Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

Soave Versus, che sorprese nei calici. Interessanti le vecchie annate. I nostri assaggi

14 Settembre 2020
soave_paesaggio soave_paesaggio

di Fosca Tortorelli

Dimostrare al mondo l’eccezionale diversità e creatività di un piccolo storico territorio come quello del Soave e al contempo creare sempre più consapevolezza sul valore e sulla qualità di un prodotto che cresce di anno in anno e diventa in grado di esprimere vini di eleganza e finezza.

Sono questi i punti salienti emersi durante la sei giorni di kermesse “Soave Versus”, più volte ribaditi dal presidente del Consorzio per la tutela vini Soave e Recioto di Soave Sandro Gini e dal direttore Aldo Lorenzoni. Ben 54 le aziende coinvolte, con 250 referenze di Soave complessivamente presentate, a partire dalla vendemmia 2006 fino alle espressioni più recenti, che hanno toccato temi e pubblico diversi e visto l’organizzazione capillare di eventi diffusi tra Verona e provincia. La manifestazione, giunta al suo ventesimo anno, nonostante le problematiche del momento, ha visto importanti momenti di confronto e approfondimento, nonché consapevolezza e coscienza per “riconoscere” il Soave nel suo aspetto più profondo, trovando chiavi di lettura sempre nuove per un territorio dalle mille sfaccettature. Uno scambio importante con i produttori che hanno saputo mettersi in gioco durante la mattinata dedicata a “Soave Seven – La Longevità del Soave”, l’evento della Strada del Vino Soave organizzato con il Consorzio Tutela Vini Soave; momento che ha visto a confronto il Soave d’annata con quello di sette anni prima; un’occasione unica, come più volte sottolineato dal presidente Sandro Gini e dal direttore Aldo Lorenzoni, per parlare con i produttori e conoscere le peculiarità e la storia di questo grandissimo vino bianco. Ben 22 le aziende coinvolte per questo appuntamento, che hanno presentato presso il Bacco d’Oro di Mezzane alla stampa intervenuta, due vini ciascuno, scegliendo l’annata in commercio e un’annata con almeno sette anni di affinamento.

(Sandro Gini)

E’ stata una giornata che ha visto i protagonisti e i loro vini affrontare un momento importante di confronto, dove è emersa la voglia di sottolineare le peculiarità di ciascuna singola area di provenienza e dare la propria interpretazione del territorio del Soave. Il tema della longevità e la presentazione dei vini di annate diverse, è stata una scommessa, ma anche un importante banco di prova e di discussione. Si è arrivati fino all’annata 2006, riscontrando una certa disomogeneità di intenti, più che altro perché non tutti i vini proposti, nel momento della loro esecuzione, erano stati pensati per perdurare a lungo nel tempo. Momenti come questo sono però fondamentali per potersi porre delle domande e conoscere sempre di più l’evoluzione e il cambiamento. Interessante ad ogni modo notare le differenze espressive legate ai singoli terroir, che mettono in luce le sfaccettature delle diverse condizioni pedoclimatiche e dei suoli, da quelli calcarei a quelli vulcanici.

Circa una quarantina i vini assaggiati durante la giornata dedicata al Soave Seven, a cui si aggiungono altre piccole realtà meritevoli di menzione. Di seguito i migliori assaggi, che hanno centrato l’obiettivo, restituendo nel calice l’espressività del Soave e quelli che hanno tenuto testa allo scorrere del tempo.

Il “Castelcerino” 2012 dell’Azienda Filippi, prodotto con uve garganega in purezza, si è rivelato un vino sorprendente, portando nel calice freschezza e pulizia; un vino di complessità e di palato, dalla personalità vulcanica e variegata. Anche la sua annata in corso, il “Castelcerino” 2018, con tappo a vite, ha dimostrato la sua personalità, parlando il linguaggio della freschezza e della bevibilità.

Segue a ruota l’azienda Vicentini, con il suo entusiasmante “Il Casale” 2007, profondo e preciso, con una vena affumicata coinvolgente e “Il Casale” 2017, anche questo prodotto con uve 100% garganega, di piacevole verve e di grande freschezza.

Un’azienda tutta al femminile, dall’anima dolce e dal carattere deciso, Suavia, con il suo “Monte Carbonare” 2013 e il successivo “Monte Carbonare” 2018, ha dimostrato grande equilibrio e la forza basaltica propria dei suoli su cui insistono le vigne di proprietà, che regalano lunghezza e uno spettro salino gusto-olfattivo di grande precisione.

Corte Adami si distingue per il suo “Vigna della corte” 2013; anche qui il suolo è basaltico e l’etichetta è prodotta con Garganega in purezza, connotato da buona struttura e discreta morbidezza ben bilanciata da freschezza e sapidità. Nel “Vigna della corte” 2018, l’energia vitale si esprime con decisione, nelle sue tracce di fiori di agrumi, fruttato di pesca a polpa bianca, con un bel finale sapido, di grande lunghezza.

Punto di riferimento per tutto il tessuto produttivo del Soave Classico, la cantina della famiglia Gini nasce nell’altro comune considerato come cuore della denominazione, Monteforte d’Alpone. Passione e senso di appartenenza a questi luoghi sono i tratti distintivi dei fratelli Sandro e Claudio, caratteristiche che si ritrovano nelle due referenze presentate, la “Froscà” 2011″ e la Froscà” 2016, il primo tratteggiato da una complessa intensità olfattiva, dalla mandorla a rinfrescanti suggestioni balsamiche, il secondo ampio ed elegante, con note floreali che vanno dalla camomilla al propoli, con una sapidità di palato ben delineata.

Balestri Valda si distingue per il suo “Vigneto Sengialta” 2017, un Cru di Soave Classico da singolo vigneto che nasce su suoli ricchi di rocce basaltiche nere, localmente chiamate “sengio”. Da questo appezzamento vengono selezionati solamente i migliori grappoli. Ne risulta vino di grande complessità, schietto ed elegante.

Si chiude con le due etichette presentate al di fuori dell’evento: “Soave Seven”, il Soave Duello 2018 dell’azienda del giovane Federico Zambon, un vino intenso ed equilibrato, connotato da un buon bilanciamento tra freschezza e sapidità che sfumano in piacevoli ritorni di mandorla; poi il Soave Doc Le Macette dell’azienda del giovane Alessandro Benini, una garganega 100% allevata a pergola veronese da vigne di 60 anni; un vino piacevolmente fresco e dinamico al sorso, con un carattere sapido al palato con piacevoli rimandi agrumati.

La conoscenza profonda di un territorio, la lettura della sua vera anima e il saperne leggere le differenze sono un buon punto di inizio per comunicare la propria realtà, le diverse sfaccettature che lo caratterizzano.