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L'intervista

Teseo Geri, il bevitore “da marciapiede”: “Sono il talent scout dei vini diversi”

07 Ottobre 2021

Gli piace la definizione di “bevitore da marciapiede”.

Ma in realtà Teseo Geri è molto di più. E’ un grande sommelier che ha lavorato almeno in 17 ristoranti, ma anche produttore di vini e agente di commercio di alcuni vini del mondo. Oltre ad essere l’ideatore del format Vini Migranti andato in scena a Firenze nel gennaio 2020 e che riproporrà sempre nel capoluogo toscano a gennaio 2022. La passione per il vino nasce nel 2003, con Veronelli, racconta. “Veronelli stava continuando il suo progetto di Critical Wine che coinvolgeva piccoli vignaioli”. A quei tempi venivano considerati “piccoli” gente del calibro di Josko Gravner, Walter Massa, Marco Sara, Roagna, Cantina Giardino: “Si tratta di vignaioli che frequentavno contesti alternativi”. Lui stava preparando la sua tesi di laurea in economia proprio su questo progetto “e da lì ho iniziato a voler mescolare i miei studi con il mio lavoro”.

La strada all’inizio è stata complessa. Perché Teseo vince l’Erasmus in Inghilterra e per pagarsi gli studi faceva anche il cameriere. “A pensare a quei tempi mi viene da sorridere – dice – Veronelli mi definì il social sommelier, quando i social non esistevano. Io mi definisco un bevitore di strada, da marciapiede. Ora la mia attività principale è quella di importare vini”. La sua agenzia si chiama “Tanta roba” e al momento ha 16 referenze in catalogo: “Sono un vero e proprio talent scout dei vini – dice – Ho deciso di voler selezionare i vini non in maniera verticale come fanno tutti e quindi seguendo i paesi da sud a nord, ma orizzontale”. E quindi ecco i vini della Palestina, del Libano, del Messico, “vini da gusto e canone diverso da quello a cui siamo abituati”, dice. E poi prosegue: “Siamo in una fase storica in cui si tende a diffidare da quello che non conosciamo – dice Teseo – Il vino che ho io in catalogo è diverso rispetto a quello europeo. In Messico la volatile è diversa, così come lo sono i vini libanesi prodotti a 1.200 metri di altezza. Perché ovunque nel mondo ci sono contesti climatici e ambientali diversi. I vini allora vengono diversi ed è giusto che nessuno di questi scimmiotti i nostri. Ci deve essere promiscuità”.

E lui di diversità ne sa qualcosa: “A gennaio del 2020 abbiamo organizzato la prima edizione del festival dei vini migranti – dice – Un progetto che voglio riprendere. Lo faremo a Firenze nel 2022 e poi a Stoccolma. Il messggio che vogliamo trasmettere è quello che il vino non ha confini, unisce storie, permette integrazione, permette la conoscenza di vini stranissimi”. Per Teseo i vini più buoni sono quelli che “esprimono un territorio”. E oggi non è proprio così. “Permettetemi di dirlo in maniera diretta – dice – Oggi in Italia sono arrivati troppi barbari, citando Baricco, che vogliono imporre un nuovo modello. Ma nel nostro paese manca un rivoluzionario, qualcuno che mette elementi nuovi. Invece si va solo a rincorrere il mercato. Servirebbe una persona che interpreti il territorio, che lo metta in bottiglia per come lo vede lui. Invece tutti seguono il mercato. Ma lo dico a livello mondiale. Si va a cercare equilibrio dove non c’è. Invece bisogna abituarsi a bere vini diversi. Manca la visione, il vedere oltre. C’è troppo appiattimento. I vini si assomigliano tutti. Un settore che si sta un po’ omologando”. E sui vini naturali chiosa: “Io sono per non dare definizioni – dice – Invece è il solito problema degli italiani che cercano di definire tutto. Dovremmo fare un po’ come i francesi. Lì non se lo sono mai chiesto cosa sono i vini naturali. Io sono per il super naturale. Ma anche i convenzionali in cui emerge il vero terroir. Non voglio sembrare democristiano, ma credo che il vino oggi debba puntare su questo: rappresentare la nostra biodiversità”.

Fabrizio Carrera e Giorgio Vaiana