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La ricerca

Un “esame del Dna” per il vino: arriva la certificazione genetica

15 Maggio 2014

Siamo sicuri di quello che beviamo? Siamo certi della provenienza dei nostri vini? 

D’ora in poi ci sarà un metodo scientifico per sapere non solo se un vino è buono, ma anche per conoscere informazioni sulla sua provenienza, con quali uve è stato preparato e quali lieviti sono stati impiegati per la trasformazione del mosto. A garantire tutte queste informazioni utili al consumatore e ai produttori è la certificazione genetica del vino di origine siciliana, un protocollo di analisi che applicato sul prodotto finale è in grado di certificare la coerenza tra quanto dichiarato in etichetta e quanto realmente si trova in bottiglia.

A differenza delle attuali certificazioni conosciute: Igp, Doc e Dop, la nuova certificazione garantisce un controllo del processo dalla produzione alla vinificazione. Come? Il processo si sviluppa attraverso la verifica di alcuni rigidi parametri come l'autenticità del territorio attraverso analisi geochimiche volte ad individuare la presenza di specifici marcatori o controllando l'autenticità dei lieviti utilizzati nel processo di fermentazione. 

Non solo, il vino imbottigliato in una seconda fase viene sottoposto a test genetici, attraverso l'estrazione del Dna, le cui sequenze vengono analizzate con quelle caratterizzanti i vitigni e dichiarati in etichetta, un controllo incrociato che non ammette repliche e garantisce il consumatore finale. 

Solo in caso di un riscontro positivo di tutte le fasi e dei tre livelli di analisi, il vino può ricevere la certificazione genetica d'origine. Il progetto è stato realizzato nell’ambito del PSR Sicilia 2007/2013, Misura 124 “Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e in quello forestale” da un gruppo di enti ed aziende, guidate da Bionat Italia Srl  e dall’Istituto di Bioscienze e BioRisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBBR/CNR). L’Istituto del CNR ha trasferito a Bionat Italia gli standard varietali per il riconoscimento dei vitigni autoctoni siciliani utilizzati per le DOC: Carricante, Catarratto, Corinto nero, Damaschino, Frappato, Grecanico, Grillo, Inzolia, Malvasia di Lipari, Moscato bianco, Nerello Cappuccio, Nerello Mascalese, Nero d’Avola, Nocera nera, Perricone e Zibibbo.

Questi i partner del progetto: Bionat Italia Srl (Capofila), Azienda Vinicola Benanti S.r.l., Aziende Agricole Planeta Società Semplice, Cantine Settesoli Soc. Coop. Agricola; Azienda Agricola Bonivini di Di Bella Sebastiano; Azienda Individuale Saladino Luigi; Cantina Sociale Primavera Soc. Coop. Agricola; Cantine Siciliane Riunite S.r.l. (già Cantine Trapanesi Riunite S.r.l.); Graham & Associati Soc. Coop.

“Saremo in grado di distinguere con innovative analisi sui vini – dice Francesco Carimi, responsabile dell’UOS Palermo dell’Istituto di Bioscienze e BioRisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche – i produttori che dicono la verità da quelli che mentono. Ovvero quei produttori che nel dichiarare un vino di origine siciliana, non si avvalgono di uve provenienti da vitigni tradizionali siciliani”.

Roberto Chifari