Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 75 del 21/08/2008

CIBO & STORIA La gola secondo Manzoni

20 Agosto 2008
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    CIBO & STORIA

manzoni_75.jpgSi dice che il grande scrittore amasse la testina di vitello glassata e i dolci, anche se ne “I promessi sposi” li cita poche volte

La gola secondo Manzoni

Alessandro Manzoni è considerato uno dei maggiori romanzieri e poeti italiani, principalmente per il romanzo “I promessi sposi”, sua opera più conosciuta e un caposaldo della letteratura italiana. È lui l’esponente più importante del romanticismo italiano.

Si dice che fra le ricette di carne prediligesse la testina di vitello glassata. Di certo amava i dolci, soprattutto panettone e cioccolata (e nella sua grande opera parla poco di dolci, sono quasi banditi. C’è della cioccolata nel decimo capitolo, nel brano in cui la Madre Superiora, offre a Gertrude, la giovane fanciulla che diventerà poi la sfortunata Monaca di Monza, una fumante tazza di cioccolato con l'intento di renderle meno traumatico l'impatto con la vita conventuale). Quando il proprietario del forno delle Grucce, citato ne “I Promessi Sposi”, inviò delle sfogliatelle per esprimergli riconoscenza dell'inattesa pubblicità, il romanziere gli scrisse ringraziandolo del pensiero che “lo gratificava nella gola e nella vanità”. Come bevande a Manzoni piacevano il caffé e il nettare di bacco, e sembra che arrivò a farsi realizzare un bicchiere da vino più grande, in modo che se qualcuno lo avesse accusato di aver ecceduto, poteva rispondere di “averne bevuto solo due bicchieri…”
cioccolata_75.jpgNe “I Promessi Sposi” è possibile rintracciare anche una ricetta che Manzoni aveva mangiato da bambino in quantità, si tratta del gran piatto di polpette servite all’osteria a Renzo, Tonio e Gervaso, poco prima del “matrimonio a sorpresa”. Siamo nel settimo capitolo, proprio durante la cena all’osteria. Ma questo non è l’unico stralcio del romanzo in cui Manzoni affida la sua penna alla gastronomia. Diverse volte ci si imbatte in cucina come nel sesto capitolo, con la polenta in casa di Tonio, o ancora lo stufato all'Osteria della Luna Piena (capitolo 14). Ci sono poi i raveggioli (capitolo 33), con i quali Manzoni intende le robiole, formaggi di latte di vacca.

Sfogliatelle alla Manzoni
Ingredienti: crema pasticcera, mandorle, cannella, vaniglia, liquore d’amaretto, un rotolo di pasta sfoglia, un tuorlo d’uovo, zucchero a velo
Procedimento: fare una crema pasticcera, aggiungervi mandorle sminuzzate, cannella, vaniglia, e un po’ di liquore. Lasciare raffreddare. Stendere la pasta sfoglia, farne dei dischetti e spalmarne la metà con la crema. Sovrapporre i dischetti rimasti e saldarli pressando i bordi con una forchetta. Sistemare in una placca imburrata precedentemente i dolci, spennellarli con il tuorlo d’uovo, e passarli in forno a 180° finché non saranno dorati (circa 20 minuti). Prima di servire le sfogliatelle, spolverarle con lo zucchero a velo e rimetterle in forno per alcuni minuti.

Carla Fernandez

Dal capitolo 7 de I Promessi Sposi – La sera all’osteria

– Sapete bene, – rispose ancora colui, stirando, con tutt'e due le mani, la tovaglia sulla tavola, – che la prima regola del nostro mestiere, è di non domandare i fatti degli altri: tanto che, fin le nostre donne non son curiose. Si starebbe freschi, con tanta gente che va e viene: è sempre un porto di mare: quando le annate son ragionevoli, voglio dire; ma stiamo allegri, che tornerà il buon tempo. A noi basta che gli avventori siano galantuomini: chi siano poi, o chi non siano, non fa niente. E ora vi porterò un piatto di polpette, che le simili non le avete mai mangiate.
– Come potete sapere…? – ripigliava Renzo; ma l'oste, già avviato alla cucina, seguitò la sua strada. E lì, mentre prendeva il tegame delle polpette summentovate, gli s'accostò pian piano quel bravaccio che aveva squadrato il nostro giovine, e gli disse sottovoce: – Chi sono que' galantuomini?
– Buona gente qui del paese, – rispose l'oste, scodellando le polpette nel piatto.
– Va bene; ma come si chiamano? chi sono? – insistette colui, con voce alquanto sgarbata.
– Uno si chiama Renzo, – rispose l'oste, pur sottovoce: – un buon giovine, assestato; filatore di seta, che sa bene il suo mestiere. L'altro è un contadino che ha nome Tonio: buon camerata, allegro: peccato che n'abbia pochi; che gli spenderebbe tutti qui. L'altro è un sempliciotto, che mangia però volentieri, quando gliene danno. Con permesso.