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L'intervista

“Le stelle? Non ci penso. Dalle melanzane ai capperi, non rinuncio ai gusti siciliani”

30 Giugno 2017
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L'intervista allo chef più stellato d'Italia, ieri protagonista al Charleston con una cena esclusiva


(Enrico Bartolini con gli chef del Charleston Angelo Gervasi e Santino Corso)

“Riuscite a sentirmi? Lo so che la mia voce è un po' bassa”…

Braccia conserte, sorriso quasi imbarazzato. Lo chef Enrico Bartolini ha appena terminato con successo la sua cena al Charleston di Palermo (leggi qui). Dopo i complimenti e gli applausi di rito, si concede ai taccuini dei giornalisti. “Essere quei stasera è un onore”, dice lo chef più stellato d'Italia. A proposito di stelle, tutto questo firmamento non la preoccupa? “Se devo essere sincero prima avvertivo un po' di pressione – racconta lo chef – adesso, però, grazie ai miei collaboratori, la paura è passata e si pensa già a cose nuove”. Già perché lo chef nel suo discorso in sala non parla mai di passato e presente. Parla di futuro, di progetti, di novità. Gestisce sette ristoranti, tre di questi sono all'estero, a Dubai, Abu Dhabi e Hong Kong. Poi il Mudec a Milano (“la mia vera casa, dice Bartolini), il Casual a Bergamo alta, il Glam a Venezia e la trattoria Enrico Bartolini a Castiglione della Pescaia in provincia di Grosseto. Ma come fa? “Dormo poco – dice sorridendo – Poi ho tanti bravi chef che fanno le mie veci”. Si parla della cucina italiana: “Qui è davvero impossibile mangiare male – dice – Devi proprio impegnarti per preparare piatti brutti”. In Sicilia c'era già stato, mai a Palermo: “Città meravigliosa”. Ma della Sicilia ama i suoi gusti e i suoi prodotti. “Dalle mandorle di Noto ai capperi di Salina e Pantelleria, gli oli siciliani, il pomodoro, le olive, l'uvetta – racconta lo chef – sono solo alcuni dei prodotti siciliani che non mancano mai nei piatti. Devo ad un siciliano la mia meticolosità nell'assaggiare i prodotti e scegliere con cura i sapori: Corrado Assenza (Caffé Sicilia di Noto, in provincia di Siracusa)”.

Nei piatti rimanda anche alla sua infanzia. Come i bottoni con salsa di caciucco: “Lì c'è tutto il mio essere bambino – racconta lo chef – di quando un piatto di caciucco, così pregiato per quei tempi, era un modo per papà di festeggiare qualcosa. A quei tempi, simili piatti così opulenti, erano rarissimi. Io ho voluto riprodurre quei sapori”. Ama i sapori delle verdure “pur non essendo vegano”, adora la parmigiana di melanzane “ma non si può mangiare tutti i giorni”, ed è tipo da sapori semplici: “Datemi del buon pane con olio e acciughe, che sono la mia passione, ed io sono felice”. Proprio nell'ultimo periodo ha scoperto l'importanza delle verdure e della frutta. “Quando assaggio della frutta dolce al punto giusto o della verdura croccante, magari con una nota terrosa, mi emoziono più di quando mangio della buona carne”. Alla cena del Charleston con lui c'erano gli chef Salvatore Amato e Michele Panzeri.

G.V.