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La degustazione

Castello Bonomi punta sull’Erbamat: “In bottiglia un’uva che c’è solo in Franciacorta”

23 Settembre 2019
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(Carlo e Roberto Paladin e Leonardo Valenti)

di Michele Pizzillo, Coccaglio (Brescia)

Castello Bonomi è l’unico chateau della Franciacorta ed ha tutto il fascino che caratterizza questi capolavori: un parco secolare e 24 ettari di splendidi vigneti, praticamente terrazzati perché si sviluppano a gradoni quasi arrampicati al Monte Orfano e ancora recintati da un muro a secco risalente a metà Ottocento. 

Nella parte terrazzata più alta della tenuta, nel 1986 Carlo e Roberto Paladin – che proseguono le attività della rinomata Casa Paladin fondata dal padre Valentino nel 1962, che dal Veneto hanno messo radici anche in Friuli (Bosco del Merlo) e in Toscana (Premiata Fattoria di Castelvecchi) – recuperarono delle vecchie vigne di Pinot nero abbandonate, da dove, adesso, ottengono le uve utilizzate per produrre lo splendido blanc de noir Lucrezia Etichetta Nera, un Franciacorta di grande struttura, inconfondibile carattere, strepitosa eleganza e un’incredibile longevità. Nonostante questo successo, i Paladin (che non sono nuove a scelte sostenibili visto che portano avanti il progetto di viticoltura ragionata all’insegna di vite, vino, verde,vita; e sostengono la campagna Nastro Rosa di Lilt per la prevenzione del tumore al seno) hanno seguito il consiglio di uno dei massimi esperti di vitigni italiani, Leonardo Valenti, docente nell’Università di Milano, di partecipare – insieme ad altre quattro cantine – al recupero e valorizzazione dell’antico vitigno autoctono Erbamat, citato per la prima volta dall’agronomo Agostino Gallo, nel Cinquecento, ma con il nome “albamate”. Una grande sfida, racconta il professore Valenti, il recupero dell’Erbamat, sia per compensare gli effetti climatici sulla qualità dei vini, sia per valorizzare una viticoltura di territorio dove i vitigni autoctoni hanno un ruolo importante. Insomma, se qualcuno dice perché devo bere Franciacorta visto che è ottenuto dagli stessi vitigni dello Champagne? I franciacortini possono mettere sul piatto un vitigno che hanno solo loro, Erbamat, appunto, che gli permette di affiancare alla “viticoltura di vitigno” (Chardonnay, Pinot nero, Pinot bianco), una “viticoltura di territorio”, grazie all’apporto di una varietà locale. 


(Erbamat)

Il team di ricerca e sviluppo di Castello Bonomi, guidato da Leonardo Valenti e composto dagli enologi Carlo Paladin, lo chef de cave Luigi Bersini e Alessandro Perletti, sentendosi ormai sicuri del lavoro fatto, hanno “convocato” i rappresentanti dei media e, dopo una salutare passeggiata nella vigna che circonda il bellissimo catello ed offre pure una bellissima panoramica sul territorio franciacortino, oltre che ammirare un vigneto di Erbamat – ancora pieno di frutto, perché l’uva matura un mese dopo delle altre varietà -, hanno avuto la possibilità di passare dalle parole ai fatti, con la degustazione a bordo vigna, di una bollicina prodotta solo con Erbamat in purezza, della vendemmia 2011 e sboccata pochi istanti prima della degustazione. Una sferzata di energia, grazie ad una potente acidità e a piacevoli sentori vegetali e floreali. Un prodotto che permette di comprendere le caratteristiche e le potenzialità del vitigno. Ne sono state prodotte solo poche centinaia di bottiglie, ovviamente fuori commercio, perché utilizzate come prove di cantina. 

Questa bollicina è solo un esempio della sperimentazione che porta avanti il team di Valenti a Castello Bonomi, che produce mediamente 150.000 bottiglie all’anno di Franciacorta docg. Perché all’Erbamat in purezza, è seguita una degustazione di altri spumanti con il vitigno autoctono utilizzato in percentuali tra il 30 e 40% (il disciplinare del Franciacorta ne prevede massimo il 10%) con Chardonnay e Pinot nero. Lo scopo della degustazione è quello di dimostrare che la percentuale giusta di Erbamat dovrebbe oscillare tra il 30 e il 40 %, senza intaccare il corpo e la pienezza che i vitigni internazionali, in assemblaggio, conferiscono al Franciacorta. Castello Bonomi ha potuto fare questo perché i Paladin agevolarono la decisione di Valenti di vinificare separatamente le uve Erbamat. Grazie a questa scelta è l’unica cantina che può organizzare di quattro annate della “Cuvée 1564” – questo il nome scelto per la nuova bollicina – che verrà commercializzata come vino spumante di qualità in quanto la percentuale di Erbamat supera quella imposta dal disciplinare del Franciacorta docg. La sboccatura di tutti e quattro i millesimi è stata effettuata nel maggio 2019 e, com’è intuibile, con permanenza sui lieviti differente tra un vino e l’altro.

Vediamoli.

Cuvée 1564, VSQ 2011
Erbamat, Chardonnay e Pinot nero praticamente in eguale quantità per questa bollicina dai profumi eleganti e piacevolmente fruttati. In bocca ritorna l’eleganza dei profumi, supportata dalla spinta fresca assicurata dall’uva autoctona, che ne fa un grande vino grazie anche all’andamento climatico che ne ha fatto un delle migliori vendemmie della Franciacorta. Si potrebbe dire che i due internazionali hanno fatto ben poco, visto la preponderanza dell’autoctono.

Cuvée 1564, VSQ 2012
Qui la percentuale di Erbamat sfiora il 40%, lasciando ai due colleghi internazionali il restante 60% in parti uguali. A differenza della vendemmia precedente, in questa bollicina, al naso, si avverte una spiccata nota aromatica che anticipa una maggiore complessità gustativa che accompagna ad una conclusione con piacevoli note di frutta gialla matura.

Cuvée 1564, VSQ 2013
Praticamente le stesse quantità di uva; però la bollicina fa più fatica a palesare subiti i suoi piacevoli profumi fruttati. In bocca è un vino piacevole, decisamente secco, con acidità sostenuta e comunque decisamente armonico. Piacevole in finale fruttato e – è stato evidenziato nel corso della degustazione – “vive sull’immaturità matura dell’uva”. 

Cuvée 1564, VSQ 2014
Questo dovrebbe essere l’uvaggio classico: 30% di Erbamat e il resto, in parti uguali, Chardonnay e Pinot nero. Anche le caratteristiche organolettiche sono quelle che, a quanto pare, si volevano ottenere, anche se è stata scelta una annata particolarmente piovosa e senza estate e, quindi, molto complicata e, oltretutto con vendemmia tardiva. Al naso la bollicina è gradevolmente agrumata. In bocca un po' di agrumato si avverte alla fine, dopo aver goduto le piacevolezze di un prodotto secco, delicatamente fruttato e di ottima persistenza e finezza. Ne sono state prodotte solo 800 bottiglie, che sono le prime in commercio.