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Ora l’amaro fa anche bene alla salute: Ribadi firma una nuova etichetta tutta siciliana

17 Dicembre 2019
GIuseppe-Biundo-Ribadi GIuseppe-Biundo-Ribadi


(Giuseppe Biundo)

di Manuela Zanni

Che si possa bere un amaro che “faccia bene” è una cosa che non ti aspetti. 

Al massimo ci si augura che non ci “faccia male”. Ma quando si tratta dell’Amaro Ribadi, il digestivo che porta in sé tutto l’aroma della Sicilia, accade anche questo. Gli ingredienti in esso contenuti, infatti, dal luppolo, che è un potente antinfiammatorio, al sommacco, saporito frutto dalle proprietà antiossidanti uniti al pepe rosa e a bucce d’arancia amara, lo rendono un vero toccasana da fine pasto. A produrlo è il birrificio “Bruno Ribadi” di Cinisi, in provincia di Palermo, che non è nuovo all’uso di  ingredienti che puntano alla riscoperta del territorio siciliano, grazie all'impiego di prodotti locali come i grani antichi, l'arancia amara, il mandarino, le carrube e le spezie, presenti all’interno delle ricette delle birre prodotte.

Tra queste la Pilsner, una birra chiara e leggera a base di grani antichi siciliani Timilia, Russello e Perciasacchi; la Sicilian Pale Ale con bucce di agrumi di Sicilia, bacche di sommacco e pepe rosa; la Bianca, fruttata e fresca, con bucce di mandarino di Ciaculli; la India Pale Ale con foglie di agrumi siciliani che donano un sentore agrumato-erbaceo; la Special Ale con grano Russello, uva passa di Pantelleria e carrube secche, birra dolce di medio corpo e infine la Tripel con grano Biancolilla, fichi secchi e miele siciliano, birra in stile abbazia con sentori di frutta fresca e un retrogusto dolce dato dal miele.

“Abbiamo voluto creare un prodotto che rappresentasse un continuum con le birre che produciamo e che restano il nostro core business e che, come loro, fosse costituito da ingredienti che raccontano la nostra terra e che sono anche benefici per il nostro organismo –  spiega Giuseppe Biundo, uno dei cugini titolari del birrificio Bruno Ribadi – Tra gli ingredienti che utilizziamo ci sono dei prodotti che tipici della nostra terra che stavano andando in disuso. Tra questi il sommacco che è una spezia che anticamente veniva commercializzata e utilizzata per la conciatura delle pelli di cui, solo in un secondo momento, sono state scoperte le potenti proprietà antiossidanti”. Quello di Giuseppe Biundo è, così, un percorso inverso, sebbene in continuità, a quello intrapreso da Bruno Ribadi, il personaggio siciliano che più di 50 anni fa partì e girò il mondo, la cui storia è a metà tra realtà e leggenda, di cui il birrificio, aperto dai cugini Biundo, nel 2016 porta nome e cognome. Anche se non è chiaro se “quella di Bruno Ribadi sia una storia vera” potremmo dire parafrasando la celebre canzone di De Andrè. Si tratta di un racconto talmente affascinante, a metà tra mito e realtà, che ci piace immaginare che sia vero

Si racconta, infatti,  che Bruno Ribadi, nato a Cinisi, fosse un ragazzo brillante, dotato di grande curiosità e che, dopo la  tragica perdita dei genitori, sia stato accolto nell’abbazia dei Benedettini, dove abbia sviluppato uno spiccato talento innato per la chimica. La scoperta dei processi di fermentazione dei cereali e dei metodi di birrificazione affascinano Bruno a tal punto che, raggiunta la maggiore età, decide di lasciare l’abbazia per partire alla scoperta dei segreti delle migliori birre. Arriva così a Praga dove, sotto le mentite spoglie di reporter di un noto periodico, intervista famosi maestri birrai con l’intento di scoprirne i segreti.  Durante una di queste interviste incontra il celebre Hubertek Morszynsky, che gli propone di affiancarlo nei suoi esperimenti di laboratorio in India, dove apprenderà i segreti delle spezie e della meditazione. In questo contesto incontra un gruppo di musicisti inglesi e decide di seguirli a Londra, dove continua a sperimentare nuovi processi in un piccolo birrificio mentre si guadagna da vivere come autista di autobus. Un giorno, mentre è alla guida, riconosce tra i passeggeri il monaco belga di cui era stato discepolo a Cinisi, che si trova a Londra per una breve vacanza. Bruno racconta la storia dei suoi viaggi e i dettagli dei suoi esperimenti, che incuriosiscono il monaco così tanto da decidere di invitarlo in Belgio per raccontare le sue scoperte. Nell’abbazia, il suo lunghissimo discorso riscuote un grande successo e viene proclamato mastro birraio. Lasciato il Belgio torna in Sicilia dove vorrebbe aprire il suo birrificio, ma Bruno è un esploratore libero e la voglia di viaggiare è troppo forte per rimanere lì a lungo e decide di ripartire. Da questo momento  la leggenda narra che non si abbiano più notizie di lui, se non attraverso un diario con il racconto dei suoi viaggi, scoperte ed esperimenti nei laboratori dei più grandi maestri birrai. 

Ed è qui che la leggenda si fonde con la realtà perché i cugini Biundo, già homebrewer traendo ispirazione da questa storia, accomunati a Bruno dalla passione per la birra, hanno deciso di aprire un birrificio a lui dedicato anche se, al contrario del fantomatico signor Ribadi, non sono andati in giro per il mondo a cercare la ricetta per la birra perfetta ma hanno preferito rimanere nella propria terra riscoprendo materie prime autoctone da utilizzare portandole in giro per il mondo all’interno delle loro bottiglie di birra la cui etichetta raffigura, appunto, l’ipotetico volto di Bruno. L’amaro, ultimo nato in casa Ribadi, proprio come tutte le altre etichette, racconta la Sicilia e rappresenta la conclusione ideale di pranzi e cene dalle diverse portate, divenendo,  con il suo gusto ricco ed intenso, un prezioso alleato per superare le tavole delle feste, soprattutto se bevuto con un cubetto di ghiaccio. Ci piace immaginare che anche Bruno, in giro per il mondo, si fermi un attimo e lo beva alzando il bicchiere alla nostra salute.