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L'intervista

Luca Maroni: “Il successo di un vino? Dipende dalla sua piacevolezza”

18 Febbraio 2020
Luca_Maroni Luca_Maroni


(Luca Maroni)

di Marco Sciarrini, Roma

Becchiamo Luca Maroni in uno dei pochissimi momenti di pausa della quattro giorni della sua manifestazione, “I migliori vini italiani”.

Allora Maroni, ormai siamo alla XXI edizione della sua manifestazione e alla presentazione della sua guida, quali sono le sue impressioni?
“Prima ancora di parlare di questa manifestazione, sono già alla degustazione dei primi vini 2019 per la prossima guida e devo dire che posso riscontrare un aumento sostanziale della qualità rispetto alla 2017 che non è stata un’annata delle migliori del Millennio e la 2018 nonostante sia stata abbondante come quantità. Grandi profumi, grande morbidezza, grande forza ed equilibrata tra questi tratti. Tornando all’evento di Roma, ormai tutto è abbastanza consolidato. Riuscire oggi a riunire 130 aziende è già di per sè un grande risultato anche perché racchiude tutto il panorama nazionale e, tra gli eventi sviluppati da privati in Italia, è uno di quelli più fruibili per il consumatore. La risposta del pubblico è ottima e i produttori li vedo molto presi”.

E’ di questi giorni la notizia di quello che sta succedendo in Cina. Come pensa si possa ripercuotere sui produttori italiani?
“E’ inutile nascondersi. Questa situazione avrà delle ripercussioni importanti sul mercato del vino. Una ventina di giorni fa sono stato sia in Cina che in Vietnam ed ho registrato un entusiasmo per i prodotti italiani spettacolare. Però oggettivamente si assisterà ad una diminuzione dei consumi. Ma dopo una notizia un po’ brutta dall’Oriente, possiamo però sorridere ad un’altra  proveniente dall’Occidente relativa alla mancata applicazione di dazi da parte degli Stati Uniti sui prodotti italiani, grazie alla buona diplomazia”.

Riguardo la manifestazione, c’è qualcosa di cui va fiero rispetto alla qualità che ha premiato?
“Nel 1995 ho presentato una novità, che è stata avversata e perfino odiata, perché ho segnalato che la qualità di un vino non è da ricercare in doti extrasensibili, ma nelle sue doti sensoriali, nelle doti che qualsiasi persona, prescindendo dal suo livello di conoscenza e competenza tecnica del vino, potesse sentire. E per questo sono stato tacciato quasi di eresia, sono stato oscurato. Ora invece ci si sta accorgendo che il successo del vino è direttamente e linearmente proporzionale alla sua piacevolezza: se un vino è buono si beve e viene ricomprato; se un vino ha qualche aspetto organolettico che lo rende poco piacevole non si vende e quindi la consapevolezza di questo sta orientando il produttore ad assumere una serie di comportamenti tecnici, vuoi agronomici vuoi viticoli, che spingono il vino naturalmente a rendersi diversamente piacevole. E' come se si fosse invertito il senso di rotazione di una entità. Il frutto ha tutto. La tecnica di oggi ci consente di trasferire in fase liquida ciò che è solido senza alterare la piacevolezza nell’uva. Ho cominciato questo lavoro qundo tutti dicevano che il grande vino si fa in vigna. Giusto. Allora deve sapere di frutto. Ora constatato che il vino deve essere bevibile, tutti i produttori si stanno orientando verso questa filosofia e la gente beve e risponde”.

Fra i suoi progetti, c'è quello della valorizzazione dell’opera di Leonardo in primis. Ci sono delle evoluzioni?
“Leonardo ha maturato quella sensibilità essendo nato in un punto della Toscana, il Montalbano versante Vinciano, dove la natura, che poi fa la qualità dell’uva e quindi del vino, era superiore. Ho portato, nell’anno del cinquecentenario Leonardiano, i produttori di quell’area a rivalutare in modo straordinario la qualità dei frutti e quindi dei vini del Montalbano. Questo è un monte bifronte, nel senso che c’è il versante Vinciano che degrada e decliva dai 680 metri dell’apice verso la terra guardando ad Empoli, Pisa e quindi Livorno risentendo delle correnti calde marine, in cui si producono grandi Syrah e grandi Sangiovese. Nel versante che va invece verso Firenze, c’è una delle denominazioni più fauste e più antiche d’Italia, il Carmignano, che già nel 1776 dal Granduca Leopoldo di Toscana fu indicata come una delle zone migliori di coltivazione. Quindi trovo che il Montalbano ha in sé quei caratteri sia territoriali sia di qualità e anche di trasformazioni che ha esaltato e viene esaltato in questo anno Leonardiano. Sono convinto che due saranno le zone in Toscana che in futuro si affermeranno: il Montalbano dei suoi due versanti e la Maremma”.

Siamo stati testimoni della sua manifestazione dello scorso anno presso l’orto botanico nel centro di Roma dove, con un suo progetto, ha portato a piantare tutti i vitigni autoctoni italiani. Come sta procedendo?
“Benissimo. Ora c'è una novità editoriale. Dopo 30 anni ho capito che era il momento di fare un libro in cui i vini non venissero ordinati per punteggio, ma venissero ordinati per tipologia e vitigno. Quindi la novità editoriale che quest’anno ho proposto è i primi vini italiani per vitigni e tipologia perché le persone tanto più sono lontane dal vino più vanno al nome del vino. Qual è il miglior Chianti? Qual è il miglior Amarone? Noi abbiamo 137 varietà di frutto che si trasformano in vini diversi. Quindi raccontare i migliori per vitigno e per tipologia penso che sia una scelta utile per poter fruire degli aspetti più compositi e complessi. E il mio annuario è necessario per essere deduttivi. Il pubblico che ama essere destituito da competenze tecniche ha come unico aggancio il nome dell’uva. E quindi fare un libro con le migliori uve è unico”.