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Birra della settimana

Quintessence, la festa di Cantillon a Bruxelles: tra birre, cibo e abbinamenti inusuali

20 Maggio 2018
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di Andrea Camaschella, Bruxelles

Vi ho lasciati a Cefalù, da cui sono precipitosamente partito per raggiungere direttamente Bruxelles. 30 gradi in meno, pioggia e vento. Fortuna che ho grandi amici lassù, come Andy Mengal del Moeder Lambic che mi ha regalato una felpa pesante e mi ha permesso di non congelare ai 5, sì, proprio 5, gradi della serata del 30 aprile. 

Non potevo però, freddo o non freddo, mancare l’appuntamento con la Quintessence, lo straordinario evento che ogni due anni Cantillon, lo storico birrificio di Bruxelles, organizza, in cui le sue birre vengono servite con abbinamenti gastronomici. Da alcune edizioni a questa parte l’evento prevede anche la presenza di uno o più birrifici ospiti. Quest’anno è stato il turno di uno straordinario birrificio nord americano, Hill Farmstead, di Shaun Hill. Grandi birrai, soprattutto conosciuti e stimati da Jean Van Roy, il mastro birraio di Cantillon.


(Andrea Camaschella serve Manuele Coonna – ph Gianni Boscherini)

Ecco le birre in degustazione: di Hill Farmstead Table Dorothy, Arthur, Flora, Flora BBRC e Citrus Coolship. Ed ecco la batteria di birre della casa: Gran Cru Bruocsella 2012, Vigneronne 2017, Brabantiae 2016 (in fusto), 50°N-4°E 2017, Gueuze 2004, Gueuze di 2-3-4 anni del 2011, Nuit Bruxelloise 2015, Lambic d'Aunis 2017, Zwanze 2015, Fou'foune 2017, Reine des Prés 2017, Magic Lambic 2018, Lou Pepe Kriek 2013, Lou Pepe Framboise 2018 (in fusto), La Vie est Belge 2016. Per gli appassionati, un sogno. E infatti i biglietti dell’evento sono “svampati” in pochi minuti, con avventori da ogni angolo del mondo. 


(Le mani di Carlo Fiorani che affettano il salame di sua produzione – ph Gianni Boscherini)

Dietro ai vari banchi la famiglia Van Roy, il personale del birrificio e del museo, ma anche tanti amici del birrificio, perché Cantillon è appunto questo, amicizia e condivisione: nelle giornate tranquille si apre qualche bottiglia e si fanno due chiacchiere, durante la Quintessence si servono birre e abbinamenti ai tanti avventori. Pubblico ordinato, educato, informato, consapevole e pronto ad assaggiare birre così particolari e uniche come quelle prodotte qui e a fare domande pertinenti, venendo incontro al gap linguistico: io non parlo fiammingo e col francese zoppico parecchio, per esempio, ma per fortuna la stragrande maggioranza dei visitatori parla un ottimo inglese (migliore del mio, ma insomma riusciamo a capirci). Molti sono anche i professionisti del settore, altri birrai, publican (tra cui segnalo Manuele Colonna, del romano Ma che siete Venuti a fa, Nino Maiorano del LambicZoon di Milano e Gianni Boscherini del Barbeer di Forlì che ha fatto anche da fotografo per l’evento), importatori, distributori, tantissimi gli appassionati. Quest’anno sono stato al banco con del Magic Lambic, il Lambic dedicato al Magic Land Théâtre.


(Jean Van Roy e Shaun Hill – ph Gianni Boscherini)

Il Magic Land è un teatro frequentato da Jean Van Roy e dalla sua famiglia; recentemente il Ministero della Cultura ha cancellato la “subvention de fonctionnement”, in sostanza i fondi pubblici che lo sostenevano. Jean ha così decise di riprendere e rivedere la ricetta della Zwanze 2016 per creare il Magic Lambic in sole 1000 bottiglie, i cui proventi sono destinati al teatro. La birra è composta per l’80% da Lou Pepe Framboise (una gran cru di Lambic di 2 anni con aggiunta di lamponi) e da un 20% di lambic ai mirtilli e, per smorzare un po’ l’acidità, da vaniglia bourbon del Madagascar. Ne nasce una birra di un bel rosso accesso, dai profumi delicati e intriganti, con la vaniglia ben amalgamata alle note fruttate. In bocca la vaniglia si impossessa del finale, guidando la bevuta e dominando il retrogusto. La finezza del lambic è davvero notevole, Jean ha cercato, nel blend, un grande equilibrio, un prodotto davvero intrigante, forse un pelo di vaniglia in meno sarebbe stato meglio, ma con la Zwanze era esattamente il contrario; vien da dire che la vaniglia è complicata da interpretare già in cucina, con il Lambic ancora di più.


(Simone De Feo, Jean Van Roy e Matteo Razzini – ph De Feo)

L’abbinamento proposto, per la Quintessence, con il Magic Lambic era con… il gelato! Ovviamente non un gelato qualsiasi, ma quello di Cremeria Capolinea, di Simone De Feo e del suo fedele scudiero, Matteo Razzini, preparato nel loro laboratorio di Reggio Emilia e servito direttamente da loro. Galeotto fu l’Arrogant Sour Festival (la cui prossima edizione si terrà dall’1 al 3 giugno) a Reggio Emilia: qui Jean ha scoperto i gelati di Simone, è stato nel suo laboratorio, ha apprezzato la scelta delle materie prime, il modo di utilizzarle – esaltandole – e soprattutto ha riconosciuto in Simone la stessa filosofia. Affinità elettive che hanno portato a questo abbinamento alquanto ardito, per la capitale belga. Gelato straordinario in generale quello di Cremeria Capolinea e in particolare a Bruxelles si sono presentati con quattro gusti: burro e acciughe, yogurt con amarene e rosmarino, zabaione (classico, al marsala) e mandorla salata con vaniglia. Io ho sviluppato negli anni una sorta di dipendenza alle alici del cantabrico e quindi il mio abbinamento perfetto era ovviamente col gelato burro e acciughe. Mi ha rincuorato ascoltare i clienti che, nella maggior parte e non condizionati da me, lo prediligevano a loro volta.


(Stefano di Trybeer Home e Caro Fiorani)

Un momento, quello della Quintessence, davvero bello, in un ambiente rilassato e tranquillo, dove persino i “nerd della birra” si sono rivelati persone tranquille, interessate e competenti ma mai pedanti, rispettosi della tradizione e delle altre persone. Un momento divertente e intrigante, viste le birre e gli abbinamenti. A proposito, oltre al gelato, ho ben impressi nella memoria i formaggi di Verò (non perdetevi il suo meraviglioso La Fruitière, in Rue du Marché au Charbon, a Bruxelles, con vendita al dettaglio di spettacolari formaggi, che potete anche consumare in loco accompagnati da vini o birre), un salmone marinato delicatissimo e il salame (e il pane) di Carlo Fiorani, un altro italiano (Carlo Eugenio Fiorani Impresa Agricola, Via Licengo, Castelverde, CR) che ha fatto breccia, grazie alla cura maniacale che dedica ai suoi prodotti, che sono quindi di livello altissimo. Fortuna che lunedì torno a Palermo, perché sono in astinenza da cose buone, da mangiare e da bere.

Rubrica a cura di Andrea Camaschella e Mauro Ricci