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La degustazione

Il Trebbiano di Valentini, l’equilibrio degli opposti

23 Novembre 2013
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Degustare anche una sola etichetta di Valentini è una di quelle rare esperienze che ti porta al punto di non ritorno.

 Lo sa bene il palato addestrato dell'estimatore di vino. Non la si può liquidare banalmente come una grande bevuta, solo perché si è dinnanzi ad uno dei titani, dei migliori interpreti del mondo del vino o alla storia enologica d'Italia ancor prima  dell'Abruzzo, piuttosto è un incontro che costringe alla riflessione, risucchia in un vortice emozionale per  poi farti atterrare su un campo di quesiti. Non sono sorsi che si risolvono in uno spazio-tempo circoscritto, come accade per piccole e anche per prestigiose bottiglie, perdurano nei giorni seguenti, sono ricordi che si avvinghiano alla memoria gustativa e ai sentimenti. Avere l'opportunità di assaggiare tre annate di Trebbiano d'Abruzzo insieme a Francesco Paolo Valentini si trasforma in una lezione di vita. Nel Castello di Loreto Aprutino, a pochi chilometri da Pescara, il territorio dove mette radici la storia di questo viticoltore/cantiniere, così Francesco Paolo si definisce, e della sua famiglia che risale al 1600, sono state versate al calice  'le annate peggiori', come ha precisato scherzando, due recenti ed una più 'rara', o meglio non facilmente reperibile dagli appassionati. Un salto temporale di 30 anni con protagonisti sempre lo stesso vino, la tradizione  preservata in modo rigoroso e il legame tra il padre Edoardo e Francesco Paolo. La 1983, la 2007, premiata da Luca Gardini e Andrea Grignaffini Miglior Vino d'Italia l'anno scorso, e la 2008 sono annate ostiche che raccontano la sfida, “occasione per acquisire l'esperienza”, ci ha detto il produttore. Ed anche la dimostrazione della potenza di questo vitigno e il valore di un metodo di produzione che non si può ascrivere a nessun filone se non a quello dell'artigianalità e dell'arte (guai a definirlo naturale! Classificazione a cui Valentini non dà alcun credito). Tre fotografie del cambiamento climatico, attraverso cui si può apprezzare la risposta della pianta. Vini che svelano il segreto della longevità, prendendo in prestito le parole di Francesco Paolo: “L'armonia degli elementi opposti”. Lasciandosi trascinare dall'energia del Trebbiano  e dal carisma di Francesco Paolo ci si spiega subito perché il vitigno lo abbia sintetizzato in una sola parola “Abruzzo”. Certe cose nella vita si sentono a pelle, al primo sguardo, al primo assaggio.

Doc Trebbiano d'Abruzzo 2008. Generoso, con note di caffè intense e allo stesso tempo delicate, con nuance di frutta gialla e miele. Da bere anche ora per chi non sa aspettare, ma è la classica bottiglia da dimenticare in cantina. Frutto di un'annata piovosa, che ha visto otto grandinate, con attacchi di peronospera che hanno portato ad una carenza di uva. Clima che ha causato una maturazione anticipata.

Doc Trebbiano d'Abruzzo 2007. Cioccolata bianca, caffè, camomilla ed erbe aromatiche, spicca il rosmarino, il miele di acacia. Ampio, avvolgente. Tocco leggero. Raso. Esplode con aromi floreali e ritornano tutte le sensazioni olfattive. Annata torrida e un agosto rovente durante il quale la colonnina del termometro ha segnato anche 45 gradi (raggiunti esattamente il 28 di agosto come ricorda il produttore). Condizioni estreme che hanno costretto Francesco Paolo ad intervenire con cisterne d'acqua, non usando irrigazione, per salvare le piante. Il risultato è stato un frutto dalle caratteristiche anomale, con alta concentrazione zuccherina e alta acidità dovuta al fatto che le uve sono rimaste acerbe. 

Doc Trebbiano d'Abruzzo 1983. Vino che pervade l'anima.  Grande annata. Si apre con note di caffè, mandorla, pesca, melone giallo. Coerente. Morbido, pieno di energia. Una carezza che rimane per sempre. Dimostrazione didattica dell'unicità di questo varietale che verrebbe quasi da definire 'eterno'.

Manuela Laiacona