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La degustazione

Marco Rabino, Ca’ Bolani (Zonin): “Il Friuli può conquistare i mercati esteri con il Sauvignon Blanc, ma deve imporsi come modello”

01 Luglio 2014
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Da sinistra Domenico Zonin, Gabriele Carboni, Marco Rabino,
Roberto Marcolini, Stefano Ferrante

Il Sauvignon Blanc, la lingua con cui il Friuli parlerà ai giovani wine lover di tutto il mondo.

Immediato, piacevole, riconoscibile anche dai palati neofiti, può “essere la fortuna” di questa regione. Ne è convinto, ragionando da una prospettiva a larghi orizzonti, Marco Rabino, direttore della cantina Ca’ Bolani di Zonin, il più grande estate vitato della regione, 640 ettari.

E’ il vino che sta prendendo sempre più quota nei calici di tutto il mondo. Accanto ai modelli francesi di Bordeaux e Sancerre, e della Nuova Zelanda, un domani anche l’Italia, lo spera Rabino e a ragion veduta, potrà essere un nuovo punto di riferimento con il modello Friuli. “I livelli che abbiamo raggiunto qui sono alti – ci dice Rabino, incontrato alla Tenuta Ca' Vescovo, una delle tre sedi di Ca' Bolani, in occasione del blind tasting interno, a cui hanno partecipato anche critici e giornalisti, organizzato per studiare la potenzialità del vitigno nel territorio di Aquileia, fulcro del passato viticolo millenario di questa parte d’Italia, mettendolo a confronto con i medagliati al concorso mondiale del Sauvignon, con vini francesi e della Nuova Zelanda- Qui, per ora, si trovano Sauvignon diversissimi tra loro, ma siamo lontani dal mostrarlo come nostra bandiera. In fondo siamo relegati solo a due vitigni, il Friulano da un lato e il Refosco dall’altro. Ancora si deve fare strada se parliamo di Pinot Grigio e di Sauvignon Blanc”. Anche se quest’ultimo, nei tempi recenti, ha fatto passi lunghi tanto da avere ottenuto alti crediti al concorso di Bordeaux convincendo la stessa organizzazione a scegliere il Friuli come prossima sede, non basta per Rabino. “Dobbiamo puntare ad uno stile friulano. Tutti noi produttori dovremmo lavorare in quest’ottica e tutti insieme. Per esempio, nel caso dei vini francesi, se stappo una bottiglia di Bordeaux da mille euro o una da dieci riconosco sempre che si tratta di un Bordeaux. Per carità, abbiamo Sauvignon buonissimi, ma non esprimono al bicchiere un’identità ben precisa. Da questo punto di vista, siamo carenti”.

Sintetizzando: per Rabino il Friuli deve avere il suo vino ( il Sauvignon avrebbe il profilo ideale per la promozione al ruolo di ambasciatore). Che non significa azzeramento dell’unicità dei territori dove viene coltivato. “Però potremmo partire tutti dallo stesso modo di lavorare il vigneto, adottando concezioni di coltivazione uniformi, essere coerenti nel produrlo, nell’ottica di un'unica impronta, appunto”. Lo stile è ciò che può fare la differenza nel ring dei mercati esteri. Ed anche una unica certificazione a cappello, lo strumento a cui il Friuli del Vino sta pensando in questi ultimi tempi, per competere dal punto di vista della riconoscibilità. Infatti, il cantiere per la Doc Friuli è aperto, e probabilmente a fine anno potrà essere il vessillo con cui la regione si presenterà al mondo. “Siamo piccoli dal punto di vista enologico, il due, il tre per cento della produzione nazionale, cioè un milione e duecentomila ettolitri di vino. Una Doc regionale ci permetterebbe di fare massa critica – e anticipa -. Stiamo raccogliendo le firme, e siamo fiduciosi che il quorum lo raggiungeremo. Ha fatto bene la Sicilia. Certo, da Marsala all’Etna il panorama enologico varia completamente, però in questo modo, con la Doc Sicilia, diventa un brand forte. Ha fatto bene pure il Veneto. Dobbiamo riuscire anche noi ad affermare il nostro territorio”.

Intanto il Friuli si sta facendo la nomina come terra di Sauvignon. “Con questo vitigno rientriamo nel blocco d’eccellenza di questa parte d’Europa, formato appunto da Trentino Alto Adige, Austria e Friuli”, dice Stefano Ferrante, Chief WineMaker di Casa Vinicola Zonin che ha condotto il blind tasting insieme a Rabino, Roberto Marcolini, enologo di Ca' Bolani, Gabriele Carboni, agronomo di Ca' Bolani, e al padrone di casa, Domenico Zonin.

Emergono novità nella mappa espressiva degli areali più vocati. Aquileia, con il Sauvignon Blanc, nella strada dell’eccellenza sta ponendo la sua segnaletica. Denis Dubourdieu, tra le figure più autorevoli dell’enologia francese, docente all’Università di Bordeaux, e che segue anche le tenute di Zonin, ha incoraggiato l’azienda a perfezionarsi su questo vitigno alla luce delle potenzialità dell’areale che dista solo 15 chilometri dal mare, ricco di sorgive, culla per gli aromatici, già quotato per il buon rating che ha conquistato con il Gewürztraminer.  

“Questo è il territorio da Sauvignon che sfidano il tempo”, sostengono Rabino e Ferrante. A convincerci della fondatezza dell’affermazione è l’Aquilis 2009, figlio di un’annata calda e asciutta. Evoluto all’aspetto, con sfumature dorate intense e brillanti. Bouquet verde che ha perso le note fresche erbacee impreziosendosi di erbe aromatiche come alloro, di nuance fumé, di miele di acacia, di arbusti, di noce moscata e muschio. Un vino ampio, ricco in bocca, dritto, ancora fresco. Godibile a tutto pasto. E’ il Sauvignon spartiacque nel quadro storico produttivo di Ca’ Bolani. Segna il cambio di rotta, la scelta di un diverso protocollo che predilige la selezione delle uve, la raccolta a mano in cassetta, l’adozione di un calendario di vendemmia concentrato su ogni singolo vigneto, cioè un vigneto-un giorno della settimana, e anche la fermentazione separata per ogni vigneto. “Una volta raccolta, lasciamo l’uva in un locale termoregolato a otto gradi e ventilato – aggiunge Rabino -. Dopo ventiquattro ore, per intera, la mettiamo nella pressa. Dopo vinifichiamo tutto separatamente e una delle partite la destiniamo ad una botte da 25 ettolitri. Lasciamo i vini sulle fecce fini e poi proseguiamo al blend, e non decidiamo mai secondo protocolli prestabiliti, seguiamo quello che ci dice la materia prima”.

L’Aquilis 2013 è il vino che fa dire, appunto, “la rotta intrapresa è quella giusta” e  non fa assolutamente rimpiangere la Francia e nessun’altro territorio premium del Sauvignon. Annata fresca. Piacevole al naso. Profumo intenso di primavera. Fiori bianchi, nepetella, salvia, erbe aromatiche, peperone verde e uve spina. Verticale al palato. Intensa aromaticità. Grande energia. Lime, pompelmo, leggera sapidità. Un vino vitale, invitante, anche se ancora in evoluzione. Oggi sono solo cinque i vigneti, le parcelle selezionate all’interno dei 40 ettari di Sauvignon, che danno l’Aquilis. Costo 18 euro allo scaffale. Solo 13.600 bottiglie sul mercato. 

I vini degustati al blind tasting: Renzo Sgubin,  Sauvignon Doc Friuli Isonzo; Tenuta Ca’ Bolani, Aquilis Doc Friuli Aquileia; Sanct Valentin, Sauvignon Alto Adige Doc; Kellerei Terlan, Sauvignon Winkl Alto Adige Doc 2013; Ferruccio Sgubin, Petrus Collio Doc 2012; Daniele Zof, Sauvignon Colli Orientali del Friuli Doc 2013; Comte LaFond, Sancerre Appelation Sancerre Controlée 2012; Venica, Ronco delle Mele Collio Doc 2013; Cloudy Bay, Sauvignon 2013;Tiare, Sauvignon Collio Doc 2013; Mario Drius, Sauvignon Collio Doc 2013; Villa Russiz, Sauvignon De La Tour Collio Doc 2013; Pascal Cotat, Sancerre Les montes damnés Appelation Sancerre Controlée.

Manuela Laiacona