Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 23 del 23/08/2007

IL PRODOTTO I meloni d’inverno… che crescono d’estate

22 Agosto 2007
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     IL PRODOTTO

Il Cartucciaro e il Purceddu vengono raccolti nei mesi caldi e poi lasciati maturare lontani dalla meloni_hp.jpgterra. Il grido d’allarme dei produttori: “Investimenti troppo scarsi, queste varietà rischiano di andare perdute”

I meloni d’inverno…
che crescono d’estate

Uno è verde, l’altro giallo. Il primo è rugoso e tondo, il secondo è liscio e allungato. Apparentemente, questi due meloni, non hanno nulla in comune, invece sono parenti. La famiglia è la Cucumis melo, varietà inodorus, perché il loro intenso profumo, l’anima del melone, è racchiuso dentro e non è percepibile dall’esterno come accade per le altre varietà del frutto.

melone_cartucciaro_tagliato.jpgI meloni d’inverno sono chiamati così perché, pur essendo raccolti nel periodo estivo, è ideale gustarli da settembre a dicembre, quando raggiungono la giusta maturazione. Durante questo intervallo di tempo, si godono la frescura appesi ai balconi delle case o in altri luoghi arieggiati, dove si sviluppa meglio la loro dolcezza.
Alto tenore zuccherino, profumo unico e particolare longevità, sono le tre caratteristiche di questi antichissimi frutti, coltivati già nel IV secolo a. C., secondo Diodoro Siculo. Ma come mai non capita poi così spesso di imbattersi in tali geometriche rotondità? Perché non è solo la stretta parentela ad unirli, ma anche una non facile sorte. “Purceddu” e “Cartucciaro” sono due varietà trapanesi diventate presìdi Slow Food in quanto soggetti ad ibridazione, cioè perdita delle linea pura del seme. Ciò accade poiché le piante che generano questi due meloni sono molto sensibili ad unirsi alle piante vicine, creando perciò degli ibridi che non hanno le stesse qualità della pianta originaria. A queste difficoltà si aggiunge la scelta dei contadini di coltivare meloni di varietà più resistenti e produttive come il comune “Helios”. Questo spiega perché di Cartucciaro e Purceddu se ne vedono sempre meno.
Il Purceddu (il melone verde scuro, che deve il simpatico nome al suo progressivo gonfiarsi e riempirsi, come fosse un maiale) della zona dell’Alcamese resiste alle ondate dei comuni meloni, ma deve la sua fortuna agli unici 5 produttori che si sono uniti nell’associazione Cafisu. “Abbiamo preso dei contatti con la Coop Svizzera attraverso Slow Food per esportare il nostro prodotto – dice il responsabile del presidio Nunzio Bastone, con una punta d’orgoglio -, partecipiamo ai Saloni del Gusto di Torino in qualità di unico melone sotto presidio inoltre, siamo stati selezionati per Eataly, il supermercato della qualità. Riguardo alla produzione di quest’anno – continua Bastone -, si aggira intorno ai 1.200-1.300 quintali, poteva andare meglio”.meloni.jpg
Più problematica risulta la situazione del Cartucciaro pacecoto (nome di derivazione incerta proveniente dalla forma che somiglia ad una cartuccia o ad un cartoccio di carta), solo 120-130 quintali per quest’anno. “La facoltà di Agraria dell’università di Palermo ha riselezionato il seme originario che era quasi andato perduto, ma nonostante questo sforzo, non siamo ancora in grado di esportare interessanti quantità, comunque sono ottimista per il prossimo anno”. Parola di Filippo Salerno, agronomo e responsabile del presidio Slow Food per questo melone. “Il vero problema – aggiunge Salerno – è che non c’è supporto mediatico né la meritata visibilità per un prodotto di alta qualità come questo. Ecco dove è necessario un investimento. La produzione non comporta un notevole impegno economico, perché il Cartucciaro non ha bisogno d’acqua, il terreno stesso essendo argilloso la trattiene. È un paradosso che non sia molto diffuso, costa sicuramente di più produrre l’Helios o altri meloni”.
Ecco, quindi, delinearsi un panorama non troppo grigio per il Purceddu, ma non certo roseo per il Cartucciaro, due meloni che dovrebbero riempire le nostre tavole e i nostri balconi. Cosa resta da fare? Prima di tutto conoscerli, magari recandosi nelle campagne trapanesi. Assaporare il loro unico gusto, aspettare che la natura faccia il suo corso e sperare che questa sia più florida l’anno venturo.

Laura Di Trapani