Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

Una visita al primo ristorante stellato siciliano. La rinascita dopo i fasti del 1959

13 Aprile 2017
pagano-ristorante pagano-ristorante

di Enzo Raneri

Non tutti sanno che “Pagano a mare” fu il primo ristorante in Sicilia ad essere insignito della stella Michelin, riuscendola a tenere per cinque anni. 

Io lo sapevo già da alcuni anni, ma nessuno aveva mai risposto alla mia fatidica domanda prima di qualche tempo fa: “Qual è stato il primo ristorante stellato in Sicilia”? Fu un mio amico spagnolo, durante il mio ultimo viaggio a Barcellona, che mi confidò che, per quanto fosse di sua conoscenza, era proprio a Catania (meglio dire vicino Catania, ad Aci Castello) ed era, appunto, Pagano a mare che, nel 1959 si trovava in via acque casse 18, nella strada che passa dietro quello che fu il motel Agip e all’inizio della quale sorgeva il ristorante Costa Azzurra famoso fino agli anni '80, per i suoi “cannelloni alla catanese con funghi, pasta alla palermitana, zuppa di pesce” (cosi veniva riportato nella Guida). Devo aggiungere che la mia sorpresa assunse proporzioni notevoli, considerando il fatto che nei primi due anni dell’università, abitavo proprio in via acque casse, al piano terra di una villa proprio accanto al ristorante (oramai chiuso da 20 anni circa) e non serbavo un grande ricordo dei miasmi promanava a tutto il vicinato, probabilmente a causa di fritture troppo prolungate e ripetute con lo stesso olio, come in dispregio ai fasti di vent’anni prima.


(La guida Michelin del 1959)

Pagano a mare, all’epoca aveva una “casa madre” nel ristorante di città, Pagano, che ancora vive e vegeta in via De Roberto (dietro l’hotel Excelsior). Quindi, ho pensato di chiamare per prenotare un tavolo e magari saperne di più di questo interessante passato. Ed in effetti il ragazzo, allora undicenne, Carmelo Pagano, era ancora lì, a lottare con le insoddisfazioni dei clienti, nel tentativo di appagarne le attese gastronomiche. Devo dire che, in un primo momento, è stato come lottare quasi con un gentile muro di gomma, rinchiuso come era in una barricata, eretta contro l’assalto dei ricordi. Ma dopo qualche piatto, il muro cominciò ad ammorbidirsi: mi raccontò che la stella fu tenuta dal 1959 al 1963, il terzo anno della guida in Italia, ma in quella del 1957, veniva già segnalato. Il ristorante era famoso per la sua delicata cucina di pesce, ma, negli anni del boom economico, fu preferito di tentare altre fortune: quindi a Roma, diedero vita al famoso Porto Trastevere, alla Tavernetta, al Capitan Cook, al Galeone, per poi ritornare nei decenni successivi in Sicilia. Tutti i “ricordi” vengono tenuti gelosamente a casa e niente, entrando nel ristorante di oggi, fa pensare ai fasti trascorsi. In cucina si intravede un anziano cuoco che si destreggia ai fornelli, allo stesso modo con cui lo fa da circa sessant’anni, sotto l’”alta direzione” dello chef Carmelo che, insieme alla moglie e a due professionali camerieri, preferisce dedicarsi alla sala, in una frenetica attività degna di altri tempi. La cucina prevede tutta una serie di piatti della cucina siciliana e di alcune pietanze di origine nazionale e qualcuna anche internazionale. Tutti i piatti assaggiati sono connotati in una caratteristica, una “mano”, improntata alla semplicità e delicatezza dei gusti, attraverso la ricerca del massimo rispetto delle ottime materie prime, senza superflui e grassi appesantimenti. 

Inizio con un buffet, dal quale ho voluto assaggiare i vari tipi presenti: quasi tutti (tranne la scacciata) erano stati cucinati e conditi in maniera perfetta, senza inutili fronzoli, per lasciare in bocca il netto senso del gusto di ciò che si è assaggiato.

Analoga sensazione per la pasta con alici alla catanese, un esempio di equilibrio nel dosaggio dell’irruenza e dell’abbondanza del pesce utilizzato

Stesso ritornello per la pasta al nero di seppie, servita con la formaggera piena di pecorino, secondo il poco ortodosso uso catanese, ma con una abbondanza di ingredienti commovente. 

E’ seguita la seppia, come non si vedeva da tempo da queste parti: tagliata a listarelle e cucinata in tegame con i pisellini freschi di stagione e con un sautè di rara delicatezza

Il dolce è un capolavoro di ipermoderna leggerezza: una torta al limone tutta gusto, protetta da una panna rarefatta, quasi ssente. 

Cosa sarebbe questo ristorante con l’uso delle antiche farine siciliane, in modo da ritornare al 100% ai sapori e ai profumi dei tempi stellati… Il tutto per 25 euro: i pseudo-cuochi di oggi hanno molto da imparare anche su questo. A proposito, nel 1959, altri due ristoranti siciliani presero la stella Michelin, ma nel 1957 uno non era nemmeno in guida e l’altro aveva solo un paio di posate, mentre Pagano ne aveva due. In futuro potrei anche farvi sapere qualcos’altro.