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Birra della settimana

La birra della settimana – Otella di Menaresta

27 Novembre 2022
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di Simone Cantoni

Non una Oud Bruin né una Flemish Red; ma qualcosa che al genere Flanders Sour Ale guarda da vicino, negli esiti sensoriali, pur raggiungendoli in un modo tutto suo.

È la “Otella” firmata, a Carate Brianza (nel Monzese), dal marchio “Menaresta”: protagonista di questo nuovo appuntamento con “Una per tutto, tutto per una”, la nostra galleria di “ritratti birrari” dedicati, ciascuno, a una singola etichetta, per metterne in luce le caratteristiche e, in particolare, le inclinazioni in tema di abbinamenti gastronomici. Un territorio, quello delle “combinazioni in tavola”, sul quale la bevuta di oggi si rivela versatile e divertente.

LA “OTELLA” ALLO SPECCHIO
Il suo “battesimo” non mente: il nome si rifà a quello della “Torta Otello”, i cui ingredienti cardine (cioccolato e amarene), ne determinano un profilo organolettico che questa birra intende richiamare con lucida intenzione. In che modo? Partendo dalla ricetta di una Brown Ale, ma arricchendola con polpa di carrube (il cui gusto ricorda fortemente quello del cacao, tanto da costituirne uno storico succedaneo); per poi farla affinare in botte, con voluti sviluppi contaminativi; e infine aggiungendo, alla massa liquida, l’ulteriore additivo di un bel corbello di ciliegie. Risultato? Colore bruno attraversato da riflessi vinosi (da Barolo) e bordato da schiuma nocciola. Aroma esso stesso “enologico” e “dolciario”, che occhieggia in varie direzioni: i grandi classici liquorosi (lo Sherry Palo Cortado, ad esempio); il filone “naturale” (con nitidi spunti brettati e lattici); le amarene sotto spirito e gli aceti balsamici; alcuni cioccolatini intramontabili quali il “Boero” o il “Mon Chéri”. Quanto alla condotta palatale, la bevuta risulta affilata (incisiva l’acidità) e insieme setosa (7 i gradi alcolici, abboccato l’avvio); si rivela lunga nella persistenza; e procede intonata al già descritto tratteggio olfattivo, integrandone la trama, nel post deglutizione, con impressioni mandorlate ed erboristiche. Una personalità complessa, insomma; alla quale abbiamo affiancato tre piatti tra loro assai diversi.

CON IL RISOTTO
Partenza già sostanziosa: un risotto preparato, sulla base di un soffritto di cipolla, gestendone la cottura con l’aggiunta di vino rosso (all’inizio, per sfumare); poi, via via, di brodo vegetale; e ancora, a metà percorso, di un frullato di frutti di bosco (more, lamponi, mirtilli, ribes nero o rosso). Infine, a completare l’opera, la manteca con una fonduta (approntata in parallelo) di Taleggio e burro. Risultato? Una portata di caratura grassa e amidacea, ben fluidificata dalla vigorosa combinazione (in dote alla birra) di bolla, alcol e acidità; un boccone dolce-sapido, rispetto al quale l’impianto dolce-acido della “Otella” non va in contrasto, bensì in piacevole allineamento; un primo piatto i cui profumi si saldano in continuità olfattiva con quelli espressi dalla bevuta.

CON IL CINGHIALE
Secondo giro di giostra ovviamente “a crescere” nella densità sensoriale. Una coscia di cinghiale marinata con chiodi di garofano, cipolla, carota, sedano, alloro, pepe, vino bianco e aceto; quindi cotta – aggiungendo, passo passo, lo stesso liquido di macerazione – per un’oretta su un soffritto di cipolla in extravergine; quindi guarnita, per poi procedere agli ultimi 10 minuti sulla fiamma, con cioccolato fondente in scaglie e prugne disidratate senza nocciolo. Si ha di fronte, di nuovo, un boccone dolce-sapido e dotato di più che discreta “carrozzeria” lipidica: connotati rispetto ai quali la birra interviene con le stesse dinamiche combinative già viste positivamente in atto nel corso dell’abbinamento precedente. Parimenti interessante, inoltre, il gioco dei richiami olfattivi: un gioco non perfettamente coincidente (ma decisamente assimilabile nella parte fruttata), al quale chiaramente giova la “consanguineità torrefatta” fra il cacao del piatto e la carruba del bicchiere.

CON LA CROSTATA MORBIDA
Dulcis in fundo, un dessert: per la precisione, una crostata morbida. Il cui canestrino è impastato con cioccolato fondente, burro, farina, uova, zucchero e lievito; il cui ripieno è preparato con ulteriore cioccolato, ma al latte, e panna fresca; la cui guarnitura è affidata a un panierino di bacche rossi e neri: lamponi, more e mirtilli, ad esempio. Sì, è così: un fine pasto quasi cucito su misura per la nostra “Otella”: la quale, di nuovo, scava e scioglie la materia grassa del boccone; e di nuovo ne riprende (per familiarità, se non per identità) le direzioni odorose con gli allineamenti cioccolato-carruba e ciliegia-frutti di bosco. E infine, sul piano gustativo, la birra vede amalgamarsi con risultati assai piacevoli il proprio impianto dolce-acido con la solida dolcezza della crostata…

Birrificio Menaresta
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