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L'intervista

Il fenomeno Franciacorta e la “corsa alle bollicine”: “Ma non tutti possono fare buoni vini”

10 Giugno 2017
Francesca_Moretti_e_Mattia_Vezzola Francesca_Moretti_e_Mattia_Vezzola

L'intervista a Mattia Vezzola, enologo di Moretti che ha presentato due nuove etichette: “I danni delle gelate ci fanno capire che non dappertutto possono essere impiantate nuove vigne”


(Francesca Moretti e Mattia Vezzola)

di Michele Pizzillo

La parlantina è piacevole. La competenza è indiscutibile. A queste due caratteristiche vanno aggiunte una bella affabulazione e la fortuna di lavorare con un uomo innamorato della propria terra. Non ci poteva essere incontro migliore, nel 1981, in Franciacorta, per fare decollare una straordinaria terra da vino che aspettava solo di essere valorizzata. 

Che fortuna, è proprio il caso di sottolinearlo, per la Franciacorta annoverare fra i propri fan Vittorio Moretti e Mattia Vezzola: l’imprenditore che voleva produrre grandi spumanti e l’enologo che ha la competenza giusta per soddisfare le sue aspettative. E ha ragione Vezzola ad elogiare il Moretti sempre pronto a tirare fuori i soldi quando c’è da investire per migliorare la vigna o ammodernare la cantina, potenziare la ricerca o sostenere il brand Franciacorta sui mercati esteri, ma, anche a costruirsi da solo le presse per la lavorazione delle uve. A parlare di tutto questo e dei due nuovi spumanti, motivo della visita a Bellavista – questo il nome dell’azienda fondata da Vittorio Moretti nel 1977 a Erbusco – “Meraviglioso” e “Bellavista Vittorio Moretti 2008”, Vezzola – non lo diciamo per piaggeria ma per constatazione personale –  ti inchioda alla sedia per ore, senza stancarti. Per fare qualche domanda – che non aggiungerebbe niente all’economia del discorso, perché il bravo enologo ha la capacità di dire tutto quello che è utile per capire il successo del Franciacorta – bisogna coglierlo in un raro mento di pausa. Così, proviamo a provocarlo con la considerazione che, forse, al Franciacorta manca una sorta di leader trainante così come c’è per le bollicine trentine. “La nostra realtà è un po’ diversa – risponde l’enologo di Bellavista  – perché sono diverse le aziende che potrebbero avere un ruolo da leader. Ritengo che sia meglio l’attuale status quo. Così, quasi alla pari, si possono decidere tutte quelle azioni necessarie per rafforzare l’immagine della Franciacorta perché l’unico patrimonio è il territorio”.


(Bellavista Meraviglioso)

Quindi, tutto bene?
“No. Secondo me è necessario pensare ad una sorta di intervento culturale che rafforzi nei franciacortini, ma anche negli italiani perché dovrebbe essere diffuso in tutto il Paese, l’innamoramento per la propria terra. Dovrebbe ebbe quasi una materia del programma scolastico cominciando della scuola per l’infanzia e sino all’università, affinchè quello che produciamo possa essere recepito come prodotto eccellente. Eccellente, d’altronde lo è, ma non sufficientemente sostenuto e difeso dai consumatori”.

Basta solo questo al Franciacorta?
“Altro no. Manca un qualche valore sociale o meglio, una struttura che tuteli gli interessi dei piccoli, se si vuole mantenere alto il valore delle produzioni di queste terre, non dico una cantina sociale, ma  una struttura che riuscisse a fare da “ammortizzatore sociale” enologico per mantenere i prezzi alti. I prezzi delle uve devono restare alti e non devono scendere, se deprezziamo la materia prima ci troviamo le bottiglie a prezzo stracciato. Non è una bella immagine per un vino che costa molto per farlo bene”.

Il prezzo è importante per il Franciacorta, allora?
“Il prezzo è importante per assicurare la giusta remunerazione ai contadini e a chi ha investito per gestire vigne e cantine che devono produrre grandi vini. Sono quelli che costano molto, che mantengano il prezzo alto per diversi anni, e che lo stesso prezzo venga accettato pure dai mercati esteri. Tutto questo lo possiamo ottenere se produciamo vini che hanno una vita lunga. In Franciacorta siamo in condizione di fare queste bollicine”.


(Vigna Uccellanda)

L’esempio sono i calici di Meraviglioso e di Vittorio Moretti 2008 che si alternano nel corso della chiacchierata con Vezzola. Vini ottenuti da uve mature, selezionate in vigne che hanno superato i 25 anni di età. Sulla maturità delle uve ritornerà spesso Vezzola durante il nostro incontro ad Erbusco. Sfatando anche qualche concetto spesso ripetuto senza riflettere molto come quello che il vino buono si fa in vigna. Dice Vezzola: anche il branzino cresce nel mare, poi ci vuole la padella per renderlo commestibile e lo chef per renderlo appetitoso. E qui viene fuori l’enologo che prima di farsi convincere a Moretti ad interessarsi della sua azienda lavorava per una ditta tedesca, la Seitz, specializzata in attrezzature enologiche, che gli ha permesso di seguire l’evoluzione della zona. Ricorda Vezzola: “Nel 1981 Vittorio Moretti mi ha chiesto di occuparmi di Bellavista, fino al 1984 come consulente, poi come dipendente. Nel 1981 l’azienda di Moretti aveva meno di cinque ettari, oggi 209, distribuiti in diversi comuni”.  Cioè, 224 micro particelle, 64 tipi di suoli, in 13 comuni della Franciacorta, compreso quella che è considerata la più bella vigna del mondo, Uccellanda (4,14 ettari coltivati esclusivamente a Chardonnay, nella frazione Nicoline del comune di Cortefranca, in uno dei versanti  più luminosi e assolati della Franciacorta). 

E non tutte le contrade sono state colpite dalla terribile gelata della notte tra il 17 e il 18 aprile. Che per la Franciacorta, se non ci saranno altre avversità atmosferiche, vorrà dire un calo produttivo di almeno un quinto. “Se tutto va bene, il recupero ci potrà essere già con la vendemmia 2018”, dice Vezzola. Che, da professionista schietto e capace di saper controllare le avversità, avverte che a volte le “maledizioni del Padreterno che ci arrivano attraverso le avversità atmosferiche, ci fanno capire dove vanno piantate le vigne, a delineare i luoghi più adatti per questo o quel vitigno. La gelata la vedo come un avvertimento per coloro che come vedono un po’ di terreno libero, piantano vigne. Non è così che si può fare enologia di qualità”. Tra l’affermazione che la qualità del vino è assicurata dall’uva raccolta alla giusta maturazione, possibilmente proveniente da vigne che abbiano superato i 25 anni di età; le buone pratiche di cantina; la cura del vino che sta affinando in bottiglia; c’è da aggiungere la location della vigna. Un problema, questo, che seguendo i consigli di Vezzola, si può risolvere con estrema facilità, per non cadere nell’errore di impiantare vigna in ogni terreno che capita sottomano, solo perché in determinate contrade italiane il prezzo delle vigne lievita, “senza dimenticare che se un’area non è vocata, non ne vale la pena impiantare vigne, si rischia di essere puniti da Dio, scherza Vezzola.  

Riflettendo bene, non è proprio il caso di forzare la mano alla natura. Considerazione che prima dell’arrivo in cantina ha fatto Alessandro Bolzoni, responsabile della conduzione agronomica delle tenute di Bellavista, portandoci a fare vedere i danni provocati dalla gelata che nessuno, in zona, ricorda così violenta. E, poi, se si impiantano vigneti in aree veramente vocate, tutti potrebbero avere la possibilità di produrre vini o bollicine come quelli di Bellavista, che oltre a conservarsi bene per lungo tempo, a non perdere nessuna caratteristica anche dopo molti anni, deprezzati.