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La ricerca

Coca Cola, 100 anni della bottiglia di vetro. “In Italia dà lavoro a 9.300 persone”

28 Giugno 2015
Giangiacomo_Pierini Giangiacomo_Pierini


(Giangiacomo Pierini, direttore delle comunicazioni e affari istituzionali di Coca Cola Hbc)

Per rimarcare che la sua è anche una storia italiana, in occasione del suo centenario la bottiglietta-icona della Coca Cola indossa il tricolore.

 

È solo la prima iniziativa “per raccontare ai nostri connazionali quanto di Italia c’è in una bevanda che tutti ritengono un prodotto esclusivamente americano”, dice Giangiacomo Pierini, direttore delle comunicazioni e affari istituzionali di Coca Cola Hbc, il maggiore imbottigliatore italiano.

Che percorso segue la multinazionale americana che nel nostro Paese ha registrato il proprio marchio nel 1919 e aperto il primo impianto di imbottigliamento nel 1927 a Roma, per evidenziare la presenza dell’Italia nella sua bibita principale? Si è affidata ad una istituzione scientifica indipendente, la Sda Bocconi School of management, con una ricerca condotta dai professori Fabrizio Perretti e Stefano Basaglia. Una ricerca che esamina l’aspetto economico e occupazionale del gruppo Coca Cola in Italia che comprende Coca Cola Italia, Coca Cola Hbc Italia e Fonti del Vulture.

Da questa ricerca emerge che la bevanda inventata nel 1886 dal farmacista americano John Stith Pemberton, con 815 milioni di euro di fatturato oltre a rappresentare lo 0,05% del pil italiano, è la prima azienda nel settore delle bibite e in quello delle bevande e quinta nel comparto più ampio del food & beverage. E da lavoro a 2.074 persone. Considerato, però, che ogni posto di lavoro ne genera 13 indiretti, in questo caso l’impatto occupazionale è di circa 26.000 unità, pari allo 0,1% della forza lavoro totale in Italia e sul cui reddito dipendono circa 70.000 persone. La ricerca Sda Bocconi evidenzia anche l’incidenza femminile sia a livello di quadri (34%) che a livello di cariche dirigenziali (24%), per poi soffermarsi sul profilo retributivo che per le donne è il 12% in più nel caso di quadri e impiegati e 21% per gli operai. I dipendenti diretti dell’industria delle bollicine sono il 69% impiegati, il 19% operai, il 7% quadri, 5% dirigenti; con fasce di età tra i 30 e 50 anni (70%), più di 50 anni (20%) e meno di 30 anni (6%). Distribuiti per il 58% al Nord, il 32 al Centro, il 10% tra Sud e Sardegna. Mentre l’occupazione indiretta è pari al 35% nel comparto vendite e marketing, 26% logistica e trasporti, 12% equipaggiamenti refrigeranti e servizi, 10% facility management.

Più si ascoltano Perretti e Basaglia nel corso della presentazione della ricerca, più ci si rende conto che la società di imbottigliamento italiana di Coca Cola crea posti di lavoro, sostiene l’occupazione, genera redditi ed entrate fiscali grazie all’acquisto di beni e servizi e alla vendita dei propri prodotti, evidenzia Pierini. Perciò l’apporto economico di Coca Cola in termini di salari e stipendi erogati ai propri dipendenti, investimenti di beni materiali, imposte e contributi versato allo Stato è veramente notevole: il 32,9% dei 3.071 milioni di euro che generano le 322 imprese dell’industria italiana delle bibite e l’8,1% dei 12.453 milioni di euro generato dalle 2.072 imprese del settore delle bevande. Andando nel dettaglio delle risorse distribuite da Coca Cola si apprende che il 34,1% è destinato alle famiglie, il 32,5% alle imprese fornitrici di materiali e servizi, il 39% allo Stato. La ricerca è ancora più dettagliata, perché i docenti della Bocconi calcolano queste incidenze anche per il vasto settore dell’industria del food & beverage, in cui la Coca Cola è al quinto posto su 16.017 imprese che fatturano 98.227 milioni di euro.

Intanto nel 2014 Coca Cola ha acquistato beni e servizi da 1.052 fornitori con cui la filiale italiana della multinazionale americana intrattiene direttamente relazioni di scambio, per un valore di 281 milioni di euro. Queste imprese assicurano lavoro a 1.911 dipendenti, più altri 16.150 garantiti dai fornitori definiti di secondo livello perché sono i “fornitori dei fornitori” di Coca Cola.

Poi, c’è “la responsabilità sociale e sostenibilità, elementi imprescindibili del modo di fare impresa di Coca Cola in Italia”, sottolinea Pierini. E, cita gli oltre 70 eventi sportivi che coinvolgono più di 750.000 persone in attività sportive; i 20.000 studenti che visitano gli stabilimenti compreso quello ultramoderno di Nogara oltretutto esempio di sostenibilità ambientale; il rapporto socio-ambientale pubblicato la prima volta nel 2004.

Questa è una società americana o italiana?
E se la Coca Cola sparisse dall’Italia, cosa accadrebbe? Semplice la risposta: 9.300 lavoratori da cui dipendono oltre 25.000 persone, resterebbero senza reddito; contestualmente il sistema Italia dovrebbe ritoccare i conti per la perdita di 481 milioni di euro di reddito. Tutto questo è evidenziato dai due studiosi della Sda Bocconi.

In conclusione, due curiosità. Ad Expo, dove si paga anche l’aria che si respira, è facile imbattersi in qualche carrello che distribuisce gratuitamente Coca Cola. E, intanto, la Coca Cola Italia è ancora in attesa di conoscere dal Comune di Milano dove potrà trasferire il padiglione costruito in Expo che capovolto, diventa un campo di basket.

Michele Pizzillo