Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

Alla scoperta dell’Umbria da bere

18 Luglio 2011
2 2

Il polmone verde d’Italia? E’ la mistica Umbria, carnale e spirituale al tempo stesso. Una terra di santi, di frati, di ascetiche atmosfere.

Ma qui non vi trovate tanto il profumo mistico dell’incenso quanto il fervore delle passioni in una armonia di spirito, di gusto e di civiltà al tempo stesso. E non solo le lente processioni che lasciano le tenebre delle chiese, ma anche il piacere di tegamacci di carne e di sane bicchierate di ottimi vini. Sì, anche la mistica Umbria col vino non scherza. Ed oggi si distingue per questo. Proprio su questa enclave, cinquant’anni fa, quando il vino in Umbria aveva un solo nome, il Sagrantino di Montefalco, prima Docg di questa regione, nasceva, ante litteram, l’enoturismo, il nuovo filone escursionistico che ha trasmutato i ghiottoni turisti enogastronomici in colti e curiosi viaggiatori a caccia di emozioni. Oggi le eccellenze si sono amplificate, al Sagrantino si è affiancata una seconda Docg, il Torgiano Rosso. E altre dodici Doc. Per non parlare, a proposito di eccellenze, di quelle gastronomiche. Tutte celebrate, quelle enologiche in occasione del 66° congresso dell’Assoenologi svoltosi ad Orvieto. Testimone d’obbligo, Riccardo Cotarella.

Un perfetto padrone di casa a guidare una degustazione storica. Molti vini umbri, quasi per osmosi con la grandezza di questa terra, rilevano la sapiente diversità che ha sempre stuzzicato i molti e coraggiosi produttori, come Arnaldo Caprai a Montefalco e Giorgio Lungarotti a Torgiano sede del più grande museo del vino al mondo, per citare due siti. Ma ogni luogo dell’Umbria ha un ottimo vino. Il tour regionale che impegna l’enonauta ha un lungo raggio e perimetra un’area circolare foriera di splendide emozioni sensoriali. Ripartendo dalla lucente Spello, regno del Pinturicchio, per toccare via via la metafisica magia di Todi patria di Jacopone, quindi la mistica Assisi trasudante della beatitudine del santo. O ancora la “fieramente merlata” Gubbio o l’elegante Perugia pregna di cultura etrusca, romana, bizantina e medievale. C’è l’Orvieto Doc, uno dei bianchi più conosciuti al mondo che non in Italia. Di 20 milioni di bottiglie la produzione annua. In degustazione tre Doc, le prime due “Classico superiore” Trebbiano e Grechetto, quest’ultimo è il riferimento principale del disciplinare e ne può contribuire un terzo, il Procanico.

Le etichette: Campo del Guardiano e il Bianco di Decugnano: il terzo bianco il “Doc Colli Martani 100% Grechetto clone G5. La caratteristica che accomuna questi tre bianchi è la grande freschezza il grande corpo e la loro interminabile lunghezza. “Fuori concorso, a concludere la batteria dei bianchi il “Cervaro della Sala 2008”, (vendemmia da ricordare), Chardonnay 85% e Grechetto, che è un Igt e allo stesso tempo un’icona dell’enologia umbra degli Antinori. Vinificazione in legno di rovere francese dopo breve macerazione e vino rimasto sulle proprie fecce per sei mesi sino al completamento della malolattica. Un vino che non passa mai di moda. Poi fuori i comprimari ed entrano i scena i mattatori, Il Sagrantino di Montefalco di Filippo Antonelli e il Rubesco Riserva Vigna Monticcho il Torgiano Rosso 2005, descritto quasi con le lacrime agli occhi da Teresa Severini. Due vini che sono l’inchiostro con cui sono state scritte tra le pagine più belle della storia enologica non solo dell’Umbria ma di tutta d’Italia.

E chiusura in dolcezza, col “Calcaia” dell’azienda Barberani, un “Orvieto Doc dolce“ Muffa nobile” la botrytis cinerea che attacca il Grechetto il Trebbiano procanico e il Sauvignon blanc. Che genera un ennesimo miracolo di questa terra che con i miracoli ha avuto sempre molta dimestichezza.

Stefano Gurrera