello che si appresta a comprare”.
 
Recentemente, Lei, ha fatto notare che in Europa del Nord ci si fa la legge in base alle proprie esigenze. Mi riferisco, all’esempio dello zuccheraggio del vino. È così?
“Un tasto dolente per i siciliani. Anche qui il parlamento di Bruxelles è stato molto leggero, acconsentendo ad una pratica ssolutamente ridicola, come la possibilità di utilizzare zucchero classico invece del mosto concentrato. Da noi, per esempio, ed è fatto di cronaca recente, un agricoltore di Partinico, sorpreso a fare il vino sofisticato, quindi con lo zucchero classico, viene arrestao. Sul Reno è considerato un bravo produttore. Le regole vanno riviste”.
 
Le soluzioni?
“Intanto ci appelleremo al parlamento di Bruxelles sulla decisione di aprtire le frontiere con il Marocco. Poi, porteremo avanti alcune nostre proposte”.
 
Ce ne illusttri qualcuna?
“Chiederemo, per esempio, di innalzare la percentuale obbligatoria di succo d’arancia presente nelle bibite gassate al 20 % (oggi è al 12). Un innalzamento che comporterebbe un aumento di mille ettari necessari di campi di arance per ogni punto percentuale in più che viene inserito nelle bibite gassate. Per evitare di vedere ancora barili provenienti dal Brasile con all’interno una sostanza che dell’arancia non ha nemmeno il colore. Allora si che potremmo parlare veramente di “aranciata”. E che poi, in secondo luogo, chi produce queste bibite, scriva con chiarezza da dove provengono le arance che sono state spremute ed imbottigliate”.

 Giorgio Vaiana