Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

Una degustazione mai stata fatta prima d’ora che vede protagonista Chateau d’Yquem

10 Aprile 2014
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L'enologa Sandrine Garbay rivela il suo vino dolce preferito che definisce “Il migliore al mondo”


Stevie Kim, Sandrine Garbay, Ian D'Agata

Il pay off di Vinitaly International dovrebbe recitare: “Dreams come true”.

Stevie Kim e Ian D’Agata, direttore di Vinitaly International Academy, hanno davvero compiuto il miracolo. Facendo accadere ciò che fino ad ora non era mai successo. Scegliendo poi il luogo migliore possibile, il Vinitaly (una volta che le cose si fanno bene si fanno in grande). Château d’Yquem è stato protagonista “in carne ed ossa” di un wine tasting dedicato ai Sauternes.

L’Estate a sud di Bordeaux che splende nell’olimpo dei Fine Wine si è incarnato al Vinitaly in Sandrine Garbay, colei che firma il Sauternes più famoso al mondo, ambito dagli investitori del vino e che fa sospirare tanti wine lover/comuni mortali. Di degustazioni di questi preziosissimi vini se ne organizzano in giro per il mondo, certo per pochissimi, ma quella del 7 aprile 2014 con l’enologa ha fatto entrare la 48esima edizione del salone negli annali del vino.

Incontro memorabile, il classico da “io c’ero”. E non solo per i grandi sorsi che ha regalato l’evento ma, appunto, per il dialogo con Sandrine, che ha reso più “umano”, “più vino” il grande mito attraverso racconti, aneddoti e un modo di fare umile e gentile. Attitudine che spiega tanto dell’aura che avvolge questo must d'alto rango, emblema del vero vino artigianale. Dietro alla sua grandezza, come decantano gli estimatori, c’è la cura dell’uomo, oltre l’unicità di un terroir in cui si concentrano tutte le tipologie di suoli presenti nell'areale e la sua posizione, la più alta dell'Appellation. Due dati per dare un’idea: la resa di Château d’Yquem non raggiunge i 10 ettolitri per ettaro, cioè un bicchiere di vino per un piede di vigna, e la vendemmia si articola in sei passaggi tra i filari (dura sei settimane). Senza dimenticare il fattore chiave, che sottende tutto il lavoro in azienda. Non scontato, anche se adesso tanto di moda nel self promotion: il rispetto. “E’ quello che mi ha insegnato il mio maestro, Guy Latrille (per ben 45 anni è stato l'enologo della cantina) – ha detto l'enologa-. Il rispetto del frutto, dell’annata e del nome Yquem. Perché la qualità, soleva ricordarmi ripetutamente, viene sempre e solo dall’uva”. Lei questo principio lo ha fatto proprio accettandolo come un dogma e a sua volta lo ha trasmesso al suo team. “E’non è stato facile – ammette -. Ho dovuto confrontarmi con un mondo che è sempre stato prettamente maschile”.

Sandrine arriva in cantina presentata da Serge Chauvet, consulente con cui aveva lavorato durante i suoi studi di enologia a Bordeaux. Nel suo curriculum, tra le sue prime tappe, figura Château Latour. Nel mondo del vino decide di entrare quando si iscrive all’Università. Una ragazza come tante, non figlia d’arte, non enfant prodige, ma con un papà enoappassionato. “E’ lui che mi ha trasmesso l’amore per il vino. Ero curiosa di capirne di più e allora scelsi questo indirizzo di studi”, racconta la Maître de chai. A cui abbiamo chiesto quale fosse il suo vino del cuore, quello preferito al di là dei suoi (domanda d'obbligo in questi casi). La risposta porta all’estremo est della Valle del Rodano. “Amo i Syrah di questa zona – ci rivela – Sono i miei preferiti”. Nel suo cuore batte però anche il Sud, il Mediterraneo. Un posto lo riserva a Pantelleria,  al plurimedagliato di Donnafugata. “Ben Ryé è il migliore vino dolce passito del mondo – dichiarandolo sensa se e senza ma –  Straordinario”. 

Al wine tasting organizzato da Vinitaly International Academy, Sandrine non ha presentato solo il  blasonato Château d’Yquem. Ha aperto la sessione di degustazione con tre annate di Ygrec. L’etichetta meno conosciuta, oscurata dall'ombra del Premier Cru Supuérieur. Di anni alle spalle ne ha un bel po'. Prodotta dal 1959.  Nel tempo ha avuto la sua evoluzione. “Questa tipologia rappresenta la nostra storia – ci dice .-  A quei tempi non era secco, come quello di oggi. Veniva prodotto con uve raccolte a fine vendemmia e stracariche di zucchero”. Senza spezzare il legame con la tradizione e volendo, allo stesso, tempo proporre una variante più secca, fresca e beverina, l'azienda ha studiato negli anni nuove varianti, con prove tecniche nel 1994, nel 1996, e nel 2000 con Sauvignon Blanc e Semillon in uguale percentuale. Il 2004 segna il debutto della serie attuale con una quantità maggiore di Sauvignon Blanc, presente per 2/3.  Ygrec non viene prodotto tutti gli anni. In media la cantina mette in commercio 12 mila bottiglie.  Costo allo scaffale 130 euro circa. 

Ygrec 2012
Note fresche di erbe aromatica, salvia, fiori bianchi. Minerale. Buona struttura. Vivace. 

Ygrec 2011 
Frutto di un’annata precoce a Bordeaux e che i viticoltori ricordano bene per l'anticipo della data di raccolta, caduta il 10 agosto. Piacevole al naso. Mentolato, fico verde, fiori bianchi e nuance di melone giallo. Beverino. Equilibrato.

Ygrec 2000
Ha un naso più dolce rispetto ai precedenti. Si colgono note di miele e di erbe aromatiche. Intenso. Consistente. Opulento.

La seconda parte della sessione ha visto entrare in scena il Fine Wine, che Ian d’Agata, con una battuta da bravo medico, ha consigliato di assumere come antibiotico richiamando alla memoria Alexander Fleming a proposito della Botrytis. Sognando ad occhi aperti febbroni da cavallo e litri di Château d’Yquem, abbiamo iniziato degustando la 2011 procedendo poi con la 2010 e la 2009. Tutte e tre annate quotate, tra le migliori nel calendario recente della cantina. A chiudere il millesimo 2003. Assaggi prematuri, considerando i 100 anni di vita media di questo vino, ma assolutamente “benedetti”. 

Château d'Yquem 2011 
L’annata è stata  precoce con vendemmia agli inizi di settembre e con cinque passaggi per la raccolta, molto vicini l’uno all’altro. Stordisce. Inebriante. Fresco. Ricco al naso. Fiori. Miele. Frutta bianca. Erbe aromatiche. Note lievi fumé. Grande struttura e bevibilità. Nerbo acido importante. Perfetto con foie gras, Roquefort. Un lusso da concedersi come aperitivo (per chi può). 

Château d'Yquem 2010
Annata fresca. Con sei passaggi per la raccolta dal 29 ottobre al 5 novembre. Fine. Exploit di note di salvia. Leggero fumé. Corbezzolo. Invitante. Suadente. Cristallino al palato. Avvolge. Intenso. Beverino. Da abbinare a piatti con gamberi, scampi e alla crema di zucca (suggerimento di Ian d’Agata).

Château d’Yquem 2009 
E’ stata un'annata calda sia in questa zona che nell’areale dei Bordeaux. Nonostante questo, secondo l'enologa potrebbe raggiungere lo stesso livello del 2001 (reputato tra i “the best”). Ampio. Emergono la pesca bianca. Piacevoli note fruttate. Balsamico. Complesso. Ideale per accompagnare carni bianche e piatti speziati.

Château d’Yquem 2003
Annata difficile. Problematica. Secca. Con l’afa che ha bruciato le vigne. La vendemmia è durata 10 giorni, dal 17 al 26 settembre. Dolce al naso. Spicca il caramello, bilanciato da intensi sentori di macchia mediterranea, di lavanda e di timo. Polpa di pera matura. Grande acidità e freschezza al palato. Da abbinare a sformati di carne e di verdure e a formaggi anche di media stagionatura.

Manuela Laiacona