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L'intervista

Vittorio Ferraris (UnionBirrai): “Tre richieste per non far morire il nostro comparto”

12 Maggio 2020
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di Andrea Camaschella

Abbiamo “incontrato” telefonicamente Vittorio Ferraris in questo periodo complesso e particolare per sapere da lui come si sta muovendo il mondo delle birre artigianali.

Vittorio è socio fondatore del birrificio Sant’Andrea di Vercelli e presidente, appena riconfermato, di UnionBirrai, ed è lui direttamente a spiegarci che “UnionBirrai è nata agli albori del 2000 come associazione culturale, con produttori, appassionati, produttori casalinghi, degustatori. Negli anni è stata fondamentale per diffondere la cultura sulla birra artigianali. Dal 2016 ha cambiato lo statuto e l’associazione è diventata il sindacato dei birrifici italiani. Era un’esigenza che i birrifici sentivano fortemente ed era oramai strettamente necessaria. Oggi UnionBirrai è dunque l’associazione italiana di categoria dei piccoli birrifici indipendenti italiani e raccoglie 390 associati, circa il 40% dei produttori a livello nazionale. Io ricopro la carica di direttore operativo e presidente del CdA”.

Entriamo a questo punto nel cuore dell’attualità: cosa chiederesti a Conte se lo avessi davanti in questo momento?
“Quello che abbiamo già chiesto: noi non siamo produttori nel settore agroalimentare, occorre identificare il comparto in un gruppo di aziende particolarmente colpito che necessita di un aiuto particolare, un finanziamento a fondo perduto, perché solo così ci sarebbero speranze di ripresa. La birra è un prodotto deperibile e non è possibile posticipare le date di scadenza del prodotto, cosa che può valere per le grandi industrie. Questo sarebbe il momento fondamentale per i birrifici, di grande produzione dopo una lieve flessione nei primi mesi dell’anno, per prepararsi a fiere, eventi, sagre, festival, l’apertura della stagione estiva e il decollo delle località vacanziere”.

Quindi in 3 punti cosa avete chiesto?
“1: finanziamento a fondo perduto per riconoscere la perdita del prodotto deperibile secondo un banalissimo algoritmo proporzionato alla produzione e al deperimento per mesi (i parametri sono le date di scadenza da 6 a 12 mesi, il periodo di blocco di 3 mesi) che porta a una perdita di prodotto, su base annua, tra il 25 e il 50%; 2: un vademecum sulla ripresa della filiera. Siamo fortemente preoccupati e molto vicini ai pub e ai distributori, occorre farli ripartire, per loro abbiamo chiesto grande flessibilità e libertà, con plateatici gratuiti e diffusi e altre concessioni fondamentali per farli ricominciare a lavorare; 3: la promozione del “bevo italiano” per chiarire anche cosa è davvero italiano, facendo attenzione a non fare la volata per l’industria straniera, a marchi come Peroni, Moretti, Poretti, Nastro Azzurro che sono di proprietà di multinazionali straniere. Non abbiamo chiesto, perché sappiamo che tanto è inutile, la sospensione di tasse e tributi”.

In questo momento storico, il Birrificio Sant’Andrea può essere un po’ lo specchio del movimento della birra artigianale italiana: come sta andando, cosa sta facendo, cosa farà?
“La situazione è davvero critica, il mondo artigianale è in blocco quasi totale, lo sfocio normale sul mercato è il mondo horeca che ora è inattivo, fermo. Negli altri canali di mercato la presenza è quasi nulla. Attrezzarsi per la vendita diretta al consumatore privato è stato per molti birrifici l’unico modo per non restare totalmente fermi, ma porta circa il 10% del lavoro precedente al lockdown, cioè tra l’85% e il 90% in meno di fatturato. Abbiamo, come UnionBirrai, somministrato un questionario agli associati e questo è il dato generale che ne è emerso”.

La birra artigianale, salvo rare eccezioni, si è trovata in questa situazione senza e-commerce e senza sbocchi in Gdo. Se i birrifici ci avessero pensato prima forse la situazione sarebbe meno drammatica? Ritieni che siano sbocchi necessari per il futuro?
“La birra ha di base un’idea di socializzazione, è la bevanda sociale per eccellenza. Quindi prevede la somministrazione al consumatore attraverso locali specializzati o anche diretta nel caso di brewpub (birrifici con un pub, un vero e proprio locale di somministrazione, annesso) o taproom (piccoli locali di mescita all’interno del birrificio) e il movimento è nato poco più di venti anni fa proprio su queste basi, con la mescita diretta dei birrifici. Le strategie di vendite sono destinate a cambiare così come sta cambiando – violentemente vien da dire – la struttura sociale: stanno aumentando i consumi casalinghi. La Gdo ha registrato un aumento nelle vendite di birra artigianale tra il 10 e l’11%”.

Il movimento era poi così in forma prima del lockdown?
“Il movimento, a livello economico, non è mai avanzato pari alla crescita (in parte anche modaiola) del comparto. Sono cresciuti, di numero, i birrifici arrivando agli oltre 900 di oggi, ma il comparto artigianale ha faticosamente raggiunto il 3,5% dei consumi di birra (birra in senso lato, artigianale, industriali e finta artigianale) e va anche considerato che i consumi italiani sono attorno ai 33 litri procapite, cioè quasi nulla. Oltretutto questa pandemia è arrivata proprio quando la curva di crescita del numero dei birrifici stava subendo una flessione, cioè quando sarebbe stato il momento di consolidare”.

In grave difficoltà ci sono molti locali, pub, wine bar. Cosa diciamo a questa gente?
“E’ stato fatto un tavolo perché UnionBirrai crede fortemente in loro, si è scritto un documento in cui è diamo indicazione agli associati su come muoversi senza scavalcare la filiera, per trovare le modalità per lavorare sul territorio e per essere vicinissimi a loro”.

Hai davanti tanti appassionati, tanti beerlover: cosa gli dici?
“Gli dico grazie. Non posso che ringraziarli, hanno risposto in modo entusiasmante, sono la salvezza del comparto, ci stanno sostenendo. La birra artigianale, la poca che si può trovare per ora, sta vendendo il 10-11% in più in Gdodall’inizio del lockdown, vuol dire che molti appassionati oltre a ordinare direttamente dai birrifici stanno acquistando anche nei supermarket”.

Perché bere birra artigianale italiana?
“Perché è un’ottima scelta, per avvicinarsi a un mondo tutto da scoprire: la birra artigianale permette di scegliere, di scoprire cose nuove, nuovi sapori, fa uscire da un mondo piatto ed entrare in un mondo di emozioni”.