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L'intervista

Emidio Pacini (Tridente Collection): “Turisti in calo. In Italia lontani dagli altri paesi europei”

10 Maggio 2019
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L'intervista al Ceo e Owner di Pacini Group e socio del Gruppo Tridente Collection che hanno dieci strutture dislocate in varie parti della città: “Roma ha ancora bisogno di trovare una sua identità. In Italia? Dobbiamo ancora darci molto da fare con il turismo”


(Emidio Pacini)

di Fabiola Pulieri

Tra le eccellenze nel settore alberghiero italiano, spicca il nome della Tridente Collection, che ogni giorno accoglie i suoi ospiti nelle più belle città italiane come Roma e Venezia. 

Dieci sono le strutture della società dislocate nelle zone nevralgiche del centro di Roma di cui: tre Hotel 3 stelle e sette strutture 4 stelle superior. Tra tutte spicca l’unico 5 stelle, per ora, che è il The Iconic Pantheon Hotel, punta di diamante del Gruppo Tridente Collection Corporate, che vede al timone i fratelli Emidio e Fabrizio Pacini e Andrea Girolami. A pochi passi dal Pantheon ha al suo interno il prestigioso ristorante Idylio, dal 23 aprile ufficialmente nuova casa del talentuoso e stellato chef campano Francesco Apreda. Quest’ultimo ricopre inoltre il ruolo di chef ambassador all’interno di tutte le strutture del gruppo Tridente. Un esempio di imprenditoria che nel panorama della Capitale si discosta abbastanza da ciò che si vede e si sente solitamente, soprattutto in questi ultimi mesi di critiche e difficoltà che la città eterna sta attraversando. Abbiamo approfondito l’argomento turismo, strutture ricettive e offerta enogastronomica e alberghiera con l’imprenditore Emidio Pacini, architetto ed esperto in progettazione, Ceo e Owner di Pacini Group e socio del Gruppo Tridente Collection con il quale sono state analizzate diverse questioni interessanti.

Che cosa l’ha spinta a realizzare strutture alberghiere di lusso in una città che apparentemente è in “caduta libera”?
“Mi ha spinto il desiderio di fare qualcosa di diverso per Roma, io ho sempre avuto una visione espansiva rispetto a quella dominante tra gli albergatori romani e ho sempre pensato che aggiungere dei plus avrebbe fatto la differenza, e così è stato! Inizialmente facevo il consulente e proponevo ad altri le mie idee, che si distaccavano e si differenziavano dal solito lietmotiv ricorrente secondo cui Roma da sola garantisce un’occupazione importante per gli alberghi”.

Da dove è partito?
“La prima iniziativa era nata tra me e mio fratello Fabrizio, con il quale ho da sempre un’ottima intesa data dall’unione della parte tecnica la mia, con la parte operativa, la sua, e prevedeva un pacchetto completo agli albergatori con idee, soluzioni, strategie e modelli da seguire. Purtroppo nulla che gli interlocutori capissero e guardassero con gli occhi della lungimiranza. E’ stato un caso a far cambiare rotta alla nostra destinazione. Questa possibilità l’abbiamo intravista in un immobile che la Sara Assicurazioni dava in locazione a Via Milano, zona Via Nazionale, Palazzo delle Esposizioni. Quello che mancava era il canale di vendita, attraverso il quale creare un acceleratore verso l’esterno e lo abbiamo individuato nel nostro attuale socio Andrea Girolami, e la sua società di incoming, che è stato da subito il nostro partner ideale. Abbiamo realizzato in breve tempo, e con un format che è subito piaciuto, il nostro primo albergo: il Rome Times Hotel. E’ stato nel momento di massima crisi del turismo che abbiamo deciso di essere anticiclici e di investire andando contro corrente. Abbiamo rischiato, abbiamo avuto coraggio ed oggi siamo qui”.

Come siete arrivati e in quanto tempo a dieci alberghi nella Capitale e uno a Venezia?
“Mentre realizzavamo il primo hotel è capitata l’opportunità di trattare un secondo immobile a Via Palermo e abbiamo aperto anche il secondo albergo. Fatalità, aperto anche il secondo, si è reso libero un immobile di fronte al primo, all’angolo di Via Nazionale e da lì la concatenazione di eventi è stata una gemmazione costante che con lo stesso format ci ha portati a continuare ad aprire nuovi hotel uno dietro l’altro. L’idea successiva è stata però quella di spostarci come fascia di mercato anche perché ci si sono prospettate delle opportunità in posizioni strategiche, tipo zona Termini o ambasciata inglese, che però non si prestavano esattamente al Luxury format del 4 stelle superior e così abbiamo realizzato i 3 stelle che abbiamo distinto con un brand diverso, più dinamico, più fresco e immediato, ma sempre corredato da cura per i dettagli, attenzione al cliente e qualità, particolarmente apprezzato dai giovani turisti”.

E Venezia?
“E’ stata un’altra opportunità afferrata al volo, in un momento in cui iniziavamo a pensare di espanderci oltre i confini della Capitale. A Venezia abbiamo realizzato un 4 stelle superior con 30 stanze, che sta andando molto bene, è un vero gioiellino e attualmente stiamo seguendo due trattative: una di locazione e un’altra che prevede invece l’acquisto, operazione che in questo momento e in questa fase di crescita per la nostra società vediamo come una giusta evoluzione, che renderebbe la nostra struttura più solida e più stabile in termini strategici e di capitalizzazione”.

Quali sono i punti di forza e di debolezza del vostro progetto a sei anni dall’inizio?
“Il nostro punto di forza è sicuramente l’attenzione verso il cliente. Il nostro layout e design è internazionale, innovativo e il livello di qualità percepita è più elevata di un 4 stelle superior. L’accuratezza e la ricerca delle materie prime è maniacale, dagli arredi ai fiori, dalla tappezzeria alla falegnameria tutto è realizzato artigianalmente e assolutamente made in Italy. Per trovare un punto di debolezza dovrei cercare una flessione sul grafico dell’andamento della società e sinceramente ad oggi non c’è! La debolezza è nel sistema e potrei ravvisarla nella città di Roma che ha ancora bisogno di trovare una sua identità e una sua vocazione. Qualsiasi grande capitale europea, di quelle che primeggiano in termini di attrattive turistiche, ha una specifica vocazione: hub turistico, hub finanziario, culturale, commerciale. Di tutto questo a Roma ancora non c’è una traccia ben definita e precisa e credo che la quantità e la densità di ricchezze culturali, museali, storiche, bibliografiche, archivistiche di Roma siano uniche al mondo ma attendono una valorizzazione che io personalmente, come operatore, fatico a ravvisare. Eppure sarebbe importante perché si leggono dati comunicati dalla Pubblica Amministrazione sull’incremento dei flussi turistici a Roma e mi chiedo in che direzione vanno questi flussi”.

Voi avete riscontrato una crescita di turisti nei vostri alberghi nell’arco di questi sei anni di attività?
“No. Io quello che ho riscontrato è una diminuzione della permanenza della durata e una contrazione della spesa media. Quindi dire che a Roma arriva il +6% di turisti, quando siamo comunque molto lontani dalle performance di altre capitali europee che nulla hanno da invidiare alla capitale, è un dato ad uso e consumo politico ma che poco si riflette nell’interesse alla produzione del Pil della città. Mi spiego meglio: se questo +6% è generato da un turismo molto attento alla spesa, che riempie ostelli e non alberghi o ristoranti e che ha una permanenza media di 1,5 giorni per una città come Roma che ha attrattive turistiche pazzesche, vuol dire che arriva gente poco interessata alla proposta culturale, assolutamente disinteressata alla proposta qualitativa ed è per questo che Roma è ormai un trionfo di dozzinalità e negozi di souvenir che sono quelli che soddisfano questo tipo di domanda”.

Se Lei fosse il Sindaco di Roma o fosse nell’amministrazione capitolina, cosa farebbe per migliorare la città e risollevarne le sorti? Idee? Suggerimenti?
“La risposta a questa domanda va affrontata e scissa in due aspetti: il primo è endemico e purtroppo affonda le sue radici nei decenni precedenti, nella propositività delle amministrazioni e degli operatori della Pubblica amministrazione, decisamente molto scarsa. I servizi che vengono erogati ai cittadini sono di basso livello e tardivi. C’è poi una seconda risposta che afferisce alle municipalizzate che sono il percepito dagli ospiti della città. Mi spiego: se passeggiando per Regent Street a Londra abbiamo difficoltà a capire dove poter ciccare una sigaretta perché intorno a noi tutto è pulito e ordinato, ci poniamo automaticamente in una condizione di rispetto della città che ci mette in soggezione. Se invece un turista camminando per il centro di Roma si imbatte in cassonetti strabordanti di immondizia, rifiuti e gabbiani che mangiano dalle buste ai lati della strada, questo genererà in lui una sensazione di disordine e disagio che diventa repulsivo per un turismo di qualità. Per rispondere in termini propositivi quello che suggerirei io è una collaborazione, una azione comune pubblico – privato. Strada che personalmente ho provato a percorrere, ma invano. Il privato nella mia visione deve essere disposto a fare qualcosa perché se l’inerzia del privato si somma alla scarsa efficienza del pubblico, il processo diventa irreversibile”.

Cioè, ci racconta Lei cosa ha provato a fare e in concreto il privato cosa dovrebbe fare?
“Il privato può ad esempio assumere delle iniziative, adottare dei monumenti, fontane, zone di verde. Certo questo richiede la disponibilità del privato e contemporaneamente la lungimiranza del pubblico. Qualche anno fa io stesso proposi al Comune di Roma e al Consiglio di amministrazione del Palazzo delle Esposizioni, dove si affacciano tre dei nostri alberghi, il rifacimento della facciata del Palazzo a mie spese. Dopo aver messo insieme 600mila euro tramite una raccolta fondi, a ridosso della firma del contratto, fui convocato da un funzionario per sentirmi dire che il Comune di Roma aveva trovato i soldi, mi ringraziava dell’impegno ma non aveva bisogno della liquidità messagli a disposizione. La cosa che più mi fece male non fu il rifiuto ma la mancanza di utilizzo di quei fondi ormai raccolti per apportare qualche beneficio alla mia città. Con quella cifra si sarebbero potute realizzare altre opere per il quartiere come rifare l’asfalto o illuminare l’adiacente traforo o mille altre cose. Le uniche cose veramente utili sono quelle che si fanno concretamente, velocemente e in modo operativo. Altre proposte le giudico virtuosismi ed equilibrismi politici che poco giovano alla città”. 

Ma perché ha così tanto a cuore le sorti di questa città?
“Se io fossi riuscito a riqualificare la facciata del Palazzo delle Esposizioni, un altro albergatore avrebbe magari fatto lo stesso con un altro monumento, un ristoratore avrebbe migliorato l’illuminazione della strada del suo ristorante e così via. Quello che condanno è la miopia dell'amministrazione che negli anni si sta inevitabilmente trasformando in cecità. Solo quando aprii il terzo albergo che è Palazzo Navona, davanti al ristorante Lion, riuscii a mettermi d’accordo con l’amministrazione dell’allora sindaco Marino che mi diede l’opportunità di rifare a mie spese (asfalto, illuminazione ecc…) l’intera via del Melone fino ad allora maleodorante e sporca”.

Il The Iconic Pantheon Hotel è l’unico 5 stelle e l’unico con una proposta di ristorazione ad altissimo livello. Cosa ha significato l’ingresso di Apreda e l’apertura di Idilyo?
“In questo hotel, unico 5 stelle del gruppo, al momento, abbiamo voluto massimizzare anche la proposta culinaria con l’ingresso di Francesco Apreda che è il team leader del The Pantheon ma anche lo chef ambassador del gruppo Tridente. Abbiamo intenzione infatti di potenziare la proposta food and beverage di tutti i punti dedicati alla ristorazione del gruppo e in particolare delle due terrazze molto prestigiose del Rome Glam Hotel, di fronte al Palazzo delle Esposizioni e del Palazzo Navona con una vista a 360° sulle cupole più bella della città eterna. Quello che ci auspichiamo è che l’esperienza della ristorazione negli alberghi diventi “ricercata” dai turisti, cioè non solo un fatto legato alla permanenza, ma un motivo per cui si decide di andare in quel posto anzichè in un altro”.

Avete intenzione di guardare oltre l’Italia?
“Si, assolutamente. Siamo già proiettati oltre Roma e all’estero. Nei nostri progetti in primis c’è Milano e poi è in piedi un progetto su Londra che al momento è in stand by in attesa di capire gli esiti della Brexit, perché purtroppo, che si attui o no, alcune conseguenze permanenti le ha già provocate e investire una somma di denaro a Londra, in questo momento, può riservare sorprese poco piacevoli, le oscillazioni del mercato non sono affatto rassicuranti”.

E il sud? Napoli? Palermo?
“Al momento no. Le mie disponibilità finanziare non sono infinite e dunque ci sono delle priorità. La prima è potenziare Venezia, che sta dando riscontri molto positivi. La seconda è Milano, città nella quale ho vissuto e dove mi sono laureato, che negli anni ha vissuto una crescita esponenziale per pulizia, qualità dei servizi e benessere totale”.

I vostri alberghi si servono di intermediari quali Booking e Trivago? Chi sono e da dove arrivano i vostri clienti?
“Ormai è impossibile prescindere dalle O.T.A (online Travel Agency) che veicolano la clientela. Inoltre quest’ultima si muove anche per conto proprio dunque va seguita. Nel caso del The Pantheon che è un albergo del circuito Marriott la clientela ha accesso a dei programmi di fidelizzazione garantiti dal circuito mondiale però la nostra tendenza è quella di comprimere quanto più possibile il ricorso alle OTA che sono uno strumento valido ma sarebbe sbagliato considerarle o trasformarle nell’unico canale di garanzia di occupazione di un albergo. Nei 4 stelle i nostri clienti sono per la maggior parte europei e asiatici. Invece il 5 stelle è richiesto soprattutto da americani anche perché facendo parte del circuito Marriott il maggior bacino di utenza è gli Stati Uniti”.

Fatturato?
“Non amo parlare di numeri, perché non si riduce tutto ai numeri, ma nel nostro caso posso dire che siamo passati da zero a…quasi 45milioni di fatturato in sei anni, cioè da quando è iniziata questa avventura. In media, per ogni anno il fatturato è stato di 7 milioni di euro, ma l’incremento reale è stato superiore”.

E tra 10 anni dove sarà il gruppo Tridente?
“Proprio perché quello che mi interessa non è solo aumentare il fatturato, a questa domanda rispondo che vorrei aumentare le experience e diffondere una cultura dell’ospitalità e della valorizzazione degli asset. Questo è il mio vero obiettivo nel prossimo futuro. L’ambizione è quella di dire qualcosa di nuovo, dopo essere partiti da un ambito locale, essere passati a quello interregionale, internazionale e chissà, ne viene fuori un progetto molto ambizioso. Certo. Se si vuole partecipare alla Champions League bisogna adeguarsi e dotarsi degli strumenti necessari per partecipare e puntare a vincere. Bisogna crederci sin dall’inizio, non arrendersi e pensare “mai dire mai”. Quando partecipai alla competizione per l’aggiudicazione dell’immobile dove oggi sorge il The Pantheon, io ero piccolo piccolo in confronto ai miei competitor, tutti validi e determinati a prenderselo. Qualcuno parlando tentò di scoraggiarmi dicendomi che tanto non ce l’avrei fatta ed io ebbi la reazione contraria, diventati sempre più determinato ad aggiudicarmelo e alla fine ci riuscii, mi sentii come Davide contro Golia. In conclusione le dico che la cosa che mi sta più a cuore è cercare di fare la differenza come gruppo imprenditoriale e a livello personale. Un grande viaggiatore di fine ‘800 scrisse a proposito di Roma “triste è quel popolo non già che non abbia mai conosciuto la bellezza, ma che avendola conosciuta la vede deperire giorno per giorno”. Ecco io vorrei riuscire insieme a tutti quelli che la pensano come me, che hanno volontà e passione, ad invertire la rotta sulla decadenza di Roma e ritorni a splendere più bella di prima”.