Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

La verticale del Bocca di Lupo Tormaresca: “Come cambia in meglio l’Aglianico”

29 Marzo 2016
aglianico aglianico


(Aglianico)

di Michele Pizzillo

Un vitigno difficile da gestire il millenario Aglianico approdato nel comprensorio del Vulture, nella Basilicata incastonata tra Campania e Puglia, al seguito dei coloni greci. 

Che poi, con la diffusione nella confinante Irpinia, si è arrivati ad avere due prodotti diversi di Aglianico, spiega Renzo Cotarella, coordinatore degli enologi che curano le cantine delle aziende vinicole che Antinori ha sparse nel mondo. Ma l’area viticola pugliese più prossima al Vulture, quella Doc “Castel del Monte” che comprende gran parte dell’altipiano della Murgia è, secondo Cotarella, la più adatta per produrre un Aglianico che sintetizzasse le caratteristiche sia di quello del Vulture – più tannico ed anche più floreale e speziato – sia di quello Irpino dove i frutti rossi sono più accentuati. In quest’area, infatti, Antinori ha acquistato una tenuta di 140 ettari, Bocca di Lupo a Minervino Murge che insieme a Masseria Maime ubicata nel Salento costituiscono Tormaresca, vitati ad Aglianico, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Fiano pugliese, Moscato Reale e Nero di Troia. Però produce solo quattro vini, l’Aglianico Bocca di Lupo, lo chardonnay Pietrabianca, il Moscato di Trani doc Kaloro e il rosso Trentangeli, mentre è ancora in fase di sperimentazione il Nero di Troia.


(Renzo Cotarella)

Ed è qui che l’enologo umbro ha iniziato il suo lavoro possiamo dire di “domatore” del vitigno che se ben interpretato, può dare rossi fantastici.
A Milano, nell’enoteca N’Ombra de vin, Cotarella, insieme a Vito Palumbo, responsabile marketing di Antinori e la partecipazione di una delle più giovani nipotine di Piero Antinori, Verdiana Rimbotti Antinori che studia agraria, ha organizzato una verticale di sei vendemmie di “Bocca di Lupo Castel del Monte doc” per raccontare l’evoluzione di questo grande vino pugliese prodotto da Tormaresca.
La verticale è cominciata con la vendemmia 2001, “quando ancora non conoscevamo bene l’Aglianico – ammette l’enologo di Antinori – così puntammo sull’uvaggio (90% Aglianico, 10% Cabernet Sauvignon) per assicurarci qualche sentore in più per ammorbidire la tannicità dell’Aglianico” e alla degustazione il sentore di liquirizia del Cabernet rende molto più gradevole il vino.


(Verdiana Rimbotti Antinori)

Con la seconda vendemmia, quella del 2004 che abbiamo trovato migliore della 2001, “abbiamo proposto il primo Aglianico in purezza che, a quanto pare, cominciò ad apprezzare le nostre attenzioni sia in vigna sia in cantina, ma non eravamo ancora riusciti a capirlo bene questo straordinario vitigno – sottolinea Cotarella -. La grandissima vendemmia del 2008, con le uve che avevano raggiunto notevole concentrazione e graduale maturità fenolica, preservando aromi e freschezza, ci convinse che dovevamo andare avanti sino a quando non fossimo riusciti a domare l’Aglianico che avevamo nelle vigne di Minervino Murge. Però qualche sensazione che eravamo prossimi a trovare la quadra lo avvertimmo”.
A questo punto, dopo la degustazione di tre annate diverse di Bocca di Lupo, il racconto del coordinatore degli enologi di Antinori diventa sempre più accattivante, tanto da incuriosire tutti i partecipanti alla degustazione e, ancor di più, chi non ha dimestichezza per questo ottimo rosso lucano-irpino-murgiano. Anche perché il tecnico umbro, alternandosi con Palumbo nel raccontare il territorio della Murgia barese, si accalora sempre di più, pur ammettendo che ancora non è riuscito ha vincere la sfida con un vitigno che allora comincia a piacergli.


(Una bottiglia Bocca di Lupo in degustazione)

La svolta è con la vendemmia 2010. E’ il vero spartiacque tra l’Aglianico un po’ rustico e quello elegante che conosciamo adesso. “Il vitigno aveva cominciato a rispondere alle nostre attenzioni in vigne e le uve, trattate più delicatamente, a farci capire, si potrebbe dire, che erano disponibili a collaborare”, dice Cotarella. Una sorta di patto fra l’uomo e la sua vigna, insomma. E Bocca di Lupo 2010 è già un prodotto eccellente che diventerà ancora più importante con la vendemmia 2011, perfetta simbiosi delle caratteristiche delle uve lucane e di quelle irpine. Tant’è vero che alla degustazione i sentori di confettura di frutta rossa e le note balsamiche sono molto più evidenti della precedente annata. Un vino perfetto, anche perché si tratta di una vendemmia che sarà sicuramente ricordata come una delle migliori per la qualità dei vini ottenuti.


(Lo chef Pietro Zito)

E, poi, come se si volesse ringraziare chi ha partecipato alla verticale, Cotarella e Palumbo hanno proposto un’anteprima del Bocca di Lupo 2012, che però sarà in vendita l’anno prossimo, servendolo con un eccellente piatto preparato da uno chef arrivato a Milano direttamente dalla Murgia barese: il bravissimo Pietro Zito del ristorante “Antichi Sapori” di Montegrosso di Andria. Le sue eccellenti orecchiette di farina di grano arso con fave fresche ed erbe della Murgia, hanno contribuito a sostenere l’idea che si è fatto Cotarella della Murgia, tanto da affermare che  “è la migliore area viticola d’Italia, caratterizzata da condizioni climatiche e ambientali che hanno costretto l’uomo a lavorare da sempre con grande devozione: i rigidi inverni, l’importante escursione termica, la natura tufacea calcarea sedimentaria dovuta alla vicinanza all’antico vulcano Vulture, sono solo alcune delle caratteristiche di questo suolo che premia il duro e paziente lavoro della terra con frutti preziosi”.