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La degustazione

Come il clima influenzerà gli champagne: a Milano tasting per comprendere le differenze

11 Dicembre 2019
vendemmia_Champagne vendemmia_Champagne

di Michele Pizzillo, Milano

“Ho milioni di fan e, per non deluderli, devo sempre migliorarmi e addirittura anticipare i tempi con progetti innovativi”. 

Così ha parlato lo Champagne all’apertura dell’annuale appuntamento milanese organizzato dall’Académie du Champagne. Oltre alla degustazione dei vini riserva guidata da Claudia Nicoli, quella più tecnica riguardante la fermentazione malolattica con Benoit Villedey e il dosaggio con la degustazione di 6 Champagne con la guida di Nicola Roni, all’appuntamento 2019 si è parlato prevalentemente della sfida del grande vino francese ai cambiamenti climatici, con l’obiettivo di ridurre del 75% le emissioni entro il 2050. In Champagne, comunque, l’aumento della temperatura – + 1,1°C in trent’anni – si è rivelato benefico per la qualità dei mosti però “per non rischiare la modifica dei vini nel caso di peggioramento della deriva climatica, visto che abbiamo tempo, stiano esplorando scenari alternativi”, dice Benoit Villedey, enologo dei servizi tecnici del Comité du Champagne, l’organismo interprofessionale che tutela la produzione di queste grandi bollicine. Così, la Champagne è stata la prima filiera al mondo a ridurre del 20% le emissioni di Co2 per singola bottiglia, che è stata alleggerita da 900 a 835 grammi. Il che vuol dire una riduzione di 8.000 tonnellate di Co2 all’anno con l’effetto provocato su imballaggi e trasporti. Nel frattempo la percentuale di riciclo dei rifiuti prodotti ha raggiunto quota 90%, mentre il 100% dei sottoprodotti vinicoli viene valorizzato dall’industria, dalla cosmetica e dal settore farmaceutico e agroalimentare; e l’80% delle 120.000 tonnellate di legno prodotto nella zona, è tranciato sul posto per arricchire il terreno di humus e agire da fertilizzante naturale.

Nella sfida ai cambiamenti climatici un ruolo importante è riservato ai vitigni presenti nei 33.843 ettari di vigne di Champagne (Sauvignon blanc, Gouais blanc, Pinot noir, Petite Meslier, Chardonnay, Arbane, Pinot blanc, Pinot gris, Meunier) parlando addirittura di “invenzione dei vitigni del futuro” visto che nel 2014 è stato intrapreso un programma che prevede una serie di incroci con le prime varietà che saranno valutate nel 2020. Altre varietà sono state impiantate quest’anno e il programma prevede nuovi impianti fino al 2023. Insomma, in Champagne si guarda al futuro per avere la certezza di poter contrastare, in caso ce ne fosse bisogno, l’impatto del clima nel vigneto, le vendemmie più calde in cantina e, nello stesso tempo, avere la certezza di poter diffondere i principi della viticoltura sostenibile, applicando il disciplinare della sostenibilità, composto di 120 punti, realizzato dal Comité du Champagne, sottolinea Benoit Villedey. Perché lo Champagne è una voce importante dell’economia francese: 301.875.163 bottiglie prodotte nel 2018 di cui 154.834.259 esportate, prodotte da 4.159 vignaioli, 42 cooperative, 395 maison.

A questi dati va aggiunto l’inestimabile immagine assicurata alla Francia da un prodotto veramente unico. Tant’è che il Comité du Champagne, caso unico nel panorama vinicolo mondiale, dispone di 11 uffici permanenti e 5 uffici provvisori in tutto il mondo che sviluppano azioni di comunicazione e di difesa della denominazione e calibrate sui diversi mercati. Delle tre degustazioni proposte durante la giornata milanese dello Champagne, abbiamo seguite quella più divulgative, nel senso che è stata la meno tecnica. E, cioè, i vini riserva, che nei prossimi anni potrebbero essere diversi, visto l’aumento della temperatura. Però, la vendemmia 2019 è stata strepitosa nella Champagne. E, poi, ha spiegato Clauda Nicoli, Ambasciatrice dello Champagne per l’Italia nel 2006, la riserva assicura il necessario equilibrio per l’armoniosità del vino, dando stabilità e regolarità sia in casi di avversità climatiche che a livello economico. 

Vediamoli i magnifici quattro.

Paul Louis Martin Blanc de Noirs
(importato da Steinbruck Italia, di Fizzonasco di Pieve Emanuel, t. 02 89652349)

Ottenuto da Pinot noir in purezza del crus di Bouzy famoso per la finezza e cremosità che caratterizza i suoi vini. Al colore giallo delicatissimo segue un perlage compatto e un profumo di grande freschezza. In bocca è un vino molto vivace, dinamico si può dire e con una incredibile e ricca freschezza. Riposa sui lieviti per 4 anni.

Perrier-Jouet Blason Rosé
(importato da Marchesi Antinori, di San Casciano Val di Pesa, t. 055 23595)

Un uvaggio di Pinot nero (per il 50%) e il resto, in parti uguali, di Chardonnay e Meunier di cru diversi. Tra il 12 e il 20 percento è assicurato da vini riserva. E’ un vino che presenta un bel colore salmone e, alla degustazione, è sicuramente intrigante, molto piacevole tra profumi complessi e il sorso goloso che anticipa una complessità in bocca molto intrigante.

Pol Roger Brut RéserveC
(importato da Compagnia del  Vino, di San Casciano Val di Pesa, t. 055 243101)

E’ un grande classico che contiene il 25% di vini riserve di tre diverse annate. Il perlage è fine, con un bouquet ricco di note tostate. Accarezza il palato con i suoi sentori di mela cotogna, una bella e fresca nota balsamica e un finale con ritorni fruttati. Matura per quattro anni sui lieviti. 

Veuve Clicquot extra brut extra old
(importato da Moet Hennessy Italia, di Milano, t. 02 6714111)

E’ un grandissimo Champagne fatto con il 100% di vini riserva di diverse annate ottenuti da un uvaggio di Pinot nero (50-55%), Chardonnay (28-33%), Meunier (15-20%). Ad un perlage elegante, seguono profumi complessi con una spiccata nota di zenzero. La sua setosità accarezza la bocca, dopo l’ampiezza del primo sorso; delicato sul palato, è un vino fresco, cremoso, con un piacevole ritorno di note saline.