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L'intervista

Dal metanolo a oggi, Gianfranco Fino racconta la “sua” Puglia: “Basta ai vini da taglio”

25 Ottobre 2016
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(Gianfranco Fino – ph Vincenzo Ganci)

di Giorgio Vaiana

Di certo tutti gli attestati e i premi ricevuti non gli hanno fatto montare la testa. “Ho vissuto il 1986 e lo scandalo dei vini al metanolo – racconta Gianfranco Fino – Ora so, per certo, che con impegno, passione e amore per il territorio, siamo riusciti a far tornare la Puglia una delle regioni più importanti dal punto di vista enologico”.

Inutile spiegare chi è Gianfranco Fino. Lui si definisce viticoltore. E lo fa in maniera egregia coltivando circa 20 ettari, acquisiti anno dopo anno, e mettendo in bottiglia principalmente due referenze, Es, appunto e Jo, alle quali si aggiungono Es più Sole e Simona Natale Rosè. Metà delle sue vigne ha più di 90 anni, e forse è questo il segreto dei suoi vini così perfetti, così eccellenti, riconoscibilissimi al primo sorso. Venticinquemila bottiglie in totale, solo la metà varca i confini italiani, il resto si trova nei migliori ristoranti e nelle enoteche. Il progetto di Fino inizia nel 2004 ed in soli 12 anni è diventato un vero e proprio impero.

“Da quello scandalo alcuni di noi hanno compreso che solo la qualità avrebbe potuto portare a splendidi risultati – dice Fino – e gli anni ’90 sono stati perfetti per cominciare a mettere le basi dell’enologia pugliese. Non più destinata solo a produrre vini da taglio, ma creare una propria identità che potesse essere riconosciuta nel mondo”. E quindi grandi enologi, Riccardo Cotarella in testa, ma anche grandi imprenditori che hanno creduto nella regione, facendo investimenti importanti, come Zonin e Antinori, “ma soprattutto – dice Fino – quei piccoli produttori, che sono i veri artigiani del vino”. Come Fino stesso, ideatore e creatore di quell’Es simbolo dell’eccellenza pugliese: “Tanta fatica, ricerca e anni di lavoro per ottenere questo risultato”, dice Fino. Insomma la Puglia sta cambiando, ma Fino tiene a bada gli entusiasmi: “E’ chiaro che le cose stanno prendendo direzioni felici – dice – ma ci sono ancora troppi individualisti. E io lo sostengo da tempo. Se non si fa squadra, non si ottengono risultati. Sono sempre disposto a mettere le mie competenze, le mie conoscenze e le mie idee al servizio dell’enologia pugliese. Ma desidererei che tutti facessero un passo verso questa direzione. In Italia l’unico esempio virtuoso mi sembra quello dei produttori piemontesi. Loro, forse, influenzati dai colleghi francesi, hanno capito come si vince”.

Per Fino fare un vino non è semplice come possa apparire: “Non è che coltivi le uve, le porti in cantina e finisce lì – dice – Un grande vino nasce in vigna. Ecco, gli artigiani del vino sono in grado di replicare un grande vino ogni anno nonostante le uve abbiano sempre delle caratteristiche diverse. Le nostre uve, da una particella all’altra di vigneto, cambiano incredibilmente. Interviene qui, dunque, la vara maestria di chi fa vini. Ecco la differenza tra un vino normale e un grande vino”.

In generale, l’Italia del vino, secondo Fino, sta attraversando un momento d’oro, “veniamo fuori da un momento di crisi e dovremmo puntare sull’export, che sta trainando letteralmente il mercato”. Ma su quali? “Direi i soliti – dice Fino – La Cina? Non mi convince”. Ma secondo il produttore pugliese, il problema dell’Italia “è che non riesce a produrre vini possibilmente apprezzati da tutti e soprattutto che siano profondamente legati al territorio di appartenenza. Il binomio vino/territorio sarebbe perfetto ma in quanti lo rispettano?”. E’ cresciuto, come vignaiolo, sula scia del suo maestro, Veronelli, “dove piccolo era bello – dice Fino – e lo è tutt’ora”. Rivela di essere stato in passato un modesto bevitore di vino, come altri suoi illustri colleghi, ma adesso quando gira in lungo e largo, assaggia, sperimenta: “Adoro gli Etna bianchi ma anche i Timorasso e i vini della costiera amalfitana”. Sui rossi punta sui Barolo e sui Brunello. A proposito di Etna, che Fino definisce “un po’ come la Borgogna”, dove i produttori “sono riusciti a creare un fenomeno impressionante. Penso alle Contrade, dove ogni vino prodotto è diverso da quello del vicino. Un esempio che mi piace molto”.