Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 126 del 13/08/2009

IL PRODOTTO Pomodoro, senz’acqua è meglio

13 Agosto 2009
pomodori pomodori

IL PRODOTTO

È il momento del siccagno, raccolta nella zona di Valledolmo. La tramontana e il terreno argilloso e sabbioso consentono alle piante di crescere e dare frutti senza che nessuno le innaffi

Pomodoro,
senz’acqua è meglio

La coltura del pomodoro siccagno nel territorio di Valledolmo, nelle basse Madonie palermitane, risale ad epoca molto antica. Si tratta di un tipo di pianta che qui, per le particolari condizioni climatiche, rende possibile produrre pomodoro senza bisogno di acqua.


Le piantine vengono messe a dimora nel terreno in un periodo che va dalla fine di maggio fino quasi alla fine di giugno. Le ultime ad essere piantate daranno il frutto tardivo che può arrivare a maturazione anche fino alla fine di ottobre.
Ci troviamo in un territorio situato a circa 700-800 metri sul livello del mare dove soffia la tramontana. Questo vento e il terreno argilloso e sabbioso consentono alla pianta di crescere e dare frutti senza che nessuno si prenda la briga di innaffiare. Infatti, le condizioni ideali per la sopravvivenza del siccagno sono una temperatura calda, ma che non superi i 32°. Ventilata di sopra e alimentata alle radici da tutte le sostanze utili presenti nel terreno (soprattutto potassio), la pianta darà certo i suoi frutti migliori. Sono dannose le ondate di caldo che arrivano ai 40 gradi, perché la pianta stressata dalle alte temperature non riesce a trovare il giusto equilibrio, con le sostanze provenienti dal basso, cioè dal terreno, e inoltre il troppo caldo determina una maturazione anticipata rispetto a quella prevista e ideale, che è nel mese di agosto.
Grande importanza hanno le foglie che, sane e non bruciate dal sole, proteggono i frutti sotto la propria ombra. Lo oidio è un insetto che attacca proprio le foglie del pomodoro, mentre esiste un tipo di farfalla che, complice il caldo, depone le uova nel fiore. Tali uova invisibili ad occhio nudo genereranno poi il verme nel frutto. Questi pericoli vengono qui affrontati con l’uso dello zolfo. La cooperativa “Rinascita” che raggruppa nel territorio di Valledolmo diversi produttori di pomodoro, esiste dal 1977 e il suo ex presidente Calogero Andolina, che ora ha ceduto il posto a Tommaso Alessi, racconta con orgoglio che in quegli anni Valledolmo riforniva tutte le industrie siciliane da Raspanti a Contorno, da Aiello alla Genal di Comiso. Quattrocento erano i soci produttori e nel 1982 si sono prodotti 29 mila quintali di pomodoro. Tra l’85 e l’86, iniziò un periodo di crisi, perché il mercato cominciò a preferire il prodotto fresco, proveniente in grandi quantità da Catania, Messina, Barcellona, parecchie industrie chiusero i battenti. Questa situazione di incertezza durò fino al ’95 quando si intraprese la strada del biologico. Da allora la cooperativa produce il siccagno senza uso di insetticidi, in un terreno privo di sostanze nocive, con una estensione complessiva di 40 ettari, riesce a produrre 80 quintali di prodotto all’anno.
Le colture intensive presenti in Puglia, Campania, Lazio, Emilia Romagna producono quantità molto elevate rispetto a quelle di Valledolmo. Queste riforniscono le industrie e ricevono contributi pubblici perché riescono a produrre 1000-1500 quintali di prodotto. “Mentre – sottolinea Andolina – qui le risorse quando arrivano, arrivano sempre con il contagocce e di questo l’attività della cooperativa risente. Se paragoniamo le circa 5.000 piante per ogni ettaro presenti nel territorio di Valledolmo, alle 25.000 e 35.000 piante nei terreni con coltura intensiva, si comprende immediatamente il divario redditizio che ne può derivare”.
Sfruttando i patti territoriali tre anni fa si è riusciti a creare uno stabilimento per la produzione delle conserve. “La prima selezione del prodotto – afferma Andolina – avviene già nella pianta. Nelle macchine il pomodoro viene pulito, setacciato, cotto a vapore, imbottigliato e pastorizzato. La caratteristica di questa passata è che non viene usato il sale, e la conservazione è assicurata dalla pastorizzazione ossia dal fatto che la salsa viene imbottigliata a una temperatura tra i 90 e i 95 gradi”. Proprio per l’assenza di sale, oltre che alla natura completamente biologica della produzione, il prodotto è particolarmente indicato per quei soggetti che soffrono di patologie dove il sale viene eliminato dalle diete. Non a caso infatti, la cooperativa rifornisce l’ospedale di Asti.
Ma l’esportazione di questi prodotti seppur di alta qualità, resta sempre stentata e limitata ai confini regionali o nazionali. Naturalmente trattandosi di un prodotto assolutamente biologico ha un prezzo di mercato un po’ superiore a quello del prodotto industriale, ma bisogna ricordare che a guadagnarci è sempre il gusto e soprattutto la salute. “Come si può paragonare – continua Andolina – un prodotto cresciuto in terreni infestati per anni da insetticidi, conservati con coloranti, addensanti e conservanti, con un prodotto completamente naturale? Inoltre – aggiunge – bisogna far conoscere, educare al gusto delle cose genuine i grandi e in particolar modo i bambini. Per fare ciò servono risorse, impegno anche da parte delle istituzioni per promuovere ciò che caratterizza un territorio, affinché non si corra il rischio di essere uniformati a quel livello mediocre che grave incombe sulla società moderna”.

 

Aurora Rainieri