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Birra della settimana

La Birra della Settimana – Zest di Extraomnes

25 Giugno 2017
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di Mauro Ricci

La birra scelta questa settimana è la Zest (scorzetta/aroma) prodotta dal birrificio artigianale Extraomnes,una “belgian ale” felicemente reinterpretata. 

Il birraio è Luigi D’Amelio, conosciuto con il nomignolo di Schigi. Le sue birre, le birre di Extraomnes, hanno guardato e guardano verso una nazione birraria di elezione,il Belgio con interpretazioni fedeli agli stili di origine triple, saison, quadrupel. ecc, ma con la volontà di costruire birre con un profilo più attuale e accattivante, con l’utilizzo di luppoli di grande intensità aromatica e accorgimenti produttivi oggi possibili, mantenendo sempre “un’anima belga” nell’uso dei lieviti e delle fermentazioni. “L’educazione sentimentale alla birra” per Schigi è cominciata a 15 anni quando, a Milano prendeva il tram 8 fino al capolinea dove c’era una salumeria che vendeva la “Samuel Smith”. Quando poi Flavia Nasini aprì la sua bottega “a tutta birra”, Schigi ha avuto “una illuminazione” con le prime Rochefort e De Dolle, e sebbene avesse 20 anni, la mamma non vedeva di buon occhio che il figlio bevesse birra. Così Schigi nascondeva le bottiglie nell’armadio, per poi berle calde e spesso a canna. Capiva che c’era un mondo enorme dietro queste bevute, ma non aveva ancora i mezzi per esplorarlo. Intanto, “la scimmia” della passione per la birra si stava impadronendo di lui per non lasciarlo più.


(Luigi D'Amelio “Schigi”)

Segue un corso all’università della birra e, insodisfatto, si iscrive a uno dell’Ais, anche se si tratta in questo caso di vino, ma consente di padroneggiare la metodica dell’assaggio e gli strumenti dell’analisi sensoriale. Impara che un degustatore deve solo descrivere quello che c’è nel bicchere e non cosa è accaduto nella produzione. Questo errore è ancora frequente fra gli assaggiatori di birra. Si appassiona agli abbinamenti con il cibo, specie quello “povero” e sperimenta affiancamenti coraggiosi. E’ questa curiosità che una volta, ancora alle scuole medie anzichè la merenda preparata a casa, come gli altri si confeziona un panino con miele grezzo e tonno naturale. Il commento dei compagni è “Che schifo Luigi”,e quindi Schigi, dopo queste prime esperienze, prosegue nel suo apprendistato e comincia ad esibirsi nella guida a degustazioni pubbliche e tiene corsi sia sulla birra che sul vino.

E’ proprio l’attività didattica che lo porta ad avere l’incontro che genererà poi “Extraomnes”. Conosce i titolari della torrefazione “El Mundo” che sono allievi di un suo corso, alla fine del quale lo avvicinano, Annalisa ed Alesssandro Contadini e Andrea Giberti, titolari dell’azienda che gli propongono di fare la birra per loro. Alla risposta di Schigi che lui non sapeva fare la birra i tre controbattono che cercavano proprio uno che non la sapesse fare, raccontando che quando i loro genitori aprirono la loro torrefazione non sapevano fare il caffè. Approfondendo la conoscenza dei suoi imprenditori si convince che la proposta era sostenuta da una forte passione e che erano posseduti da una maniacale volontà di privilegiare su tutto la qualità delle materie prime, fatto per Schigi estremamente importante.

Ottiene grande autonomia e fiducia nel decidere e nell’impostare l’attività del birrificio: “Questo mondo lo conosco io e sono io che so cosa fare”. Passati i primi momenti di incertezza e lavorato alla messa a punto del progetto per due/tre anni a El Mundo si fanno prove su prove su un impianto da trenta litri. Finalmente nel 2010, ordinato un impianto su specifiche di Schigi, l’attività comincia. La “filosofia” del birrificio si poggia su un concetto molto importante, la birra deve essere un prodotto da bere con facilità e il motto è “la birra va solo bevuta”. La scelta delle bottiglie solo da 33 cl risponde a questa idea della facile fruibilità della bevanda. Tutte le birre di Extraomnes, anche le più complesse sono caratterizzate da una grande facilità di bevuta. Oggi fra birre di base, speciali ed occasionali la produzione vede una trentina di etichette. Nei progetti del birrificio c’è quello di concentrarsi di più su birre da mettere in botte con fermentazioni miste, con batteri lattici e lieviti spontanei e stanno approntando la bottaia per avviare questo tipo di produzione.

La Zest nasce nel 2011 in occasione della partecipazione del birrificio alla sua prima manifestazione birraria per la quale si pensò di preparare una birra dedicata. “Abbiamo unito l’esperienza della conduzione di un lievito di grande classe come il Belgian Saison con un luppolo americano che nel 2011 faceva la prima comparsa in Italia e che mi aveva affascinato – dice Schigi – L’unione della secchezza e dello speziato che solo questo lievito, usato in maniera corretta, sa regalare, assieme al fruttato tropicale con accenni balsamici del luppolo (il Citra) conquistò il pubblico che la elesse la migliore birra del festival. Ancora oggi è la nostra birra più richiesta assieme alle Tripel. La ricetta è comunque molto semplice. La maggior parte delle birre che facciamo sono fatte con l’accurata scelta di un malto, un paio di luppoli e il lievito più adatto: in questo caso si tratta di malto Pils ,di provenienza belga, ammostato a temperatura controllata fino alla completa conversione per un obiettivo di un basso tasso zuccherino.

Alcuni dettagli: “Non effetuiamo il risciacquo delle trebbie in filtrazione, ma aggiungiamo tutta l’acqua nel filtro all’inizio del processo; questo comporta una resa inferiore, ma ci consente di non portare via dalle trebbie troppi tannini e sostanze astringenti. La luppolatura è fatta inizialmente con un luppolo, East Kent Goldings che di solito non viene usato nella fase di amaricamento, perché povero di sostanza specifica, gli alfa acidi. Abbiamo la convinzione che un luppolo con queste caratteristiche, anche se usato in grandi quantità rilascia alla birra un’amaro più gentile e non graffiante. Questo ha molti svantaggi dal punto di vista economico: più luppolo e più assorbimento del mosto, ma è una parte sulla quale non transigiamo. Finita la bollitura viene aggiunto il Citra in proporzione di sei chili per circa 2.000 litri di mosto”. Qui comincia una attività molto importante per lo sviluppo della Zest, la fermentazione; il lievito Saison viene immesso a ben definita temperatura e poi gli viene lasciata “briglia sciolta” con la possibilità di fermentare senza controllo della temperatura che può arrivare anche ai trenta gradi. Dopo un paio di giorni il mosto tende a raffreddarsi naturalmente, ma grazie ai nostri fermentatori e fondo piatto con base riscaldata non permettiamo alla birra, in fermentazione, di scendere sotto i 25 gradi, al di sotto dei quali questo tipo di lievito tenderebbe a mettersi la sciarpa e la maglia pesante e buttarsi a dormire, arrestando così la fermentazione e pregiudicando tutto il processo. Quando la birra raggiunge un preciso punto di evoluzione la travasiamo in un fermentatore pulito per lasciare il grosso del lievito e dei residui sporchi della fermentazione tumultuosa iniziale alle spalle. Nel nuovo tino finisce la fermentazione fino a raggiungere circa 5,3 gradi alcolici”.

La bottiglia della Zest è subito riconoscibile per il cane nero in campo arancione, immagine suggestiva e di buon impatto. Versata nel bicchiere la schiuma è abbondante, bianca di grana medio-fine, persistente. L’aroma è intenso complesso, va da un sentore di lievito e di fruttato, di pesca banana a un sentore balsamico, quasi di speziato. La bevuta è facile scorrevole, i sentori in bocca non ricordano il bouquet degli aromi; l’inizio comincia con note di malto, di pane subito seguite da un amaro aromatico e persistente che si bilancia bene con l’alcool; un senso generale di secchezza e astringenza ti accompagna fino alla fine, quello che gli anglosassoni chiamano  “harsch” che si cerca di lenire inutilmente bevendo. Coda lunga e durevole. Una birra piacevole adatta a molte cicostanze, da bersi liberamente in qualsisi momento, dissetante, adatta a molti affiancamenti con cibi anche impegnativi, promuove la convivialità e riscalda nella giusta misura gli animi. La Zest 33 cl costa 5 euro. 

Rubrica a cura di Andrea Camaschella e Mauro Ricci

Birrificio Extraomnes
21050 Marnate (Va)
Via Pertini, 578
0331 600426
www.extraomnes.it