Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 20 del 02/08/2007

L’ALLARME Viticoltura addio?

01 Agosto 2007

    L'ALLARME

Prima un inverno troppo caldo, poi la peronospora. La crisi del settore nel Trapanese. L'Sos lanciato da Dino Taschetta, presidente della cooperativa Cantine Colomba bianca

Viticoltura addio?

In ginocchio. Aggredita da una fungo imprevisto e letale, ulteriormente fiaccata dallo scirocco, la viticoltura del Trapanese somiglia tragicamente a un malato che sta esalando l'ultimo respiro. È un grido d'allarme, quello lanciato da Dino Taschetta, presidente della cooperativa «Cantine Colomba bianca», la realtà più significativa del territorio.

Oltre 1700 soci, 5500 ettari di terreno, un volume annuo di fatturato che si aggira sui 15 milioni di euro, tre sedi (due a Mazara del Vallo, una a Salemi). Grandi numeri, insomma, ma quest'anno grande è pure l'emergenza, condivisa con le altre aziende del settore. «La situazione è tragica, eppure c'è chi si ostina a sottovalutarla, facendo finta di nulla – afferma Taschetta – Stiamo facendo i conti con un evento eccezionale, quello della peronospora, aggravato dall'ondata di scirocco che si è abbattuta sulla nostra regione. Dalle prime stime abbiamo calcolato che almeno il 40 per cento del raccolto sarà compromesso. E in altre realtà della viticoltura trapanese si toccano punte persino del 70- 80 per cento. Insomma, c'è chi davanti a sè ha il concreto rischio di fallimento. Eppure…». Eppure? «Beh, finora non abbiamo avuto notizia di interventi a sostegno e salvaguardia di un settore così vitale per la nostra economia. Questa è una situazione da calamità naturale, inutile girarci intorno. E se le leggi in vigore non ne prevedono l'attuazione, è giunto il momento di cambiarle. A meno che, per interessi che mi sfuggono, non ci sia la tacità volontà di affossare la viticoltura trapanese…». Taschetta va oltre: «Ammettiamo pure che alcune colpe siano della nostra incapacità di prevedere eventi che, in realtà, erano difficilmente prevedibili. Ciò non può bastare da scusante allo stato di abbandono al quale siamo stati relegati. A memoria d'uomo non ricordo un anno così difficile come questo. L'uva è in gran parte compromessa, i nostri sforzi per recuperarla – costati migliaia di euro – non hanno avuto esito positivo. Chiediamo alla Regione e poi allo Stato di sostenerci. Prima che il crollo sia definitivo».

Filippo Pace